Lettera del MST ai candidati e alle candidate alla Presidenza della repubblica e dei Governi degli Stati.

Lettera del MST ai candidati e alle candidate alla Presidenza della repubblica e dei Governi degli Stati.

I periodi elettorali devono essere momenti di discussione sui grandi temi strutturali della società brasiliana, che mettano in luce la natura dei nostri problemi e le necessarie soluzioni. Purtroppo il potere del capitale sequestra la politica e le istituzioni pubbliche – in modo crescente – impedendo le trasformazioni politiche ed economiche che interessano al popolo brasiliano.
Da 30 anni il MST contribuisce alla democratizzazione della terra, attraverso la lotta per la Riforma Agraria. Nel febbraio 2014, abbiamo realizzato il nostro VI Congresso, con l’approvazione del nostro Programma Agrario in difesa della Riforma Agraria Popolare. Abbiamo lottato per un cambiamento nella relazione con i beni della natura, nella produzione di alimenti e nelle relazioni sociali nelle campagne. Vogliamo contribuire in forma permanente alla costruzione di una società giusta, egualitaria e democratica.
La terra deve essere democratizzata e compiere la sua funzione sociale. Le campagne devono essere uno spazio in cui si viva bene, dove le persone vedano i loro diritti rispettati, con la garanzia di condizioni dignitose di vita. Lottiamo e esigiamo una reale politica, massiccia e strutturale di Riforma Agraria Popolare, indispensabile per la permanenza delle famiglie nelle campagne, con produzione e distribuzione di ricchezze.
Esigiamo l’aggiornamento immediato degli indici di produttività, come previsto dalla legislazione brasiliana, che permetterà l’accesso alla terra a migliaia di famiglie. E’ necessario che venga elaborato e realizzato un Piano Nazionale di Riforma Agraria – PNRA, con precisi obiettivi rispetto al numero di famiglie da insediare e alle priorità nelle singole regioni. E’ necessaria la requisizione delle terre dello Stato Federale, occupate abusivamente, e l’espropriazione di latifondi in tutti gli stati. E le terre pubbliche, invase soprattutto dal capitale bancario, dalle imprese transnazionali e dall’agribusiness devono essere espropriate per realizzare la Riforma Agraria. La stessa cosa deve accadere con le fazendas indebitate con le banche pubbliche e gli organi di governo, con le aree in cui è stata verificata la presenza di lavoro schiavo e che non compiono una funzione sociale.
Esigiamo: l’insediamento immediato di oltre 120.000 famiglie che stanno vivendo in una situazione precaria, in centinaia di accampamenti sparsi in tutto il paese. E’ necessario destinare alla Riforma Agraria le terre comprese in progetti di irrigazione e quelle limitrofe ai canali di trasposizione delle acque. Per questo sono indispensabili il rafforzamento, la riorganizzazione e la riqualificazione dell’INCRA, come organismo responsabile della Riforma Agraria che venga messo nelle condizioni di realizzarla.
Ci uniamo alle lotte e alle rivendicazioni delle altre forze presenti nelle campagne per l’immediata demarcazione e legalizzazione di tutte le terre indigene e quilombolas e di quelle occupate da chi vive sulle rive dei fiumi, dai pescatori e dalle comunità tradizionali, come stabilisce la Costituzione Federale.
La non realizzazione della Riforma Agraria aggrava i conflitti sociali nelle campagne: chiediamo con forza giustizia e la punizione dei mandanti e degli assassini dei lavoratori e delle lavoratrici delle campagne.
L’agricoltura brasiliana deve mettere al primo posto la produzione di alimenti sani, come diritto umano e come principio di Sovranità Alimentare. Il cibo non può essere merce, fonte di sfruttamento, di lucro e speculazione. Per questo, esigiamo politiche pubbliche che garantiscano le condizioni per la produzione agroecologica di qualità, senza l’uso di veleni agricoli, una produzione diversificata e con prezzi accessibili a tutta la popolazione brasiliana. I governi, quello federale e i governi statali, devono garantire e incentivare la produzione, selezione e conservazione dei semi da parte degli stessi contadini, combattendo così i semi transgenici e la dipendenza politica e economica dalle imprese transnazionali che monopolizzano la loro produzione e commercializzazione. Siamo contro le leggi sui brevetti e alla privatizzazione dei nostri semi.
É indispensabile per lo sviluppo sociale e economico delle campagne recuperare e garantire gli strumenti per acquistare tutti gli alimenti prodotti dall’agricoltura contadina, destinandoli alle scuole, al sistema sanitario, di sicurezza e alle università, sull’esempio del Programma di Acquisto di Alimenti – PAA e del Programma Nazionale di Alimentazione Scolastica- PNAE.
L’educazione è un diritto fondamentale di tutte le persone e deve essere garantita nel luogo in cui le persone vivono, rispettando le loro necessità umane, culturali e sociali. E’ necessario che in ogni area d’insediamento e accampamento ci sia una scuola, che goda delle condizioni indispensabili al suo funzionamento. Non accettiamo la chiusura di nessuna scuola delle campagne ed esigiamo la realizzazione di un programma massiccio di sradicamento dell’analfabetismo. Lottiamo per la difesa, l’universalizzazione, l’ampliamento delle risorse e la possibilità di un reale accesso al Programma Nazionale di Educazione nella Riforma Agraria – PRONERA, garantendo che giovani e adulti, che vivono nelle campagne, possano progredire nella scolarizzazione.
L’insediamento è il nostro territorio di lotta, produzione e riproduzione, garanzia della nostra vita, luogo di difesa e costruzione di un modello di agricoltura, con la produzione di alimenti sani e l’accesso ai beni sociali e culturali. Per questo, è necessario assicurare condizioni dignitose di vita alle popolazioni contadine e urbane, producendo una nuova socialità.
Esigiamo una politica di protezione dei beni naturali, delle acque e sorgenti; la possibilità per tutte le famiglie contadine di accedere all’acqua potabile e di qualità con impianti di distribuzione e smaltimento. Respingiamo il processo di privatizzazione dell’acqua.
Lottiamo per la realizzazione di un programma per le abitazioni popolari nelle campagne, che garantisca l’accesso ad esse in forma rapida e non burocratica e che dia soluzione all’attuale situazione di mancanza di più di un milione di case per la popolazione contadina.
Rivendichiamo l’ampliamento e la realizzazione di un programma di agroindustrializzazione nelle aree di Riforma Agraria, a partire dalle cooperative di lavoratori e lavoratrici, in forma non burocratica. Si deve assicurare lo sviluppo di tecnologie appropriate alla realtà delle comunità contadine con l’attuazione di programmi che prevedano uso di macchinari ed attrezzature agricole.
É urgente la riorganizzazione e il rafforzamento del sistema pubblico di Assistenza Tecnica e Formazione dei contadini, rivolto e subordinato alle necessità e agli obiettivi di contadini/e. A questo si deve aggiungere un programma di credito rurale che contribuisca alla strutturazione dell’insieme di tutte le unità produttive e dei sistemi produttivi, che stimoli e rafforzi il cooperativismo, la commercializzazione e industrializzazione della produzione. Esigiamo la garanzia e l’ampliamento dei diritti del lavoro e previdenziali per i lavoratori e le lavoratrici delle campagne e per i salariati rurali.
E’ necessario l’impegno di tutti/e per la realizzazione di un’ampia riforma politica, che democratizzi le istituzioni e restituisca al popolo il diritto di scegliere i propri rappresentanti. E per questo esigiamo la convocazione di un’Assemblea Costituente sovrana e esclusiva, già nel 2015.
Questi sono alcuni dei cambiamenti urgenti e necessari per migliorare le condizioni di vita e reddito nelle campagne che i governanti eletti dovranno realizzare. Riaffermiamo la nostra intenzione di lottare permanentemente per la costruzione della Riforma Agraria Popolare e di una società socialista.

Direzione Nazionale del MST
São Paulo, Agosto 2014.

Notas sobre el arresto de Paco Flores

Notas sobre el arresto de Paco Flores

PRESIDENTE PRESO

Dos noticias danzaron estos días en las calles del país: la libertad del Padre Toño y la presentación de Paco Flores en uno de los juzgados de la capital. En ambos casos había incertidumbre y la justicia que estaba juzgando también estaba siendo juzgada.

Cada vez que alguien se sienta en el banquillo de los acusados, también el juzgador está sentado en el mismo banquillo, y en ocasiones, cuando el acusado es absuelto, el juzgador es condenado. O cuando el juzgado es condenado, también lo es el juzgador.

La actividad de un juez es siempre, pero siempre de siempre, un trabajo político, aunque los mismos jueces no siempre lo entiendan así, porque piensan que eso de la imparcialidad es algo real, y que la ley, cuya aplicación es la justicia, no tiene mucho que ver con el poder político.

Claro que los jueces más despiertos y los ciudadanos más avispados saben muy bien que la ley, y sobre todo las leyes, y su aplicación, son actos políticos por excelencia.

En el caso del Padre Toño se trata de silenciar una voz que vociferaba, que hablaba y decía, rompiendo el orden en una sociedad de secretos, como la salvadoreña.

En el caso del ex Presidente Francisco Flores, nos encontramos magníficamente con las oscuras alcobas del poder iluminadas parcialmente. Estamos hablando, por supuesto, de nuestro mundo, oscuro, primitivo, oligárquico, capitalista tardío, en donde el poder político se ejerce a contrapelo de todo aquello que pueda considerarse democrático, digno y estimulante. Sin embargo, lentamente, un ex presidente resulta expuesto a la justicia que es el mayor peligro al que un ser humano puede enfrentarse.

Las circunstancias históricas que hicieron posible la actual aventura son las que nos interesan poner de relieve ya que estamos frente a un añoso poder oligárquico que aun conservando su calidad de clase dominante, ha perdido el control parcialmente, del sexto gobernante, y también el control parcial del aparato económico. Su mismo instrumento partidario arenero, sin romper su dependencia oligárquica, se mueve con ritmos, tonos y colores, cada vez más propios y más correspondientes, a nuevos intereses clasistas.

Francisco Flores es un conocido cuadro de la antigua cúpula burguesa. Un hombre de la familia Poma, y su gobierno, que fue un gobierno arenero, fue, ante todo, un gobierno oligárquico, sin ninguna independencia y con entrega total, incluso, por encima de los mismos intereses del partido ARENA. Paco, siendo también arenero, gobernó, sobre todo, para sus patronos oligárquicos, usando para ello al partido ARENA, que era y es, instrumento oligárquico; aunque con ciertos movimientos y ciertas franquezas.

Estos compromisos encontrados y el rompimiento de la cautela y prudencia que caracteriza a los ex presidentes, expusieron en la vía pública a Francisco Flores, que dejó de ser un ex presidente y se convirtió en un arenero, sin el respaldo ni el reconocimiento de su partido. Esta situación inusual se produjo por la situación cismática en la que se mueve el antiguamente monolítico partido ARENA, y por las sucesivas confrontaciones intestinas de los grupos oligárquicos que se ven precisados a luchar políticamente frente a una nueva burguesía ascendente que no terminan de descifrar, expresada en el GRUPO ALBA.

La campaña electoral presidencial fue el escenario del drama en el que Paco fue quedando expuesto, distanciado de su partido y conectado por hilos todavía vivos con sus patronos oligárquicos. Sus desenfadadas declaraciones en la Asamblea Legislativa, hace apenas unos 3 meses, eran una especie de advertencia a ARENA, sabedor que cualquier conocimiento completo del manejo de los dineros de los que se le acusa, podría, podía y puede arrastrar al peor banquillo a sus antiguos compañeros de partido. Por supuesto que contaba y sigue contando con respaldos de importancia y con la conciencia de ARENA que tiene que cuidarse de peligrosas salpicaduras que irremisiblemente amenazan sus actuales posibilidades electorales.

La presentación de Paco en los tribunales no es una sorpresa, y solo lo es para la gente, y también para el pueblo. En realidad se trata de un intenso proceso de negociación en donde ha desaparecido probablemente todo compromiso fundamental de Paco con su partido ARENA, a cambio de una solución judicial que saque al ex presidente de los hilos húmedos de la justicia

Todo el aparato gubernamental aparece y parece en el ridículo y en la incapacidad más completa, porque ahora ocurre que Paco estuvo siempre en el país, que fue buscado afanosamente en nuestro mínimo pero extenso territorio; aun cuando la misma Cancillería montó todo el procedimiento necesario con Panamá para su extradición.

El juez, siguiendo el texto y el espíritu del Código Proceso Penal, ordena un arresto domiciliar, que es una medida sustitutiva, que solo tiene en su contra el escándalo social del caso y la fuga del ex presidente.

Se trata de una decisión política como todas las que toma un juez. En el caso Paco Flores están en juego las votaciones del 2015 porque el débil gobierno actual y todo el régimen político tiene en lo electoral su punto más fuerte, y en lo social, su punto más débil.

El caso Flores, que constituye un puñal en el cuello de ARENA, resulta algo muy conveniente para los actuales gobernantes, que necesitan usufructuar la coyuntura y resolver de la mejor manera el caso judicial para obtener las ventajas electorales que tanto necesitan.

Se trata de un equilibrio en el que un hombre necesita librarse de la cárcel, un gobierno necesita ganar las votaciones del 2015, un antiguo partido oligárquico necesita librarse de uno de sus ex presidentes, pero sin abandonarlo, y una clase dominante que necesita demostrar que lo sigue siendo.

En este entramado, el pueblo necesita la luz suficiente para que todos estos oscuros corredores sean alumbrados y saber que en este juego de barajas es un simple objeto que debe, sobre todo votar, para luego legalizar y legitimar la política que lo estrangula y lo convierte en cosa. Se trata, en definitiva, de la mayor escuela política con asignaturas vitales y a la vez difíciles.

Represión y lucha popular en El Salvador de 1978

Represión y lucha popular en El Salvador de 1978

Durante el año 1978 el General Romero y los sectores fascistas civiles y militares, impulsaron una fuerte campaña represiva en áreas rurales, con el propósito de amedrentar a los sectores campesinos, bloquear la participación masiva de estos en las protestas populares y su incorporación a la lucha revolucionaria. Posteriormente reprimieron en las ciudades.

A continuación hacemos una reseña de estos desarrollos, desde la visión de los comunistas salvadoreños, incluyendo de un interesante artículo de Schafik Handal sobre el poder democrático de transición, la continuidad de la polémica con las organizaciones de ultraizquierda y la celebración convocada por la CUTS, del 1ro. de mayo.

Alto a la masacre de campesinos. Pronunciamiento del PCS. 29 de marzo de 1978

El pronunciamiento del PCS “condena enérgicamente, la ola represiva desatada en contra del movimiento campesino por el gobierno que encabeza el General Romero, y se solidariza con las víctimas que cayeron en las calles de San Salvador el pasado 17 de marzo y las que en estos momentos perecen en los cantones de la jurisdicción de San Pedro Perulapan, en el Departamento de Cuscatlan.”

“Al mismo tiempo –continúa- hace un llamado a todos los sectores progresistas, democráticos y revolucionarios a unir sus esfuerzos para detener la mano de los asesinos que pretenden ahogar en sangre a todo el movimiento popular para instaurar un régimen de terror, al servicio de los intereses una pequeña minoría de grandes oligarcas nacionales y extranjeros, explotadores del pueblo salvadoreño.”

Agrega que “la masacre de campesinos el 17 de marzo tuvo como escenario céntricas calles de la capital y dejó un saldo de varias decenas de muertos y heridos, incluyendo niños y mujeres, que casualmente circulaban por ese lugar a la hora en que policías nacionales atacaron con fuego de fusilería y metralletas, una manifestación promovida por las organizaciones federación Cristiana de Campesinos Salvadoreños (FECCAS) y Unión de Trabajadores del Campo (UTC).”

Concluye haciendo un “llamado a la unidad de todas las fuerzas revolucionarias y democráticas para derrotar a los fascistas, que vienen dando pasos acelerados para hundirnos en una cruenta dictadura terrorista. Pensamos asimismo, que las organizaciones populares debemos actuar con mucha serenidad y juicio en las diversas batallas, evitando caer en las provocaciones del enemigo o en acciones infantiles y aventureras, que conduzcan al debilitamiento del movimiento popular y mengüe las posibilidades de este.”

La historia sindical salvadoreña es la lucha por la unidad

En el número 101 de Voz Popular, los comunistas salvadoreños responden a los adversarios de la Confederación Unitaria de Trabajadores Salvadoreños, CUTS. Indican que “la clase obrera salvadoreña ha dado un paso más de gran trascendencia en la búsqueda de su Central Única de Trabajadores al constituir el 4 de diciembre la Confederación Unitaria de Trabajadores Salvadoreños (CUTS) hecho que quedara como marca indeleble en las páginas de la historia de la lucha de los trabajadores de nuestro país.”

Se informa que “el 3 de marzo de 1963, surge el Comité Unitario Sindical de El salvador (CUSS) que buscaba y luchaba por la promulgación del Código de Trabajo, aprobado en un madrugón de la Asamblea Legislativa, con la complicidad y anuencia de la dirigencia de la CGS y con la participación directa de algunos de ellos, que fungían como diputados en dicha asamblea, en vista de la fuerza que iba adquiriendo el movimiento obrero, unificado en el CUSS:”

Agrega que “echando a andar todo el aparato del CUSS, se constituye la Federación Unitaria Sindical de El Salvador (FUSS) el 2 de octubre de 1965. la CGTS desaparece en noviembre del mismo año para dejar paso Libre a la naciente organización, que desde su origen aglutinó en su seno a los obreros industriales, artesanos y obreros de los gremios.”

Señala que “entre sus principios y objetivos, la FUSS sostuvo a lucha por la formación de una Confederación Unitaria de Trabajadores Salvadoreños, como paso previo a la formación de una Central Única de Trabajadores, que tendrá que ser una obra consciente, persuasiva y de unidad de voluntad de las Centrales Sindicales existentes en el país.”

Concluye que “por eso es que la reciente constitución de la CUTS, no es más que un segundo paso en la búsqueda de esta Central Única de Trabajadores que tanto anhelan los trabajadores de nuestro país.”

Interrelación indisoluble. Schafik Handal. Revista Internacional No. 5 de 1978

En la edición de mayo de 1978 de la Revista Internacional, que era el órgano teórico del Movimiento Comunista Internacional, aparece un artículo del secretario general del PCS, Schafik Handal, sobre la relación indisoluble entre la revolución democrática y la revolución socialista.

Sostiene que “la práctica de desarrollo social ha demostrado convincentemente que en la historia no ha existido y no puede existir una revolución social “pura.” En cada revolución se entrelazan inevitablemente los movimientos sociales no idénticos en todo, y cada una de ellas representa de por sí una cadena de diversas batallas de clases. “Quine espera una revolución social “pura” –escribió V. I. Lenin- no llegará a verla jamás. Es un revolucionario de palabra y no comprende lo que es una verdadera revolución.” (V. I. Lenin Obras Completas, 2da. edición, Buenos Aires, Cartago, t. XXIII)

Prosigue afirmando que “este postulado leninista, es aplicable plenamente a la América Latina de nuestros días. En los países de nuestro continente, las tareas democráticas, antiimperialistas y socialistas de la lucha revolucionaria se entrelazan estrechamente Los proceso revolucionarios de uno u otro país, aunque se diferencian por su contenido de clase social y por el grado de participación de al clase obrera, toda su marcha, tomada dentro de América Latina en su conjunto, demuestra le nexo orgánico entre el verdadero antiimperialismo y la democracia por una parte, y el socialismo, por otra.”

Agrega que “esta interrelación inseparable y dialéctica está condicionada por varios factores importantes. El decisivo es la misma época contemporánea, cuyo contenido principal, como es sabido, lo constituye la transición del capitalismo al socialismo. La particularidad de la época actual es la lucha de gran envergadura que libran los pueblos por la democracia, contra las tendencias consustanciales del imperialismo, a la reacción política en toda la línea y, por consiguiente, contra los que persiguen el aplastamiento de los derechos y libertades elementales de los trabajadores y las masas populares.”

Argumenta Handal que “lo que está a la base del proceso revolucionario actual en América Latina, es la crisis estructural del capitalismo de mediano desarrollo, dependiente del imperialismo internacional y ante todo del imperialismo norteamericano. La crisis estructural a la que aludimos se manifiesta en la impotencia del régimen económico-político para impulsar el desarrollo de las fuerzas productivas con vistas asegurar un crecimiento económico sostenido, autónomo y de aprovechamiento de todas las masas laborantes.”

Subraya que “el capitalismo en América Latina, incluyendo a El salvador, no puede existir así como tampoco tiene la posibilidad de desarrollarse sino en las condiciones de dependencia con respecto del imperialismo. De allí, que cualquier empeño de intentar una salida burguesa a la crisis estructural, necesariamente debe estar vinculado en forma orgánica con los interés del imperialismo.”

Precisa que “nosotros sostenemos que el poder democrático de transición no podrá estabilizarse como tal poder, ya que su estabilización quedaría vinculada a la dirección en que marche su desarrollo, o hacia la solución burguesa, consecuente y acabada y, por consiguiente, dependiente respecto al imperialismo, o hacia la solución antiimperialista de la crisis estructural, también consecuente y acabada, y que por eso desemboque en el socialismo.”

Añade que “la conquista del poder democrático no pude concebirse como un fin en si mismo ni mucho menos como una etapa acabada de la revolución, sino que puede y debe examinarse como el momento para poner en marcha un proceso sucesivo de victorias en el cumplimiento de sus tareas democráticas, antiimperialistas y socialistas. Si se concibiera el poder democrático de transición como una etapa acabada de la evolución, a nuestro juicio conduciría a observar en la práctica una política, una táctica, que, de hecho facilitaría la salida burguesa…La interrogante clave en el periodo del poder democrático de transición es ésta: ¿Quien tiene en sus manos el poder real?

Aclara que “cabe la posibilidad de que se llegue a una situación en la cual el poder democrático de transición pueda ser conquistado sin que las condiciones para la siguiente etapa estén maduras. En tal caso, los comunistas salvadoreños consideramos que es necesario demorar el cumplimiento de una u otras medidas y no marchar a contrapelo de la realidad.”

En El Salvador explica Handal que “la participación de organizaciones democráticas en las elecciones, que comenzara en 1966, ha sido fundamental para la tarea de construir el frente único de las fuerzas democráticas y para unificar a las masas alrededor de un programa común de grandes transformaciones en los ordenes social, económico, cultural y político. El movimiento popular ha utilizado las elecciones para disputar al ejército a la reacción y para alertar al pueblo sobre el peligro del fascismo y su naturaleza profundamente hostil a todos sus intereses.”

Concluye que “la garantía d que la reacción y el imperialismo no podrán ahogar en sangre la revolución en el periodo de transición puede ser, a nuestro juicio, solamente la solución de la cuestión principal, a saber: la conquista definitiva del poder pleno por el proletariado y sus aliados más cercanos, firmes y consecuentes…Una de las principales enseñanzas de la revolución chilena, según la opinión de los comunistas salvadoreños, es la necesidad apremiante de la conquista del poder pleno.”

La lucha resuelta de los trabajadores, de todos los sectores democráticos, unitariamente, sin sectarismos ni aventurerismos, detendrá a los fascistas. Manifiesto del 1 de mayo de 1978 del PCS.

En su tradicional mensaje del 1 de mayo, los comunistas salvadoreños afirman que “hemos entrado a una situación distinta, el pueblo salvadoreño se encuentra bajo el azote de una nueva ofensiva fascista y ha sido muy notorio que ella tomó impulso después de la visita San Salvador, a fines de enero pasado, del Sub-secretario de Estado para los Asuntos Interamericanos de los EE. UU.”

Señala el comunicado que “valora los méritos demostrados por el BPR al realizar con éxito la toma de cuatro Embajadas, como una contribución efectiva a favor de la elevación de la moral combativa de las masas y una denuncia de gran resonancia mundial, que vino a rasgar el velo tejido durante los últimos 9 meses sobre el rostro criminal del gobierno de Romero.”

Agrega que “asimismo, el PCS considera positivo el mensaje lanzado por las FPL desde las radiodifusoras tomadas el sábado 14 de abril, por su llamamiento sin sectarismos a todos los sectores, fuerzas revolucionarias y democráticas a incorporarse a la lucha contra la dictadura. En este mismo sentido valora el PCS el llamamiento de las “ligas 28 de febrero” a favor de unificar la acción de todo el movimiento popular para resistir a los fascistas, sus claros planteamientos y llamados de alerta acerca de los propósitos destructivos que esa ofensiva persigue no contra una, sino contra toas las organizaciones populares y democráticas, cualquiera que sea su matiz ideológico-político.”

Valora que “estos son síntomas de que el movimiento popular salvadoreño está arribando a un superior nivel de conciencia política; es esta una buena nueva para todo el pueblo salvadoreño y centroamericano, un legitimo motivo de regocijo para los trabajadores en este 1ro. de mayo, dentro del doloroso marco de la represión y frente al designio fascista de echarnos encima más sufrimientos y martirio.”

Considera que “el imperialismo yanqui no puede aceptar el derrumbe fuera de su control de los regímenes dictatoriales de Centroamérica, porque teme que ello afecte a su propio dominio sobre esta región, a la cual asigna una importancia estratégica muy grande.”

Con respecto a la ofensiva represiva del gobierno de Romero estima que “esta ofensiva ano solo es represiva, sino incluye maniobras de guerra psicológica en gran escala, medidas políticas y organizativas tendientes a ganarse ala pequeña burguesía y a amplios sectores de las capas medias en general y a darle una base de masas al régimen; maniobras par aislar destruir a los sectores de la Iglesia Católica comprometidos con el pueblo, en especia a la Arquidiócesis, y para sumir al ejército en el torbellino de sangre de la represión y conseguir así su cohesión duradera en derredor de la camarilla fascista.”

Reconoce que “en El Salvador se concentra hoy el filo de la represión contra el Bloque Popular Revolucionario (BPR), contra sus organizaciones campesinas en especial, contra las FP y otras organizaciones armadas, después lanzara su frenético ataque contra todas las demás organizaciones populares y sectores democráticos, civiles militares. La represión se apoya en la acción de grupos paramilitares (ORDEN principalmente) envenenados con un rabioso anticomunismo y un nacionalismo de opereta.”

Evalúa que “se trata pues, por todas su características, de una ofensiva típicamente fascista, que no debe ser subestimada por nadie en el movimiento popular, y la cual solo puede ser derrotada si se le enfrenta con una fuerza suficiente y unida, si se la combate coordinadamente tanto en el terreno legal , como de hecho, en lo político, en lo reivindicativo, en lo nacional y lo internacional y ahora que todavía esta en sus inicios.”

“El PCS llama –concluye el comunicado- a todas las organizaciones, sectores populares y democráticos, a no hace cola a la espera del turno que a cada uno nos ha asignado el plan fascista. Nadie piense que puede quedar a salvo frente a la represión si permanece quieto, si no lucha. Los fascistas lanzan la represión no sólo porque nosotros nos mostramos inconformes, sino porque ellos necesitan asegurar el control absoluto sobre todo el pueblo.”

Nuestra polémica con la Ultraizquierda.
FAPU: Confusionismo y Divisionismo en el Movimiento Sindical

En el número 102 de Voz Popular de la cuarta semana de abril de 1978 se continúa con la polémica ideológica, esta vez en relación al Frente de Acción Popular Unificada, FAPU. Inicia el artículo reconociendo que “se aprecian modificaciones positivas en la conducta y acción de las organizaciones ultra izquierditas, lo que da pábulo a pensar que se han abierto posibilidades de avanzar en el camino de la unidad de la izquierda salvadoreña. Pero también hemos dicho que se mantienen no pocas diferencia sy puntos conflictivos.”

“Uno de ellos –asegura el artículo- es el relativo a la unidad sindical de los trabajadores, que a partir de la creación de la Confederación Unitaria de Trabajadores Salvadoreños (CUTS) ha cobrado mucha actualidad, no solo en cuanto a debate ideológico-político, sino en cuanto a las acciones de oposición, lindando con el sabotaje, no de la patronal ni de los cuerpos de seguridad, sino del grupo de estudiantes e intelectuales que dirigen la tendencia política reflejada por el FAPU; que arrogándose la defensa del proletariado y auto calificándose como los más puros revolucionarios , no solo han pretendido minimizar ese paso dado por el movimiento sindical del país, sino que constantemente lo estropean, sin ocultar el extraño deseo de que ese paso unitario de los trabajadores fracase.”

Considera que “esa actitud del grupo que dirige al FAPU, está plaga del virus del hegemonismo, que los lleva considerar como bueno o positivo sólo lo que ellos hacen o influyen, y como malo o no revolucionario l que dirigen otros. Pareciera ser que en sus elucubraciones pequeño burguesas, creen ser dueños de la verdad absoluto o sueñan con poseer una varita mágica que les hace aparecer la realidad política a su “noble y real” antojo. Pero también contiene confusiones sobre problemas básicos de la revolución, como son la unidad gremial de los trabajadores, la unidad de la clase obrera con otras fuerzas, la misión del Partido de vanguardia de la clase obrera, etc.”

Agrega que “la confusión de los nihilistas que dirigen el FAPU se torna más de bulto cuando, a partir de calificar la formación de la CUTS como “una maniobra efectista y burocrática” y de criticar la “llamada unidad de acción de los revisionistas” confunden la unidad sindical (gremial) de los trabajadores en una confederación sindical, con las tareas y el funcionamiento del Partido revolucionario de la case obrera.”

Aclara que “su hegemonismo se ha puesto de manifiesto, puesto que no son ellos los que dirigen el proceso de unificación orgánica del movimiento sindical del país, desnaturalizando la importancia y significado de haberse creado la CUTS e ignorando los enormes esfuerzos de miles de obreros y queridos dirigentes de los trabajadores, librados por muchos años en contra del divisionismo promovido por la burguesía, el gobierno y la embajada norteamericana.”

Posición reaccionaria del FAPU en el 1ro. de Mayo

En el número 103 de Voz Popular de la tercera semana de mayo continua la polémica ideológica con el FAPU. Se califica como reaccionaria “la posición asumida por el gripo de estudiantes e intelectuales que dirigen a esa organización ultraizquierdista.”

Argumenta que “a principios del mes de abril, la CUTS hizo pública la convocatoria para celebrar el 1ro. e Mayo, con un mitin y una manifestación señalando desde entonces horas y lugares de los mismos. El FAPU, en la última semana de abril, convocó a sus propios actos, que incluían un mitin a la misma hora y a pocos metros de de distancia del convocado por la CUTS, con el claro señalamiento que no debían los trabajadores asistir a los actos programados por la central obrera.”

Además denuncia que “el FAPU echó a rodar, perversamente, el rumor de que la CUTS había entrado en contubernio con el gobierno para obtener permiso de celebración de sus actos programados para el 1ro. de mayo. Este rumor tenía el propósito de desprestigiar a la CUTS y predisponer a los trabajadores en su contra. ¡Qué falaces e inescrupulosos sóis, pequeñoburgueses que hoy jugáis a la revolución!”

“Pero resultó –agrega el artículo de Voz Popular- que después de tanta propaganda radial y escrita tratando de dividir a los trabajadores, de echar veneno a la CUTS, los señores del FAPU NO HICIERON NADA DE LO QUE HABIAN ANUNCIADO; la zona de la Iglesia de El Calvario estuvo concurrida, pero sólo d las vendedoras ambulantes y compradores que habitualmente se encuentran en ese lugar.”

Señala que “los intelectuales y estudiantes que dirigen el FAPU y pretenden servirse de los obreros y sus sindicatos, como lo hacen en STECEL, Diana, Topaz, Central Azucarera Izalco o en INDECA, a favor de esquema contrarios a los intereses de la clase obrera; también demuestran una tremenda miopía política, un desconocimiento de la situación política del país y un total desinterés por los problemas reales de la clase obrera , en aras de un purismo y doctrinarismo revolucionario, lo típico de intelectuales que hacen gárgaras marxistas.”

Menciona que la posición del FAPU este 1ro. de Mayo se diferencia de “otras organizaciones, que aún practicando posiciones de ultraizquierda, ahora tuvieron mucha claridad y sentido positivo en la lucha, nos referimos al Bloque Popular Revolucionario, a las Ligas 28 de Febrero, a las Brigadas Obreras, a la Liga para la Liberación.”

Concluye que “es evidente, pues, de que por la vía del sectarismo, la prepotencia, la inmodestia pequeño-burguesa y el dogmatismo, hombres y organizaciones desbarran a las posiciones más indignas de la reacción, tal es el caso del FAPU en este 1ro. de Mayo.”

El momento actual y su perspectiva

En el número 103 de Voz Popular se analiza que el gobierno ha menguado su ofensiva represiva debido a que “la toma de 4 embajadas extranjeras por el Bloque Popular Revolucionario (BPR) logró un resonancia internacional y, con ello, la difusión de la verdad de la represión masiva contra el movimiento campesino. Los esfuerzos del gobierno actual por mejorar su imagen internacional en base a una propaganda mentirosa, fueron así contrarrestados y de pronto se quedo de nuevo desnudo y se encontró ate otra ola de acusaciones y protestas en el exterior.”

Asimismo influye la “declinación de los precios internacionales del café que ha planteado la perspectiva inmediata de un fuerte déficit en la balanza de pagos a finales del año y también ha acarreado contradicciones del gobierno con fuertes sectores e la burguesía agro exportadora en torno a importantes aspectos de la política cafetera que aquel aplica.”

Explica que “en una coyuntura económica quebradiza como la actual, los prestamos de EE. UU. resultan indispensables a este gobierno para capear una brusca recesión. Pero el factor político norteamericano ha comenzado de nuevo a moverse ya interferir; se rumora, por ejemplo, que han surgido dificultades para obtener algunos prestamos en trámite. Se han levantado voces en el Senado de los EE.UU. para criticar al gobierno Carter por la fácil otorgación de préstamos al gobierno del General Romero.”

Considera que “la caída de Todman, comprobado protector y encubridor de los fascistas salvadoreños, motivó un clima de ansiosa incertidumbre en los círculos supremos del gobierno del gobierno de Romero y de la Fuerza Armada. Una parte sostiene que debe proseguirse sin vacilaciones el plan trazado para la represión masiva contra el movimiento popular, la otra –que parece dominar por ahora- prefiere moverse con cuidado, recomienda realizar nuevas maniobras políticas de enmascaramiento y estar listos a proseguir con el mencionado plan represivo, en cuanto las condiciones sean propicias.”

Asegura que “la concurrencia de todos estos factores políticos y económicos, nacionales e internacionales, ha dado por resultado el impase actual de la ofensiva de represión fascista y el indicio de un paréntesis de precaria tolerancia. Pero sería un error creer que al ofensiva ha sido cancelada definitivamente e incluso, que ella se ha detenido en todos su aspectos. Sigue adelante la campaña de ORDEN por adueñarse de la organización social y verticalizar su control, se ha dado un nuevo paso funesto hacia el sepultamiento de la autonomía de la Universidad Nacional…”

“¿Cuánto durara este paréntesis? En medida decisiva, eso depende de cómo y con que grado de acierto táctico aprovecha el movimiento popular el espacio que se ha abierto, para lograr más respeto a los derechos y libertades democráticas. La primera condición, no nos cansamos de repetirlo, es que actuemos en al misma dirección y mejor aún s podemos hacerlo concertadamente y en forma unida.”

Añade que “las desesperadas acciones divisionistas a ultranza, como la tentativa fracasada del FAPU de dividir los actos del 1ro. de Mayo en San Salvador están por completo fuera de lugar y tiempo. El fracaso del FAPU e 1ro. de Mayo pone de manifiesto que las mas se han cansado ya del divisionismo que navega con palabrerío “revolucionario”, comprende el daño que hace a los intereses populares y no están dispuestas a apoyarlo.”

Concluye afirmando que “¡Es hora de unidad y de grandes esfuerzos por elevar la acción de todas las fuerzas populares y democráticas; es hora de sacudir el temor difundido por la represión y de articular las fuerzas anti-fascistas, a pesar de los golpes recibidos, para una nueva batalla por la libertad!

En el 25 Aniversario del Asalto al Cuartel Moncada. Carta del PCS. 26 de julio de 1978

En carta dirigida al comité central del Partido Comunista de Cuba, los comunistas salvadoreños “felicitan y saludan ardiente y fraternalmente al hermano Partido Comunista de Cuba, PCC, y al heroico pueblo cubano, en ocasión de conmemorarse el XXV Aniversario de la gesta gloriosa del Asalto al Cuartel Moncada.”

Considera que “la revolución Cubana inauguró para el continente americano, la época del paso del capitalismo dependiente al socialismo; la revolución Cubana y le vigoroso proceso que ella abrió para nuestros pueblos, pusieron en crisis todo el esquema de la dominación del imperialismo.”

Concluye que el PCS “reitera al partido Comunista Cubano, al pueblo de Cuba y a su querido dirigente Fidel Castro Ruz, su indeclinable voluntad y decisión de fortalecer y estrechar la solidaridad y amistad revolucionarias puestas de manifiesto desde los primeros días de la Revolución Cubana.”

En memoria a los mártires del 30 de Julio. POR UNA SALIDA DEMOCRATICA A LA CRISIS QUE GOLPEA AL PAIS. Manifiesto del PCS del 30 de julio de 1978.

El manifiesto del PCS indica que “el 30 de julio de 1975, el pueblo salvadoreño fue sacudido por una nueva masaje que se sumaba a las d e La Cayetana y Tres Calles. Esta vez, sin embargo, fue al ciudad capital la que se tiñó de sangre, y estudiantes universitarios y de secundaria los masacrados.”

“La respuesta popular –señala el comunicado- no se hizo esperar, y el repudio al asesinato a mansalva eran expresado por medio de múltiples e impresionantes manifestaciones y otras acciones de masas. La opinión pública nacional e internacional condenó la muerte y desaparecimientos de decenas de estudiantes y el gobierno de Molina, aislado, atado de manos por la valiente respuesta popular, se vio obligado a detener su campaña represiva contra el pueblo.”

Considera que “a tres años de aquella masacre, el recuerdo de los mártires estudiantes se agiganta y sus nombres se cubren con las banderas de lucha que agitan la exigencia popular por al democracia y la reconquista de la pérdida de la autonomía universitaria. Hoy, los fascistas han avanzado más y están colocados en puntos decisivos del poder. La Universidad, por su parte, está sumida en el más ignominioso mangoneo, ocupada militarmente y alejada de su misma naturaleza universitaria.”

Agrega que “desde aquella fecha, no ha cesado ni un solo día la represión, como ha tampoco ha cesado la tenaz y brillante lucha del pueblo salvadoreño y sus organizaciones democráticas y revolucionarias. En febrero de 1977, el movimiento popular llevó a cabo el más serio intento por disputarle el poder a las clases dominantes y dar termino ala dictadura militar de derecha que desde hace más de 47 años el país viene soportando.”
Enfatiza que “el momento histórico actual exige de todas la fuerzas democráticas y revolucionarias de nuestro país, la más amplia unidad y concertación de acciones unidas tras el logro de medidas que tiendan a crear un marco político adecuado, que permita darle una salida democrática a la crisis y que sea favorable los interese de la mayoría de la nación.”

Y el manifiesto del PCS plantea una plataforma de lucha popular con los siguientes seis objetivos inmediatos: “derogación d el Ley de Defensa del Orden Público y amnistía general para todos los reos políticos así como el retorno de todos los exiliados; cesa de la represión y las torturas; cesa a la persecución a la Iglesia católica y respeto a su labor pastoral; garantí del derecho constitucional al voto; derogatoria de la legislación universitaria vigente y retorno al régimen establecido antes de la intervención militar en julio de 1972 y cese de la campaña de destrucción de sindicatos y garantía de respeto a la libre sindicalización de todos los trabajadores, incluyendo los agropecuarios y el pleno respeto al derecho de huelga.”

Finaliza afirmando que “el mayor gesto revolucionario en memoria de los mártires del 30 de julio en este tercer aniversario, es el de emprender una lucha decidida por la consecución de estos objetivos y, en consecuencia, hace un ferviente llamado a todas las organizaciones gremiales y políticas, a las personas progresistas, civiles y militares, religiosos y laicos, para que comprendan la naturaleza de estos planteamientos y desarrollen una lucha tenaz para que se tornen en realidad por el bien de nuestro pueblo.”

Manifiesto de David

Manifiesto De David. Francisco Morazán

AL PUEBLO DE CENTRO AMÉRICA

Cuando los traidores a la patria ejercen los primeros destinos, el Gobierno es opresor.

Montesquieu.

Hombres que habéis abusado de los derechos más sagrados del pueblo por su sórdido y mezquino interés! Con vosotros hablo, enemigos de la independencia y de la libertad. Si vuestros hechos, para procuraros una patria, pueden sufrir un paralelo con los de aquellos centroamericanos que perseguís o habéis expatriado, yo a su nombre os provoco a presentarlos. Ese mismo pueblo que habéis humillado, insultado, envilecido y traicionado tantas veces, que os hace hoy los árbitros de sus destinos y nos proscribe por vuestros consejos, ese pueblo será nuestro juez.

Si la lucha que os propongo es desigual, todas las ventajas de ella están de vuestra parte.

Tenéis en vuestro apoyo:

Que os halláis colocados en el poder, y que nosotros nos encontramos en la desgracia.

Que podéis hacer uso de vuestra autoridad para procurarnos acusadores, que nosotros no encontramos tal vez ni un testigo.

Que os habéis constituido en nuestros jueces, y declarado que somos vuestros reos.

Que nuestra voluntaria retirada de los negocios públicos, con un objeto más noble que el que ha podido caber en vuestros corazones, la habéis interpretado como fuga.

Que a nosotros, que no os atrevisteis nunca a vernos cara a cara, nos insultáis atrozmente en vuestra imprenta; y añadiendo el escarnio a la venganza, habéis tomado la mano misma que os ha envilecido para trazar los caracteres de un nombre funesto que no podemos pronunciar sin oprobio, y nuestra expatriación se ha decretado1.

Y en fin, para complemento de vuestro triunfo, todas las apariencias acreditan que el pueblo que nos va a juzgar os pertenece. Pero no importa. Nosotros tenemos la justicia. Vamos a los hechos.

Cuando vosotros disfrutabais de una patria, no podíamos nosotros pronunciar este dulce nombre. Recordadlo. Vosotros habéis gozado muchos años de los bienes de esa patria que buscáis en vano. ¿Encontraréis en la República de Centro-América algunas señales de ella? No. Aunque le dais hoy este nombre, más extranjeros sois por vuestros propios hechos en el pueblo que os vio nacer, que nosotros en Méjico, en el Perú y en la Nueva Granada. Por la identidad de nuestros principios, con los que sirven de base a los gobiernos de estas Repúblicas, nosotros hemos hallado en ellas simpatías que vosotros no encontraréis en el propio suelo de vuestros padres (que ya no os pertenece) desde el momento mismo que se descubran vuestros engaños. Pero si aun queréis buscar vuestra patria, la hallaréis sin duda por las señales que voy a daros. Oíd y juzgad.

En vuestra patria cometías culpas que se olvidaban por unas tantas monedas, y a nosotros se nos exponía a la vergüenza pública.

En vuestra patria perpetrabais los más atroces delitos, a los que se les daba el nombre de debilidades para dejarlos sin castigo, y nosotros sufríamos la nota de infames hasta nuestra quinta generación.

En vuestra patria ejecutabais los crímenes que siempre se quedaban impunes, porque vosotros mismos erais los jueces, y nosotros perdíamos la salud y la vida en los cadalsos.

En vuestra patria ostentabais los honrosos títulos de tiranos, y nosotros representábamos el humillante papel de esclavos.

Esn vuestra patria tenías la gloria tenías la gloria de apedillaros los opresores del pueblo, y gemíamos nosotros bajo la opresión.

Y cuando en vuestra patria, ensanchando la escala de los opresores, defendíais hasta los infames oficios de carceleros y de verdugos, a nosotros se nos exigían los reos y las víctimas.

Y para que nada faltase a vuestra dicha y a nuestra desgracia, así en la tierra como en el cielo, ¡Hasta los santos sacabais de vuestras propias familias!, y los malvados, a vuestro juicio, sólo se encontraban en las nuestras.

Vosotros oíais, continuamente en sus revelaciones, la felicidad que os aguardaba, en tanto que a nosotros sólo se nos anunciaban desgracias.

Vosotros dirigías con confianza vuestras súplicas al pie de los altares, porque hacíais propicios a sus sacerdotes con las riquezas que exigíais al pueblo, en tanto que éste temía elevar sus plegarias, por no poder acompañarlas con ofrendas….

Y por último, para llenar la medida de vuestro poder y nuestro infortunio, aun más allá de la tumba, en tanto que las almas de nuestros padres vagaban sin consuelo en derredor nuestro, para demandarnos los medios de lograr su eterno descanso, vosotros comprabais el

Cielo que no habías merecido, con los tesoros que os proporcionaban las leyes de un infame monopolio.

He aquí vuestra patria. Recordadla. Pero si aun insistiereis en disputarnos la que por tantos títulos nos pertenece, exhibid vuestras pruebas, que nosotros daremos las nuestras; y si resultase un solo hecho en vuestro favor contra mil que presentemos nosotros, consentiremos, gustosamente en ser a los ojos del mundo lo que hoy somos a los vuestros.

No es vuestra patria. Porque en 1812, que por la primera vez se ventilaron los derechos de americanos, vosotros hacías de injustos jueces, de viles denunciantes y de falsos testigos contra los amigos de la independencia del Gobierno absoluto.

Es nuestra patria. Porque en la misma época nosotros nos la procurábamos difundiendo ideas de libertad y de independencia en el pueblo, sin que vuestras amenazas nos arredrasen ni nos intimidase la muerte, ya sea que se nos presentase en la copa de Sócrates, que la encontrásemos al cabo del dogal que quitó la vida al Empecinado o que se pronunciase en vuestros inicuos tribunales.

No es vuestra patria. Porque cuando triunfaron las ideas de libertad en la metrópoli, cuando los patriotas españoles quitaron algunos eslabones a la pesada cadena de nuestra esclavitud, revelándonos de este modo lo que éramos y lo que podíamos ser, vosotros conspirasteis contra el Gobierno Constitucional que se estableciera en toda la monarquía como enemigos de las luces, cooperasteis con aquellos que pretendieron, entonces, independizarse del Gobierno de las cortes y trasladar a la América el Gobierno absoluto de los Borbones.

Es nuestra patria: Porque en el mismo tiempo hacíamos resonar el grito de independencia en todo el Reino de Guatemala. Todo aquel que tenía un corazón americano se sintió, entonces, electrizado con el sagrado fuego de la libertad. Por una disposición de la Providencia, los amigos del Gobierno absoluto de los Borbones.

Es nuestra patria: Porque en el mismo tiempo hacíamos resonar el grito de independencia en todo el Reino de Guatemala. Todo aquel que tenía un corazón americano se sintió, entonces, electrizado con el sagrado fuego de la libertad. Por una disposición de la Providencia, los amigos del Gobierno absoluto de los Borbones, enemigos de la independencia de España constitucional, se unieron con los independientes de ambos Gobiernos, y proclamaron la separación de la antigua metrópoli el 15 de septiembre de 1821. Y de este modo, vuestros nombres figurarán en la historia al lado de los Reyes Luis IX, Luis XI y otros muchos que trabajaron sin pensarlo, a favor de la democracia, sistema que hoy gobierna en la República de Centro América.

No es vuestra patria: Porque en 1821, acreditasteis con un hecho, que es a los ojos del mundo un grave crimen, vuestro tardío arrepentimiento por haber cometido otro crimen que no es menos grave a los vuestros.

Los remordimientos de vuestra conciencia por haber cooperado a la independencia de un pueblo indócil, que convirtió en su provecho lo que era destinado al vuestro, quisisteis aquietarlos sacrificando a un gran conspirador los derechos de este mismo pueblo: y en lugar de un viejo monarca, nos distéis un nuevo usurpador: en lugar de la tiranía de los Borbones, nos disteis el escándalo de un emperador de farsa, más opresor porque está más inepto, y su opresión mil veces más sensible, porque lo ejercía sin títulos, sin tino, con sus iguales y por la vez primera. Es nuestra patria: Porque cuando vosotros, al lado del General mejicano don Vicente Filísola, hicisteis los mayores esfuerzo por conservar la dominación del Emperador Iturbide en los pueblos que había subyugado por la intriga, aunque sin éxito, nosotros procuramos evitarla. Cuando muchos de vosotros, a la retaguardia de aquel General, eráis testigos de los últimos esfuerzos del heroico pueblo salvadoreño, que mal defendido y cobardemente abandonado por su jefe en el momento mismo del peligro2 sucumbió noblemente, y con más gloria que la que pudo caber a sus vencedores; nosotros por este mismo tiempo, en el propio teatro de la guerra, en Guatemala, Honduras y Nicaragua, corríamos la suerte de los vencidos, por la identidad de nuestras opiniones.

El pueblo salvadoreño, sin armas y abandonado a su propia suerte, hizo impotente la negra intriga que se formara en su seno con innobles miras. [3] Defendió por largo tiempo la más hermosa de todas las causas, adquiriendo por digna recompensa de sus grandes hechos, la inmarcesible de dar al mundo el grandioso espectáculo de un pueblo libre que se regenera, obteniendo, en sus propias derrotas, la reivindicación de los mismos derechos que se la ocasionaron; en tanto que sus injustos agresores pierden todas las ventajas que les diera su malhadado triunfo.

Por un distinguido favor de la Providencia, los últimos cañonazos que quitaron la vida a los mejores hijos de El Salvador y completaron en el Reino de Guatemala la dominación de Iturbide, eran contestados por los que se disparaban en México, para celebrar la completa destrucción de un Imperio que sólo apareció al mundo para oprobio de sus autores. Y por justo resultado de estos hechos, del Reino de Guatemala, libre del dominio del Emperador Iturbide, en donde habías creado vuestra nueva patria, se formó la nuestra, bajo un sistema democrático, con el nombre de República Federal de Centro América.

Si ya que no podéis negar estos hechos, que todo el pueblo ha presenciado, pretendiereis, en vuestro despecho, arrojar de nuevo vuestra acusación favorita, a saber: Que muchos de nosotros nos hemos enriquecido defendiendo la independencia y la libertad, -no pretendo dejaros ni este miserable recurso.

Tal como es para mí de falsa e insultante la proposición, yo la levanto del suelo, en donde la ha colocado el desprecio público, con la fundada esperanza de tirárosla a la cara con doble fuerza. Si se puede llamar riqueza la que obtuvieron algunos de vuestros jefes militares en el sitio de Mejicanos, por medio de un mezquino monopolio –estamos todos de acuerdo. Pero si los bienes de los regulares componen la única riqueza que se ha podido encontrar en Centro América, levante la mano el más atrevido de vosotros, y clave en nuestra frente la nota de infame a los que la hubiéramos merecido por este hecho u otro semejante.

Volvamos al asunto. Después de la caída de Iturbide ¿cuál ha sido la conducta que habéis observado? Yo os la recordaré.

Vuestra debilidad os hizo firmar la Constitución Federal de 1824, y combatirla vuestra perfidia en 1826, 27 y 28.

Con este interés disteis vuestros sufragios de Presidente al señor Arce; y este mismo interés os hizo despojarlos, cuando ya había llenado, en parte, vuestras miras, porque le fuera adversa la suerte en el momento mismo de exterminar a vuestros enemigos.

Vuestra razón de Estado llevó por segunda vez la guerra a muerte a los pueblos de El Salvador, que perpetuaron vuestros jefes por interés.

Vuestra venganza iluminó por mucho tiempo las oscuras noches de estío con el incendio de poblaciones indefensas, para que la rapaz y mezquina codicia de vuestros militares, que se ejercitaba a media noche, encontrarse alumbrado el camino por donde se condujeran a vuestro campo los miserables despojos que habían librado de las llamas…

Esta devastación, esta mina, que sólo se habría terminado con la dominación a que aspirabais, y que se os escapara de las manos por la imbecilidad y cobardía de vuestros guerreros, desapareció con los triunfos de Gualcho, Mejicanos y Guatemala, y los liberales vencedores acreditaron con la completa reorganización de la República que eran dignos de regir los destinos de un pueblo libre.

Vuestra venganza, jamás satisfecha, y vuestros deseos de dominar, nunca extinguidos, trajeron otra vez la guerra a la República para dar un nuevo testimonio al mundo de vuestras miras, y a los centroamericanos una prueba de todo lo que debiera esperar y temer de sus enemigos.

El Coronel Domínguez, que defendiera vuestra causa con tanto empeño en 1828, invadió los puertos del norte en 1831, se introdujo con fuerzas en el Estado de Honduras, para presenciar sus derrotas, y encontró por último la muerte en la ciudad de Comayagua.

El ex Presidente Arce, que apareció en el mismo tiempo por Escuintla de Soconusco con tropas mexicanas que habían destruido la Independencia nacional, fue completamente batido por el valiente General N. Raoul. No pudiendo aquel desgraciado Jefe imitar a Moreau, que murió combatiendo contra su país natal con un valor que atenuara su crimen; ni a Coriolano4, que obligado a retirarse de las puertas de Roma por las súplicas de la que lo llevara en su vientre, acreditó que no le faltaban virtudes, siguió el ejemplo de tantos griegos que se unieron con los enemigos de su patria para combatirla, y sufrió, como ellos, el digno castigo en su propia derrota y en las dobles maldiciones de los mercenarios extranjeros vencidos y de sus conciudadanos vencedores.

Esta injusta guerra se terminó con la ocupación del castillo de S. Fernando de Omoa, en donde el malvado Ramón Guzmán, que sirviera en vuestras filas como soldado en 1828, enarboló la bandera española. Después de una lucha obstinada de 5 meses, que diezmara nuestro ejército, y de la epidemia que lo quitara, fue abatida esa señal oprobiosa de nuestra antigua esclavitud por el valiente y sufrido Gral. Agustín Guzmán, que hizo rendir la fortaleza. Y para dar al mundo un testimonio de los extremos opuestos a que pueden conducir vuestras opiniones y las nuestras en el mismo campo en donde está colocada la cabeza de un traidor, hijo de la República, y de vuestro partido, que elevara sobre las murallas del castillo el símbolo de nuestra opresión, existen los sepulcros de mil centroamericanos, del nuestro que lo despedazaran.

No pretendo asegurar que todos vosotros hayáis aplaudido aquel crimen; si puede adivinarse que hubiesen algunos de vosotros que lo vieran con indignación, permítaseme preguntar a los demás; ¿tiene alguna analogía con la rendición de la plaza de San Salvador en 1823? ¿Si Fernando VII y la bandera española tienen algo de común con la del Imperio mexicano y Agustín I? ¿Si las garras de la joven Aguila que se ven pintadas en ésta, oprimen o hieren con más fuerza que las del viejo León hispano que se mira en las armas de aquellas que dominaran la América por tres siglos?

Esta guerra, tan fecunda en hechos que ilustraron las armas del Gobierno Nacional, que no fue menos abundante en sucesos que justificaron más y más la causa de los liberales vencedores, arrojó sin embargo elementos funestos de discordia. A éstos se unió el descontento, que naturalmente debió producir una Administración de diez años, continuamente contrariada por los hábitos que dejara el Gobierno absoluto, cuyos resortes tocasteis con oportunidad para preparar la revolución de 1840.

Vosotros, apoyados en el fanatismo religioso, destruisteis en el Estado de Guatemala las obras que los demócratas consagraron a la libertad, en tanto que los bárbaros las hollaron con su inmunda planta.

La profesión de los derechos del pueblo –la ley de la libertad de imprenta- la que suprimió las comunidades religiosas- la que creara la Academia de Ciencias, en que se enseñaban los principales ramos del saber humano, repuesta por vosotros con la antigua Universidad de San Carlos –la del hábeas corpus- los códigos de pruebas, de procedimientos y de juicios, obra del inmortal Livingston5, adoptadas con el mejor éxito, y tantas otras, fueron al momento derogadas por vosotros y el vacío que dejaron estos monumentos del patriotismo lo llenasteis con nombres odiosos, que recordarán al pueblo su antigua esclavitud y sus tiranos.

En los Estados de Nicaragua y Honduras, los justos deseos de reformas, no satisfechos con las que hiciera el Congreso en 1831 y 1835, fueron de nuevo excitados por dos folletos que escribió el ex-Marqués de Aycinena. En ellos pretendía éste probar que no estábamos bien constituidos, porque los Estados, como en Norte América, no fueron antes que la Nación, y porque la Constitución Federal es más central que la de aquella República.

Proposiciones en su origen insidiosas, risibles en su aplicación y que han merecido el deprecio de los hombres sensatos.

Pretender que las Constituciones de nuestros Estados debieran existir antes que la general, es pedir un imposible, porque los españoles, que nunca fueron ni tan ilustrados ni tan generosos como los ingleses con sus colonos, no nos permitieron otra ley que la voluntad del soberano.

Asegurar que por esta falta no estamos bien constituidos y somos desgraciados, es ignorar las causas que han contribuido a la felicidad de aquel pueblo afortunado.

Afirmar que la Constitución Federal de Centro América es más central que la de los Estados Unidos del Norte, es un insulto que no podrá sufrir con paciencia el que haya hecho una comparación de las leyes.

En fin, atreverse a asegurar ante el público tantas falsedades juntas, es abusar demasiado de su sencillez y buena fe, y del silencio que han observado los centroamericanos ilustrados que conocen que ni los norteamericanos pudieron hacer su felicidad copiando las Constituciones democráticas que habían servido a otros pueblos, ni el de Centro América, en su actual estado, hará la suya adoptando la Ley Fundamental de aquella República si no puede trasplantar al mismo tiempo el espíritu que le da la vida.

Pero Aycinena sólo ha tenido por mira, al propagar estas doctrinas, producir una revolución, -¡Ojalá sea más afortunado en esta vez que lo fuera con su familia en la del Imperio mexicano, que defendieron con tanto ardor!

Si el Duque de Orleans encontró en la guillotina el castigo de haber anarquizado al pueblo francés, aparentando para subir al trono ideas liberales que no profesara, descendiendo de lo grande a lo pequeño, debe tener igual suerte Aycinena, que usa de los mismos medios para recobrar sus honores.

Ni el oro del Guaya, ni las perlas del Golfo de Nicoya, volverán a adornar la corona del Marqués de Aycinena; ni el pueblo centroamericano verá más esta seña oprobiosa de su antigua esclavitud; pero si alguna vez brillase en su frente este símbolo de la aristocracia, será el blanco de los tiros del soldado republicano.

Y para que nada faltase de ignominia y funesto a la revolución que habéis últimamente promovido, apareció en la escena el salvaje Carrera, llevando en su pecho las insignias del fanatismo, en sus labios la destrucción de los principios liberales y en sus manos el puñal que asesinara a todos aquellos que no habían sido abortados, como él, de las cavernas de Mataquescuintla.[6] Este monstruo debió desaparecer con el cólera morbus asiático que lo produjo. Al lado de un fraile y de un clérigo [7] se presentó por la primera vez revolucionando los pueblos contra el Gobierno de Guatemala, como envenenador de los ríos que aquellos conjuraban, para evitar, decían, el contagio de la peste. Y contra este mismo Gobierno, fue el apoyo de los que en su exasperación le dieron parte en la ocupación de la ciudad de Guatemala, Fue su peor enemigo cuando estos quisieron poner término a sus demasías y vandalismo, y su más encarnizado perseguidor y asesino cuando el salvaje se uniera con vosotros.

Es necesario que no se ignore la conducta de este insigne malvado, que ha excedido con sus crímenes a todos los tiranos sin conocerlos. Su vida forma una cadena no interrumpida de delitos, acompañada de circunstancias horrendas.

El fusilamiento de varios jueces de circuito, en cuyo número se cuenta el ciudadano F. Zapata, que ejercía sus funciones en Jalpatagua8, es de este número.

Como en todos los pueblos, lo primero que hizo Carrera fue incendiar en la plaza la ley que establecía el juicio por jurados, y los códigos que eran el espanto de los malvados, porque se habían sentenciado en pocos días, con arreglo a ellos reos de muchos años.

En seguida hizo colocar al juez Zapata en el lugar destinado al suplicio, a tiempo que pasaban de camino, para la ciudad de El Salvador, las señoritas Juana y Guadalupe Delgado. Juzgando sin duda, el malvado asesino, que todos tenían un corazón que se complaciera como el suyo con la muerte de la inocente víctima, las obligó a presenciar la ejecución, a pesar de sus súplicas y lágrimas para evitarla, y de sus esfuerzos para separarse de aquella escena de horror.

El rapto, entre tantos raptos, de una joven doncella que vivía con sus padres en la hacienda de la Laguna de Atescatempa9, fue acompañado de circunstancias que no deben ignorarse.

Carrera, que había visitado a esta honrada familia, y de ella recibió diversas insinuaciones de cariño, quiso retribuirlas con un crimen, como acostumbra.

Para ocultar el malvado su perfidia la que era el objeto de sus torpes deseos, recurrió a otro crimen, que pudo producir peores consecuencias por el gran compromiso en que puso a su Gobierno.

Hizo disfrazar a un oficial para que, a la cabeza de algunos soldados que debieran suponerse salvadoreños, y por consiguiente enemigos, ocupasen en la noche la casa de la hacienda. A pretexto de los dueños de ella hicieron servicios a Carrera, tenían orden de reducirlos a prisión y conducir a la joven hacia el Estado de El Salvador. El bandido, con un considerable número de soldados, debía encontrarse con ellos en el camino, y éstos contestar al ¿quién vive? El Salvador libre. A esta palabra de guerra se convinieron hacerse, mutuamente, fuego las dos fuerzas. Sin usar de las balas, dispersarse los fingidos salvadoreños en seguida y dejar en sus manos la causa inocente de tanta maldad para exigirle su deshonra en premio de haberla salvado.

Todo se habría ejecutado a satisfacción de Carrera, si la Divina Providencia no hubiera destinado, en justo castigo, una bala que se introdujera en el pecho cuando se batían, en apariencia las dos partidas. Esta bala, en concepto de algunos, se puso por casualidad en el fusil; pero otros creen haber sido dirigida por la venganza del oficial que había sido, en otro tiempo, maltratado por Carrera; lo cierto es que se le condujo preso a Guatemala, con los soldados que le acompañaban para cumplir las órdenes de su General.

La gravedad de la herida, que lo obligara a sacramentarse, no le hizo olvidar el único trofeo de su infernal campaña, que condujo por la fuerza a su cuartel general de Jutiapa. La joven tuvo el profundo sentimiento de que su criminal raptor sanase de la herida, y su desgraciada familia sufrió su deshonra sin quejarse.

La noticia de este hecho obligó a separase del Gobierno al Presidente del Estado de Guatemala, ciudadano Mariano Rivera Paz, para andar 27 leguas de mal camino, con el único fin de expresar al malvado el sentimiento que le causara ver derramar la sangre preciosa del caudillo adorado de los pueblos. Sangre que con estas mismas palabras, tuvo el descaro de reclamar al Gobierno del Estado de El Salvador, llevando adelante, para paliar el crimen cometido por Carrera, la infame trama que éste urdiera para ocultarlo.

La muerte del Diputado Cayetano Cerda, que lo obligara Carrera a cenar en su mesa en señal de amistad, y la mandara asesinar en seguida por el mismo centinela que lo guardaba.

La muerte que dio con su propia lanza a un elector de Cuajiniquilapa10, que se negó a prestarle su voto.

El asesinato de todos los heridos del 19 de marzo en la plaza de Guatemala, ocupada a la bayoneta, evacuada después, rompiendo la línea enemiga, por falta de municiones y por no haber encontrado los auxilios que ofrecieron los liberales. Asesinato tanto más criminal, cuanto que se habían tratado con las debidas consideraciones al oficial

Montúfar [11] y 35 soldados que se tomaron prisioneros en la acción, y respetado al padre Obispo y Canónigos que se encontraron en la catedral, confundidos con los soldados enemigos que se batieron con los nuestros dentro del mismo edificio.

La muerte que dio a cuarenta de los más distinguidos ciudadanos de Quetzaltenango, en cuyo número se cuentan las autoridades municipales, después de haber rescatado a muchos de ellos la vida, esposas y hermanas con grandes sumas de dinero que Carrera recibió, son los menores delitos que ha cometido este malvado.

A este monstruo estaba reservada la invención diabólica de acompañar con su propia guitarra los movimientos del Señor Lavangnini, a quien obligaba a danzar, y los últimos ayes de las cuarenta víctimas que asesinó el 2 de abril en la misma plaza de Quetzaltenango, para acostumbrar así los oídos del pueblo y prepararlo a nuevas matanzas.

A este monstruo estaba reservado el acto de mayor inmortalidad y perfidia, que ejecutó en la propia ciudad de Quetzaltenango. Habiendo prevenido al pueblo que se presentase en la plaza a una hora señalada, bajo la pena de muerte, cuando se encontraba ya reunido, mandó saquear a su tropa toda la ciudad que contiene 25,000 habitantes.

A este monstruo estaba, también, reservado enterrar a los vivos, como lo ejecutó con un vecino respetable del pueblo de Salamá, porque le faltaban mil pesos en que había valorado su vida. A pesar de que su familia le presentó alhajas en doble valor, lo introdujo, sin embargo, en la sepultura que le había obligado a cavar, y lo cubrió de tierra hasta la garganta, dándole después grandes golpes en la cabeza, que le produjeron la muerte, lo abandonó a su inocente familia, que su desolación derramaba lágrimas sobre el cadáver, cargando en seguida el bandido con el vil precio de su infame asesinato…………………………

Pero ¿cuál es el delito que no ha podido perpetrar ese malvado? Existe uno ¡quien lo creyera!, que sólo estaba reservado a vosotros: ¡dar a Carrera, en precio de tanto crimen, el poder absoluto que hoy ejerce en el Estado de Guatemala por vuestros votos!!!

Que nuestros conciudadanos que han presenciado todos estos hechos, desde las prisiones de Belén en 1812, hasta las matanzas de Carrera en la ciudad de Quetzaltenango, en 1840, juzguen y decidan ahora si tenéis algún título para llamaros centroamericanos, y cuáles son los nuestros. Y si, como esperamos, la justicia decide en nuestro favor: si los pueblos patriotas de que se componen los Estados de Nicaragua, Honduras, El Salvador, Los Altos y parte de de Guatemala, han descubierto vuestras pérfidas miras, preparaos, no sólo a abandonar la República, sino a andar errantes, como los hijos de Judea, tras la patria de los tiranos, que buscaréis en vano. Si, en vano, porque la libertad que habéis combatido tantas veces derramando la sangre de sus mejores defensores, ha recobrado el imperio del orbe, que por un don del cielo ejercía en los primeros tiempos. Los pueblos de ambos mundos profesaban ya su culto; los Gobiernos del nuevo son obra suya, y los del antiguo caen y se precipitan a su voz para no reaparecer más sobre la tierra.

David, 16 de julio de 1841

F. Morazán

[1] En convenio que celebró últimamente Carrera con el Encargado del Gobierno del Estado de El Salvador se consignó un artículo expatriando a todos los que habían salido de la República, el que aparece firmado por Carrera sin saber leer ni escribir. Nota del General Francisco Morazán.

[2] El General Arce que mandaba a los salvadoreños los abandonó, por enfermo en los momentos que Filísola iba a atacar la plaza, su salud le permitió huir hasta la República de los Estados Unidos. Nota del General Francisco Morazán.

[3] El General Arce quería entregar a Filísola la plaza de El Salvador, bajo la condición de continuar en el mando como Gobernador de la Provincia. El pueblo, excitado por los ciudadanos Juan Manuel Rodríguez, por el General Espinoza y Coronel cerda, se opuso y fueron expatriados por Arce los dos últimos. Nota del Gral. Francisco Morazán

[4] Nota de Anarella Vélez: Cayo Marcio Coriolano, siglo V a. C., déspota que impidió la distribución de trigo al pueblo, fue exilado de Roma. Refugiándose en tierras de los Volscos, a los que había sometido, se levantó en armas contra Roma, vengando así su exilio. Fue detenido ante las puertas de la ciudad por su madre Veturia y por su mujer Volumnia.

También Coriolano es el nombre de la tragedia de William Shakespeare basada en la vida del legendario dirigente romano. La tragedia gira alrededor de Cayo Marcio Coriolano, brillante general romano que es desterrado de Roma y dirige un asalto a la ciudad. Sólo el ruego de su madre evita que arrase Roma. Un cambio de opinión que le conduce a la destrucción.

[5] Nota de Anarella Vélez: David Livingstone (médico y misionero británico,1813-1873) explorador de África, se distingue de otros exploradores por su lucha constante contra la esclavitud

[6] Nota de Anarella Vélez: Mataquescuintla está ubicado en la zona oriental de la República de Guatemala, dentro de la jurisdicción del departamento de Jalapa.

[7] Lobos, cura de Santa Rosa, y Aqueche, de Mataquescuintla. Nota del Gral. Morazán.

[8] Nota de Anarella Vélez: Jalpatagua , planicie ubicada en la región oriental de Guatemala.

[9] Nota de Anarella Vélez: Atescatempa, Jutiapa, Guatemala

[10] Nota de Anarella Vélez: Cuajiniquilapa, ubicada en Chinandega, Nicaragua

[11] Manuel Montufar, sobrino del autor de las Memorias de Jalapa. Nota del Doctor Montúfar.

Una reforma manchada

Una reforma manchada
El Faro
El Faro / Publicado el 4 de Agosto de 2014

La recién aprobada reforma fiscal es no solo necesaria, sino además justa. No hay ninguna de las enmiendas aprobadas que sea reprochable, y los lamentos de algunos medios de comunicación y las amenazas de las gremiales de la empresa privada de que estos costos serán trasladados a los consumidores solo reflejan su nula voluntad de contribuir al desarrollo de su país, de contar con un Estado capaz de proveer a todos sus ciudadanos de las condiciones mínimas para una vida digna; particularmente en momentos en que el Estado padece una grave situación financiera y la mayor parte de la población se encuentra en deplorables condiciones de vida.

Advertir que un cobro de 25 centavos por transacciones financieras de cien dólares es un freno a la inversión y al crecimiento económico es aún más absurdo cuando estos mensajes provienen de gremiales que jamás se han pronunciado siquiera por el hecho de que la banca cobre 62 centavos por cada retiro de efectivo, independientemente de la cantidad, en algunos cajeros automáticos. Ya solo esto habla de unas gremiales empresariales que piensan siempre y solo en las ganancias para los grandes empresarios; ni siquiera para los medianos ni pequeños que de todos modos pagan cuotas por transacciones financieras menores, no al Estado pero sí a la banca privada, lo cual nunca ha sido motivo de reclamo por parte de quienes presuntamente deberían también representarlos, sobre todo la ANEP.

La protesta, también airada, porque se intente cobrar impuestos a los periódicos impresos, es igual de mezquina pero además obsoleta. La ley de imprenta, hecha a imagen y semejanza de otros países, fue impulsada por una agenda liberal en la primera existencia formal de la República Federal de Centroamérica. Tenía por fin garantizar la libre publicación del pensamiento sin restricción alguna más que lo que fuera contra la Constitución y el honor. El hecho de que la imprenta fuera dispensada del pago de impuestos tenía como fundamento evitar que mediante tasaciones se volviera prohibitivo la diseminación de ideas o la crítica a los gobiernos. En aquellos años, durante la primera mitad del Siglo XIX, no había ningún otro medio de comunicación.

Ahora, con la radio, la televisión y el internet, la ley de imprenta es obsoleta e injusta en un sistema en el que todos los demás medios sí están obligados a pagar impuestos.

Por ello esta reforma era urgente, necesaria y justa.

Sin embargo, el FMLN optó por manchar esta reforma. Por enturbiarla y convertirla en una triquiñuela a la misma usanza de las que en el pasado protestó con toda la autoridad moral y legitimidad que ha perdido ahora.

Pasar una ley en un madrugón fue apenas la primera parte del agravio. Aterrizar otra vez en la aritmética, por encima de todos los procedimientos establecidos para la convivencia política y sacrificando la esencia misma del quehacer parlamentario (el debate, la discusión abierta al público de la formación de leyes) es un acto no solo de prepotencia política, sino además de irrespeto a los ciudadanos y de desprecio a la democracia.

Pero hacerlo, además, pactando a cambio la entrega de la Corte de Cuentas a Gana, es pervertir una reforma fiscal que merecía haber nacido limpia.

Es un insulto pactar una reforma para obtener más dinero a cambio de entregar la vigilancia de ese mismo dinero a un cómplice que ya ha demostrado su incapacidad y su nula voluntad de velar por el buen uso de los fondos públicos; cuyo principal vocero, un diputado de la junta directiva, debería estar en los primeros lugares de esa lista de funcionarios a ser investigados.

No se podrá avanzar en la consecución de un sistema fiscal más justo, que permita una mejor distribución del ingreso, si no se avanza al mismo tiempo en una profunda reforma al ejercicio de contraloría en el Estado.

Era muy difícil, en tiempos de Arena, esperar que desde la Asamblea se tomaran medidas para el establecimiento de una Corte de Cuentas transparente, responsable y eficiente. Pero era lo primero que el FMLN estaba obligado a hacer tras su llegada al poder, si quería mantener la congruencia con sus reivindicaciones y sus promesas históricas. Lamentablemente hoy, con este acto, la exguerrilla parece nuevamente haber sido seducida por las trampas del poder, y preferir los pactos oscuros, como ya es usual desde que llegaron a la presidencia del Órgano Legislativo, al cumplimiento de una misión que parecía de verdad tener aspiraciones transformadoras.

Derechos Humanos y Políticas de Protección Social del Adulto Mayor

Derechos Humanos y Políticas de Protección Social del Adulto Mayor

Waldo Arriagada Peñailillo

“La peculiaridad de la participación en los clubes de adulto mayor, reside en que la
pertenencia a ellos ocurre desde el reconocimiento de quienes los integran de
su condición de personas adultas mayores, lo que adquiere una relevancia especial por cuanto se han convertido en un actor legítimo en la conquista de espacios sociales, resignificando en este proceso asociativo, el fenómeno participativo que
provoca la compleja conversión en sujeto de derecho”.
(Regina Obreque Morales;“De Abuelito a Sujeto de Derecho”; año 2006).

  • Existe una relación de reciprocidad entre los derechos humanos y las políticas

de protección social, orientadas a las personas de mayor edad. Por un lado, el
discurso de los derechos humanos requiere para su garantía y exigibilidad, los
contextos institucionales que permitan su ejercicio. Por otro lado, las políticas
se basan en un enfoque de derechos, tendiente a la ampliación y protección de
éstos. En ambos sentidos, las personas mayores se benefician del desarrollo
en su calidad de ‘sujetos de derecho’.

Los adultos mayores son sujetos de derechos universales y específicos1. Esto es lo mismo que decir, que son personas o titulares de derechos y obligaciones2.

En este caso, el sujeto activo de los derechos humanos universales y específicos, está dado por las personas de 60 y más años, en los distintos puntos del planeta, en relación con sus estados nacionales, los que aparecen

Síntesis del documento “Los Adultos Mayores en los Derechos Humanos, las Políticas de Protección Social y su Aplicación en Chile”, incluida bajo el número I.1.2 de la Tesis que da opción al Grado de Licenciado en Sociología y al Título de Sociólogo en la Universidad Academia de Humanismo Cristiano, llamada “Perspectivas de Identidad para la Reconstrucción de Memoria Histórica Local a través de los Relatos de Vida de Adultos Mayores en la Comuna de San Bernardo entre los años 2003 y 2009”.
∗∗ Registro de Propiedad Intelectual Nº 187693.
1 La teoría de la ‘Relación Jurídica’, contempla a lo menos un sujeto activo, que posee un derecho o una facultad, y un sujeto pasivo que tiene un deber u obligación. Lo anterior, en torno a un objeto, concerniente a una prestación de dar, hacer o no hacer algo. A partir de un hecho que da origen a la relación y una norma que la protege. En Pacheco Gómez, Máximo: “Introducción al estudio de las ciencias jurídicas”. Editorial Universitaria; Santiago de Chile, 1962.
2 Es posible tomar la noción de ‘persona’ que efectúa el Derecho Civil, atribuyendo esta
calidad a la humanidad. El código Civil declara: “Son personas todos los individuos de la
especie humana, cualquiera que sea su edad, sexo, estirpe o condición”. En: República de
Chile: “Código Civil”. Editorial Jurídica; Santiago de Chile, 2008. Art. 55.

como sujetos pasivos en la relación jurídica originada en el nacimiento de
aquellos, para dar reconocimiento, protección y garantía, al tiempo de
abstenerse de dañar, estos derechos considerados por la humanidad como
inherentes a su propia calidad, siendo los tratados internacionales de derechos
humanos y el reconocimiento de las constituciones políticas de los países del
mundo, las normas en la mencionada relación
3
. La prestación que está en
juego se compone de la obligación de los estados de reconocer, respetar,
proteger y promover los derechos humanos, al mismo tiempo de abstenerse de
transgredirlos, violarlos y/o lesionarlos.
Acerca de lo que es una política social, es posible expresar que se trata de un
posicionamiento del aparato público, en relación a cuestiones de notoriedad
social que transitan de la agenda pública a la agenda de gobierno
4
.
Entre los tipos en que se puede manifestar una política, según la costumbre
jurídica de cada país, se hallan: Planes, Leyes o propiamente Políticas
5
.
I.- LOS DERECHOS:
Recurrimos a la noción de derechos humanos, derechos fundamentales o
derechos de la persona humana, para referirnos a los adultos mayores como
‘titulares de derecho’.
Así, las personas de mayor edad, son reconocidas en el estatuto internacional
de los derechos humanos, como miembros de la ‘familia humana’. Esto es lo
mismo que decir, que a las personas mayores se les reconocen los derechos
de toda persona humana, por el sólo hecho de haber nacido y pertenecer a la
humanidad.
Es así entonces, que los Estados en el ordenamiento jurídico internacional,
reconocen, protegen, promueven y garantizan el ejercicio de los derechos
universales por parte de todos los seres humanos.
El momento constitutivo del origen de los Derechos Humanos modernos,
relacionados al proceso de envejecimiento y a las personas de mayor edad, en
el ordenamiento jurídico internacional, es sin duda, la “Declaración Universal de
Derechos Humanos”. Luego de las grandes guerras, el 10 de diciembre de
1948, la Asamblea General de las Naciones Unidas la aprobó y proclamó.
3 Del Derecho Constitucional, se desprende la calidad de titular de derechos que tiene todo ser
humano, en el espacio del espacio nacional. Así expresa la Constitución chilena: “Las personas
nacen libres e iguales en dignidad y derechos”. En: Constitución Política de la República de
Chile. Artículo 1°. En: http://www.leychile.cl/Navegar?idNorma=242302 Consultado en Julio de
2009.
4
Así lo expresa Sandra Huenchuán: “concebiremos que una política es una toma de posición
de parte del Estado respecto de un problema que ha causado interés público (agenda pública)
y se ha logrado instalar como cuestión en la agenda de gobierno”. En: Huenchuán Navarro,
Sandra: “Políticas de vejez en América Latina: Una propuesta para su análisis”. CELADE-
División de Población de la CEPAL; Santiago de Chile, 2003. Pág. 1.
5 Íbidem. Pág. 2.

Este cuerpo legal de los países del mundo -tanto como los acuerdos que le
seguirán-, consagra derechos humanos inalienables a toda persona humana.
Tiene como principios rectores, los derechos a la vida, la fraternidad, la
democracia, el desarrollo, la libertad, la ciudadanía y la igualdad.
Se trata del derecho irrenunciable, de carácter general, que posee cada ser
humano por el sólo hecho de haber nacido y habitar el planeta.
Tanto en la historia de la humanidad, como en su presente, existe el
conocimiento público de violaciones a los derechos humanos de distinta
especie, origen y destino. No obstante, es importantísimo el crecimiento del
sentido de adquisición de una conciencia práctica en torno al ejercicio de los
derechos y deberes de los seres humanos que pueblan el mundo.
En el sentido más moderno de la doctrina jurídica de los derechos humanos, se
encuentra lo que se ha denominado ‘derechos de primera generación’,
comprendidos como derechos civiles y políticos. Luego se hallan los ‘derechos
de segunda generación’, o también, derechos sociales, culturales y
económicos. Y continuando, con los ‘derechos de tercera generación’, que se
hacen cargo de cuestiones de la solidaridad humana, como son los derechos
de los pueblos, el derecho al desarrollo, la protección del medio ambiente y el
aprovechamiento de la ciencia y la técnica.
El ‘sujeto de derecho adulto mayor’, tiene facultades reconocidas en los
derechos conocidos como de primera, segunda y tercera generación, además
de los derechos que en forma particular resguardan a las personas de mayor
edad.
Al mismo tiempo de constituir las personas mayores sujeto de derechos
universales, el ordenamiento jurídico internacional, les reconoce un estatuto
jurídico propio que se encuentra actualmente en desarrollo, en su calidad de
grupos vulnerables o titulares de derechos específicos.
En relación directa con el proceso creciente de universalización del discurso de
los derechos humanos, se abre, el significado de especificidad para diversos
sujetos de derecho. El sujeto de derecho ‘adulto mayor’, pasa por un momento,
en que se plantea y discute en el seno de los gobiernos mundiales, la
evaluación y desarrollo de cuerpos legales en que el derecho internacional
hace suya la tarea de mejorar las condiciones de vida de los adultos mayores
del mundo.
El derecho distintivo, para la protección de las personas mayores -una parte
cada vez más relevante de la población del globo-, se encuentra en proceso de
construcción. Tiene como antecedentes, los tratados de Derechos Humanos
para los niños, mujeres, migrantes, refugiados, entre otros, de las Naciones
Unidas.

Derechos de la Primera Generación:

En la modernidad -con antecedentes en la ‘Declaración de Independencia’
estadounidense de 1776 y en ‘La Declaración de los Derechos del Hombre y el
Ciudadano’ proclamados en la Revolución francesa el año 1789 e incluidos en
la Constitución de Francia en 1791-, el movimiento de los derechos humanos
universales, tiene su momento fundante, en la ‘Declaración Universal de los
Derechos Humanos’ aprobada por la Asamblea General de la ‘Organización de
las Naciones Unidas’ (ONU), en 1948.
Terminadas las grandes guerras y el debacle humanitario que vive el planeta
en el transcurso de éstas, los países del mundo crean la ONU y proclaman la
recién nombrada declaración de derechos humanos.
A partir de esta convención, se reconocen los derechos de la primera
generación, correspondientes a los derechos civiles y políticos que,
principalmente se orientan a tutelar la libertad, la seguridad y la integridad física
y moral de la persona, además de promover su derecho a participar en la vida
pública.
Derechos de la Segunda Generación:
Otro momento en la concepción actual de los derechos humanos, está
constituido por los derechos de segunda generación, referidos a los derechos
sociales, culturales y económicos.
Principalmente están dedicados a la protección del trabajo y a la promoción de
la seguridad social, observándose también como derechos colectivos de los
grupos o de los pueblos.
Surgen en estrecho vínculo con el ‘constitucionalismo social’. Asociado a las
ideas de principios del siglo XX que responden a la ‘cuestión social’, se
desenvuelven hacia la superación de las dificultades económicas y sociales
que imposibilitan el desarrollo pleno de la persona humana.
Están relacionados a la necesidad de propiciar condiciones de vida y acceso a
los bienes materiales y culturales, de conformidad a la ‘dignidad’ que está unida
a la familia humana.
La sujeción estatal, en lo referido a los derechos colectivos, es mixta. Por una
parte, en un ‘sentido positivo’ se refiere a obligaciones de comportamiento: la
actuación de los Poderes Públicos se ha de disponer de la más adecuada
forma para que estos derechos sean realizados. Por otro lado, en un ‘sentido
negativo’ se refiere a una obligación de resultado, es ilícita la acción
improcedente del poder político que implique el menoscabo, la lesión,
transgresión o violación de los derechos aquí mencionados.

Derechos de la Tercera Generación:

Por último, los derechos de la tercera generación, reconocen el carácter de
promoción del desarrollo humano mundial, el medio ambiente, el
aprovechamiento de los conocimientos tecnológicos y científicos, y otros
similares, con mirada global.
Se manifiestan, a partir del crecimiento del solidarismo jurídico, que se inscribe
como ideología en torno al proceso de descolonización y creación de un orden
mundial que se sustenta en los principios de la justicia y la vocación de
colaboración en el planeta.
Derechos de los Adultos Mayores: – Por otra parte, surge el reconocimiento de derechos de grupos específicos, de
los llamados grupos vulnerables o titulares de derechos específicos. Es así
que, tanto las convenciones de derechos de las mujeres y los niños, como las
declaraciones en favor de personas con discapacidad, migrantes y refugiados,
entre otros, resultan ser elementos de contexto para los derechos de las
personas adultas mayores.
Luis Alarcón plantea que: “La vulnerabilidad coloca a quien la padece en una
situación de desventaja en el ejercicio pleno de sus derechos y libertades (…)
esta circunstancia viola los derechos de los miembros más débiles de la
sociedad y los margina, razón por la cual el Estado tiene la responsabilidad de
proteger a estas personas, quienes frecuentemente desconocen cuáles son
sus derechos, ignoran los medios para hacerlos valer y carecen de los recursos
necesarios para acudir ante los sistemas de justicia”
6
.
Algunos de los elementos que pueden incidir en la vulnerabilidad son: Falta de
igualdad de oportunidades, Incapacidad para satisfacer sus necesidades
básicas, Desnutrición, Enfermedad, Incapacidad de acceder a los servicios
públicos y Marginación.
En el caso de las personas de mayor edad, se tiene la visión de vulnerabilidad,
pero también de titular de derechos.
Los Adultos Mayores como grupo vulnerable, pueden ser representados en
relación a la economía, como sector pasivo, como personas que no están
integradas a la actividad productiva, cuya precarización se manifiesta, entre
otras cuestiones, en la desigualdad de acceso a una situación de bienestar
social.
Tanto desde la falta de equidad de los sistemas de previsión, de los obstáculos
en materia de atención de salud, pero fundamentalmente, en torno a las
condiciones de entorno en que se desenvuelven las vidas de las personas de
mayor edad.
Al mismo tiempo, las imágenes que tienen existencia respecto de la vejez o las
vejeces, como elementos de exclusión, marginación, desintegración y
discriminación, frente a las cuales los derechos humanos tienen el imperativo
6 Op. Cit. (Alarcón Flores).
de justicia social que se representa en la subjetivación de las personas de
mayor edad, en una sociedad inclusiva e integradora.
El desarrollo de identidades transformadoras de las condiciones sociales de
existencia de la humanidad, se hace presente cuando se constata el necesario
ejercicio de los derechos humanos y fundamentales de la persona adulta
mayor.
Ante la situación de hecho que constituye la falta de garantía de las
necesidades básicas y condiciones dramáticas en algunos países para la vejez,
se manifiesta la condición del derecho, como idea fundante de una realidad que
quiere recobrar y reconfigurar, el valor de las personas de mayor edad.
Así bien, el enfoque de derechos quiere reconciliar las formas de existir de las
distintas generaciones de edad, como es menester, propiciando vivir en las
proximidades de un orden que ponga la ‘dignidad humana’ en la posición de
mayor importancia. – La Organización de los Estados Americanos (OEA) en su “Protocolo Adicional
a la Convención Americana sobre Derechos Humanos en Materia de Derechos
Económicos, Sociales y Culturales’ o ‘Protocolo de San Salvador’, se refiere a
los adultos mayores, de manera que:
“Toda persona tiene derecho a protección especial durante su ancianidad. En
tal cometido, los Estados Partes se comprometen a adoptar de manera
progresiva las medidas necesarias a fin de llevar este derecho a la práctica y
en particular a:
a) Proporcionar instalaciones adecuadas, así como alimentación y
atención médica especializada a las personas de edad avanzada que carezcan
de ella y no se encuentren en condiciones de proporcionárselas por sí mismas;
b) Ejecutar programas laborales específicos destinados a conceder a los
ancianos la posibilidad de realizar una actividad productiva adecuada a sus
capacidades respetando su vocación o deseos;
c) Estimular la formación de organizaciones sociales destinadas a
mejorar la calidad de vida de los ancianos”
7
.
En 1991, la Asamblea General de las Naciones Unidas aprueba la Carta de los
Principios a favor de las Personas Mayores. Entre los derechos que reconocen
estas disposiciones a las personas mayores, están la independencia, la
participación, los debidos cuidados, la autorrealización y la dignidad.
Expresa la Carta:
“Las personas de edad deberán:
7 Organización de los Estados Americanos. OEA. “Protocolo Adicional a la Convención
Americana sobre Derechos Humanos en Materia de Derechos Económicos, Sociales y
Culturales. ‘Protocolo de San Salvador’”. San Salvador, 1988.. Artículo 17. En: Pacheco
Gómez, Máximo. “Los Derechos Humanos. Documentos Básicos. Tomo I”. Editorial Jurídica;
Santiago de Chile, 1999. Pág. 319.
a) Tener acceso a alimentación, agua, vivienda, vestimenta y atención
de salud adecuados, mediante ingresos, apoyo de sus familias y de la
comunidad y su propia autosuficiencia.
b) Tener la posibilidad de trabajar o de tener acceso a otras
posibilidades de obtener ingresos.
c) Poder aprovechar las oportunidades para desarrollar plenamente su
potencial.
d) Poder disfrutar de los cuidados y la protección de la familia y la
comunidad de conformidad con el sistema de valores culturales de cada
sociedad.
e) Poder disfrutar de sus derechos humanos y libertades fundamentales
cuando residan en hogares o instituciones donde se les brinden cuidados o
tratamientos, con pleno respeto de su dignidad, creencias, necesidades e
intimidad, así como de su derecho a adoptar decisiones sobre su cuidado y
sobre la calidad de su vida.
f) Poder residir en su propio domicilio por tanto tiempo como sea posible.
g) Permanecer integradas en la sociedad, participar activamente en la
formulación y aplicación de las políticas que afecten directamente a su
bienestar y poder compartir sus conocimientos y habilidades con las
generaciones más jóvenes.
h) Poder buscar y aprovechar oportunidades de prestar servicios a la
comunidad y de trabajar como voluntarios en puestos apropiados a sus
intereses y capacidades.
i) Poder formar movimientos o asociaciones de personas de edad
avanzada.
j) Tener acceso a programas educativos y de formación adecuados.
k) Tener acceso a servicios de atención de salud que les ayuden a
mantener o recuperar un nivel óptimo de bienestar físico, mental y emocional,
así como a prevenir o retrasar la aparición de la enfermedad.
l) Tener acceso a servicios sociales y jurídicos que les aseguren
mayores niveles de autonomía, protección y cuidado.
m) Tener acceso a medios apropiados de atención institucional que les
proporcionen protección, rehabilitación y estímulo social y mental en un entorno
humano y seguro.
n) Tener la posibilidad de vivir en entornos seguros y adaptables a sus
preferencias personales y sus capacidades en continuo cambio.
ñ) Tener acceso a los recursos educativos, culturales, espirituales y
recreativos de la sociedad.
o) Poder vivir con dignidad y seguridad y verse libres de explotaciones y
de malos tratos físicos o mentales.
p) Poder participar en la determinación de cuándo y qué medida dejarán
de desempeñar actividades laborales.
q) Recibir un trato digno, independiente de la edad, sexo, raza o
procedencia étnica, discapacidad u otras condiciones, y han de ser valorados
independientemente de su contribución económica”
8
.
Garantía de los Derechos Humanos en el Mundo:
8
Organización de las Naciones Unidas. ONU: “Carta de los Principios a favor de las personas
Mayores”. Resolución 2/6/91 de la Asamblea General de 1991.

En el caso de ser, los derechos humanos, infringidos por Estados nacionales
que han ratificado los pactos e instrumentos internacionales –que reconocen
jurisdicción a organismos internacionales-, pueden ser reclamados en las
instancias que hagan efectivas las garantías de tales derechos.
Entre estas instancias están: – La Comisión de Derechos Humanos de la OEA, – la Corte Interamericana de Derechos Humanos, – la Corte Europea de Derechos Humanos.
Derechos Fundamentales en Chile:
A.- La Constitución Política de la República de Chile, con su texto refundido y
con las modificaciones efectuadas en septiembre de 2005
9
, es la carta
fundamental, rectora e instituyente del ordenamiento jurídico en el espacio
nacional. Mediante una figura de existencia jurídica, basada en el
contractualismo, se tiene que en los gobiernos democráticos y legítimos –tanto
en su origen, como en su ejercicio-, quienes gobiernan reciben un ‘mandato’.
Se dice que, el poder constituyente proviene del pueblo, el que actúa como
‘mandante’, al delegarlo en los ‘mandatarios’.
B.- La propia Constitución, consagra los Derechos Constitucionales, como
derechos fundamentales de la persona humana, en Chile
10
.
C.- La misma Constitución Política de Chile, establece Recursos
Constitucionales para garantizar los derechos a que se refiere
11
.
D.- La institucionalidad en el nivel nacional, entonces, emana de la Constitución
Política. En suma, también lo es, el régimen jurídico que se asocia a la política
relacionada con los adultos mayores. En este sentido, el carácter de sujeto de
derecho que se reconoce a las personas de mayor edad, en Chile, tiene su
momento crucial en la creación del Servicio Nacional del Adulto Mayor
SENAMA. Por medio de la promulgación de la Ley Nº 19.828
12
, este órgano es
creado con la misión de coordinar e impulsar la oferta pública de política social
para las personas de más edad.
El plano institucional de la intervención en favor de las personas de más edad,
se fortalece, primero, en el espacio local, con la conformación de los
Programas Municipales del Adulto Mayor, y segundo, la implementación de la
política social gubernamental, a través del Servicio Nacional del Adulto Mayor
SENAMA
13
.
9 Constitución Política de la República de Chile. En:
http://www.leychile.cl/Navegar?idNorma=242302 Consultado en Julio de 2009.
10 Op. Cit. (Constitución Política de la República de Chile).
11 Íbidem.
12 República de Chile. Ley Nº 19.828. En: http://www.leychile.cl/Navegar?idNorma=202950
Consultado en Julio de 2009.
13 Obreque Morales, Regina: “Representaciones Sociales de Dirigentes Adultos Mayores de
Uniones Comunales de Clubes”. Temuco – Chile; 2004. En web Red Latinoamericana de
Gerontología www.gerontologia.org. Consultado Octubre 2009. “Representaciones Sociales de

1.- Sandra Huenchuán comenta, sobre la configuración de los derechos
humanos y fundamentales, en los espacios que están tanto al interior, como al
exterior de los estados nacionales.
De este modo lo indica, en su texto de 2009: “la titularidad de los derechos
tiene como referente normativo los acuerdos y normas internacionales sobre
derechos humanos, sin embargo, la Constitución de cada país es la que
establece la jerarquía de dichos tratados dentro del ordenamiento jurídico
interno”
14
.
Sobre el carácter que adquieren los derechos de la persona humana en la
Constitución de la República de Chile, la autora dice que “los tratados
internacionales se asumen con un carácter más general, consignando el
respeto y promoción de los derechos humanos”
15
.
El efecto de reconocer explícitamente los derechos de las personas mayores
en las constituciones políticas, deriva en obligaciones para su cumplimiento,
vinculando a los poderes públicos.
Derechos Universales y Específicos – Derechos Individuales y Colectivos:
El devenir del movimiento mundial de los derechos humanos, tiene su acento
actual en la titularidad de derechos, que de manera simultánea se refiere a
todas las personas –derechos en su calidad de universales- y a grupos en
forma particular.
Es así, que los adultos mayores gozan del estatuto jurídico internacional junto a
todos los seres humanos de la ‘Tierra’, al mismo tiempo de contar con el
reconocimiento de su calidad de sujeto de derechos específicos, que les
permiten acceso a una mayor equidad social y económica, cuando su
existencia se presenta en situación de desventaja.
Así, los adultos mayores compartirían la suerte de otros grupos en desventaja u
opresión –mujeres, niños, indígenas, grupos culturales, personas en situación
de pobreza, discapacitados, migrantes, refugiados, etc.- con un reconocimiento
de su calidad de derechos específicos o particulares.
La diversidad de expresiones culturales humanas pone en mesa que, los
ideales de igualdad, libertad y fraternidad, se pueden conjugar con la
heterogénea configuración de sujetos de derechos, en las sociedades
presentes.
Fundamentación de los Derechos Humanos en la Integración Social:
Dirigentes Adultos Mayores de Uniones Comunales de Clubes. CHILE”. 2006. En Libro
“Adultos Mayores, Ciudadanía y Participación Democrática”. Editado ONG CEC y AWO
Internacional e.V.
14 Huenchuán Navarro, Sandra: “Envejecimiento, derechos humanos y políticas públicas”.
Comisión Económica para América Latina y el Caribe (CEPAL). Santiago de Chile, 2009. P. 31.
15 Íbidem. P. 31.

Los derechos humanos son susceptibles de fundamentación y justificación
política, toda vez que su representación de un sentido y significado, no estaría
dado apriorísticamente, sino asociado a su capacidad política de integración,
resolución de conflictos de acción, supervivencia de la especie humana.
Germán Bravo Goñi dice al respecto: “Es allí donde, en el límite o en su
concepto, el derecho deviene ‘humano’, esto es, sin más fundamento que su
propia autofundamentación”
16
.
La configuración de una fundamentación, que deriva en ética de la importancia
y vigencia de los Derechos Humanos, resulta primordial en la conservación de
la especie humana y la vida en el planeta.
Toda vez que la integración, en torno a nociones que relevan la ‘dignidad
humana’, antes que cualquier otro valor, podrá acrecentar las instancias de
comprensión de las diversidades en la esfera global, nacional y local, al tiempo
de disminuir las tensiones entre distintos actores mundiales, en distintos
espacios socioterritoriales, contextos socioeconómicos y esferas de
interrelación.
Derechos Humanos como Utopía y Horizonte de Sentido:

El discurso de los derechos humanos, con mirada planetaria, es consistente
con la noción de ‘horizonte de sentido’, cuya completitud talvez no sea
practicada, pero sí construye el sendero por el cual avanzar cada vez más en el
sentido de reconocer, proteger, promover y garantizar los derechos de toda
persona humana, en general, y de las personas de 60 años y más, en
particular.
El carácter universal de los Derechos Humanos se formula en torno a la
categoría política que adquieren éstos.
El mismo Lechner dirá al respecto que, esta calidad política, se configura en
relación al carácter utópico de los derechos humanos, o lo mismo sea decir, a
partir de los principios de la ‘Libertad’, ‘Igualdad’ y ‘Fraternidad’: “La politicidad
de los Derechos Humanos radica en la formulación de un ideal acorde al
desarrollo moderno del individuo: la comunidad de hombres libres e iguales. Es
mediante esa utopía del ‘buen orden’ que el conjunto de hombres y mujeres
puede trascender su existencia individual y ‘reconocerse en tanto
colectividad’”
17
.
Su particularidad política estaría presente, toda vez, que los DDHH como
categoría política se definen por su carácter utópico, es decir, por esa
capacidad que asume el discurso de los DDHH, de esbozar un horizonte, que
no necesariamente es alcanzado histórica y materialmente; más, es posible
encaminarse en la ruta del ejercicio de ellos.
16 Íbidem. P. 27.
17 Íbidem. P. 11.

II.- LAS POLÍTICAS
PRIMERO
Políticas Públicas y Derechos Humanos hacia un Nuevo Pacto Protección
Social:

De conformidad con lo que ya ha sido expresado, es viable identificar una
doble influencia de los elementos jurídicos y los de la política social,
mutuamente.
En los espacios global, regional –a nivel de América Latina y El Caribe-,
nacional y local, se puede hacer evidente la existencia de políticas, en su
carácter de ley, plan o programa.
Las políticas sociales del sector público del sector público, han de consistir en
la toma de lugar por parte del estado, en una agenda pública cuyas asuntos,
mediante la resonancia social demandan estar presente en la agenda de
gobierno.
No se trata de una concepción basada en la idea de asistir a personas con
necesidades, sino de una que tiene su fundamento en la calidad de las
personas de ser sujetos con derechos, en relación recíproca con las
obligaciones del Estado y la sociedad.
La identificación del desarrollo con un enfoque de derechos, en la óptica de
Sandra Huenchuán, “propicia la titularidad de derechos humanos de todos los
grupos sociales y, de ese modo, contribuye a que aquellas y aquellos, que en
el pasado fueron excluidos, en el presente sean tratados sobre la base de la
igualdad y del respeto de la dignidad humana, para favorecer la integración
social y, con ello, la construcción de una ‘sociedad para todos’”
18
.
Así, la situación de desventaja que ha acompañado a las personas de edad
más avanzada, les ha otorgado resarcimiento, a través del reconocimiento en
su calidad de sujeto de derechos como grupo.
CEPAL, a través de esta autora, lanza la propuesta de un ‘nuevo pacto de
protección social’, integrando a lo menos una dimensión normativa, una
procesal y otra de contenidos, para progresar en la ejercitación de derechos y
ciudadanía de todos los grupos sociales. Este pacto ha de ser inclusivo de las
demandas específicas y, tratándose de las personas de mayor edad, las
dimensiones expresadas asumen conceptos y contenidos desarrollados y
aplicados de manera particular.
La necesidad de un pacto de protección social, como se ha expuesto, incluye la
demanda de inclusión en plenitud de este grupo social, por lo mismo, es
menester que se efectúe el reconocimiento de las personas de mayor edad,
como sujetos y titulares de derechos, en forma general y específica, teniendo
como principios de contexto, el ser universal y solidario.
18 Íbid. Pp. 24-25.

SEGUNDO
Políticas Sociales a nivel Mundial:

En el mundo, el camino de promoción social, hacia una ‘Convención
Internacional de Derechos de las Personas Mayores’, resulta tener eco en los
diversos actores relacionados al envejecimiento y la vejez.
La construcción de un cuerpo legal que explicite los derechos humanos de las
personas de mayor edad, es antecedida por una serie de acciones políticas y
jurídicas. – En primer lugar, se halla la primera “Asamblea Mundial sobre el
Envejecimiento”, realizado en Viena en 1982; y el consiguiente “Plan de Acción
Internacional de Viena sobre Envejecimiento”, de 1983. En éstos, se consolidan
los primeros cuerpos legales en el derecho internacional a favor de las
personas de mayor edad y, se conciben los temas de la gerontología social, en
función del rol de los estados nacionales, en la promoción y protección de las
personas de sesenta y más años.
En el Informe de la ‘Asamblea Mundial sobre el Envejecimiento’ de Viena, los
estados del mundo delimitan un campo de acción e intervención social que, por
medio de las políticas públicas, enfrenten las cuestiones derivadas del
envejecimiento demográfico y el crecimiento de la población mayor.
Se refiere, también el informe a la situación de vigor de los derechos humanos
universales en el mundo, como situación de eficacia de los derechos de los
adultos mayores.
Así lo dice: “Los problemas humanitarios y de desarrollo de las personas de
edad pueden resolverse mejor en situaciones en que no prevalezcan la tiranía
ni la opresión, el colonialismo, el racismo, la discriminación por motivos de
raza, sexo o religión, el apartheid, el genocidio, la agresión y la ocupación
extranjeras y otras formas de dominación extranjera, y en las situaciones en
que se respeten los derechos humanos”
19
.
En segundo término, encontramos los “Principios de las Naciones Unidas en
favor de las Personas de Edad”, de 1991
20
. Como ya se ha dicho, entre los
derechos que reconoce este estatuto jurídico a las personas mayores, están la
independencia, la participación, los debidos cuidados, la autorrealización y
la dignidad.
Prosiguiendo, se puede indicar que el año 1999, es declarado por la ONU,
como el “Año Internacional de las Personas de Edad”. Con esta medida se
busca posicionar, en la agenda social y pública, el tema del envejecimiento.
Además, es el año en que se realiza un documento que comenta de forma
general la aplicación a las personas de mayor edad, del Pacto Internacional
sobre los Derechos Económicos, Sociales y Culturales, el que tiene por
nombre: Recomendación General Nº 6 del Comité de Derechos Económicos,
Sociales y Culturales”.
19 Íbidem. Nº 25 c). Página 9.
20 Organización de las Naciones Unidas ONU: Resolución 46/91 de la Asamblea General. En:
http://www.senama.cl/Archivos/715.pdf Consultado Julio de 2009.

Fundamental es el “Plan Internacional de Acción sobre el Envejecimiento” de
Madrid en 2002; surge consecutivo de la respectiva, “Segunda Asamblea
Mundial sobre el Envejecimiento” también de Madrid y en el mismo año 2002.
Este plan mundial, es reconocido en la actualidad, como orientador de la
política social y las acciones a desarrollar por la sociedad civil para favorecer el
desarrollo de los adultos mayores y de las contribuciones para la solución de
los problemas asociados con la vejez. Busca concertar alianzas entre actores
–sean del sector público, privado o ciudadanía-, que puedan, en conjunto,
enfilarse hacia esta ruta de promoción social y construcción de lo que este
mismo documento, con mirada intergeneracional, llama “una sociedad para
todas las edades”
21
.
Mediante el convenio, los países miembros de la Organización de las Naciones
Unidas, se comprometen y hacen suyo, el deber de proteger a la población
adulta mayor, y a promover políticas y medidas, en conjunto con la diversidad
de sujetos imbricados en el fenómeno que afecta principalmente al grupo
etáreo de los más mayores, en al menos tres aspectos: – Promocionar su salud y formas de vida saludables; – participar en el desarrollo económico de sus comunidades y beneficiarse de
él; – propiciar entornos sociales favorables
22
.
En la actualidad, SENAMA expresa la contribución que ha de realizar una
Convención Internacional de Derechos para las Personas Mayores. Así lo dice:
“Por lo tanto, una convención internacional amplia e integral para promover,
proteger y asegurar los derechos y la dignidad de las personas mayores/de
edad contribuirá significativamente a: Disminuir la dispersión normativa;
Incentivará la creación de instancias que observen los avances; Facilitará la
labor de los Estados responsables de la adopción de medidas legislativas y de
políticas a nivel interno que resguarden los derechos de las personas
mayores/de edad; Promoverá la inclusión y participación de las personas
mayores/de edad, con igualdad de oportunidades, en los ámbitos civil, político,
económico, social y cultural”
23
.
REGIÓN AMÉRICA LATINA y EL CARIBE – La Estrategia Regional de Implementación para América Latina y El Caribe
del Plan de Acción Internacional de Madrid, diseñada al año 2003, quiere
priorizar por los asuntos relacionados al envejecimiento y la vejez, en la
realidad de la región latinoamericana y caribeña. Además del antecedente
directo que es el Plan de Acción Internacional de Madrid sobre el
Envejecimiento, tiene fundamento en los
Principios de las Naciones Unidas en favor de las personas de edad
(independencia, participación, cuidados, autorrealización y dignidad) y se halla
en el Marco de los compromisos de la Declaración del Milenio del año 2000
21 Organización de las Naciones Unidas ONU. “Informe de la Segunda Asamblea Mundial
sobre el Envejecimiento. Madrid, 2002.
22 Íbidem.
23 Íbid.
(derechos humanos, seguridad económica, participación social, educación,
inclusión social, servicios de salud, entornos físicos, sociales y culturales,
desarrollo).
Así bien, además de encaminarse hacia una cobertura que se amplía, las
intervenciones con objetivo en las personas de más edad, requieren tener
como principios orientadores la solidaridad y la cohesión social, de manera que
se creen los contextos para una ‘protección social’ de toda la población, cuyo
contenido sea la inclusión de mejores niveles de bienestar y ejercicio pleno de
los derechos.
Comenta, Jaspers, sobre esto: “Ante este panorama, uno de los retos centrales
para América Latina y el Caribe radica en aprovechar el potencial positivo
creado por la transición demográfica y prepararse oportuna y adecuadamente
para enfrentar las nuevas necesidades que emergen de estos cambios, con el
fin de impulsar un desarrollo sostenible con equidad social en la región. Para
avanzar en este camino, es preciso estimar el valor y el significado que tiene el
contrato intergeneracional para cada sociedad”
24
.
La noción del envejecimiento como fenómeno articulado e integrado con las
necesidades de desarrollo de la sociedad entera –y no sólo de las personas
mayores de forma aislada-, ha de convocar a la evaluación, por parte los
gobiernos, de las políticas que implementan, para fortalecer las que se orientan
al establecimiento de una ‘sociedad que incluya a todos’, mediante un nuevo
pacto de protección social.

TERCERO
POLÍTICAS CHILENAS en favor de los Adultos Mayores:
Actualmente, la Política Social del Adulto Mayor de SENAMA tiene dos
principales contenidos: El Plan Nacional Conjunto y el Programa de
Intervenciones Innovadoras.
La ‘Política Nacional para el Adulto Mayor’, en su actualización de 2004,
expresa como valores que la orientan, la Equidad, la Solidaridad
intergeneracional y el Pleno respeto a la dignidad de los Adultos Mayores y al
ejercicio de sus derechos como personas y ciudadanos. Principios que rigen la
política, son Autovalencia; Envejecimiento activo y ciudadanía plena;
Prevención; Flexibilidad en la aplicación de la Política, considerando la
diversidad de las situaciones de los Adultos Mayores; Descentralización;
Subsidiariedad del Estado y su rol regulador; Manejo articulado e integral de la
información; Investigación e innovación integrada y constante; y, Equilibrio
entre Autonomía y Coordinación
25
. El objetivo general de la Política Nacional
para el Adulto Mayor es planteada así: “lograr un cambio cultural de toda la
población que signifique un mejor trato y valoración de los Adultos Mayores en
nuestra sociedad, lo cual implica una percepción distinta sobre el
24 Op. Cit. (CEPAL – Jaspers, Dirk; 2007). Página 37.
25 Gobierno de Chile. Servicio Nacional del Adulto Mayor SENAMA: “Política Nacional para el
Adulto Mayor (Actualización)” 2004. En http://www.senama.cl/Archivos/720.pdf. Consultado:
Julio 2009.
envejecimiento y la vejez, y así alcanzar mejores niveles de calidad de vida
para todos los Adultos Mayores”
26
.
Un movimiento de retorno hacia la protección social en Chile, se puede
apreciar significativamente en la Reforma Previsional. Este nuevo sistema de
pensiones tiene como principios: Derecho Universal a la Protección Social,
Solidaridad, Equidad Social, Eficiencia, Transparencia, Sostenibilidad,
Complementariedad e Integridad del Sistema.

Este movimiento en relación con las personas adultas mayores, tiene como
ejes, a ‘las personas mayores y el desarrollo’, ‘salud y bienestar de las
personas mayores’ y ‘construcción de entornos favorables para la vejez’.
Se puede decir que, de los programas que existen en la actualidad, una parte
significativa se destina a los adultos mayores pobres, incluyendo mecanismos
de tipo compensatorio.
Sobre los derechos humanos y las políticas de protección social, se refiere la
Presidenta de la República, Michelle Bachelet, en su discurso de mayo de
2009.
El sello de protección social que ha querido imbuirle a su gobierno, se condice
con las nociones de reparación de las violaciones a los derechos humanos y de
reconciliación entre amplios sectores de la sociedad.
Además, pone de manifiesto la necesidad de orientar la labor del aparato
público en la ruta de promover los derechos referidos al bienestar de los
ciudadanos.
Atención especial tienen los adultos mayores y la sociedad en general “desde
la cuna hasta la vejez”
27
.
Respecto de la identidad social de los habitantes de Chile, hace visible el
anhelo de “que la única noción de patria, sea esta urgencia de decir nosotros,
(como) decía el querido Mario Benedetti”
28
.
La visión país del bienestar, está presente en la frase que sigue: “El Chile del
Bicentenario cuenta con una red integral de políticas, servicios y programas
que hacen efectivos los derechos sociales que reconocemos a los
ciudadanos”
29
.
Los avances en materia de políticas públicas, lleva a reconocer que, “respecto
de la Reforma Previsional hemos cumplido con la tarea que teníamos de
implementar exitosamente esta transformación. Ha sido la reforma social más
26 Íbidem. P. 14.
27
Bachelet Jeria, V. Michelle: “Discurso presidencial 21 de mayo de 2009”. En:
www.cl.amnesty.org Consultado Agosto de 2009.
28 Ídem.
29 Íd.
grande de las últimas décadas y todos nos debemos sentir orgullosos de ella,
pero nos quedan cosas importantes por hacer”
30
.
En relación a las personas mayores y la política que se orienta a este grupo
erario, asevera que, “nuestros adultos mayores no pueden esperar, hemos
adelantando más de lo que estaba programado, el Sistema de Pensiones
Solidarias (…). Hemos habilitado viviendas acondicionadas para adultos
mayores (…). Pero lo que nos ha permitido tener hoy una red de protección
social es el haberse atrevido a mantenerla como prioridad nacional, contra
viento y marea”
31
.
CUARTO
Políticas en los Espacios Locales:

Sin lugar a dudas, lo local resulta ser un espacio preponderante en la
planificación y aplicación de las políticas de protección social.
Por un lado, es lugar en que se materializa la mayor injerencia de las personas
mayores y sus organizaciones.
Mientras que, por otra parte, la política nacional tiene su soporte territorial en
las comunas, provincias y regiones del país.
Las Municipalidades y la tendencia a la creación de los Programas Municipales
de Adulto Mayor, como ya se ha dicho, corresponde a un hito de tanta
importancia para el espacio local como lo es, en el ámbito nacional, la
constitución del SENAMA.
Una experiencia piloto, que es posible de observar, en materia de aplicación
de políticas sociales del sector público para los adultos mayores en el espacio
local, la constituye el ‘Proyecto Integrado de Desarrollo para los Adultos
Mayores’ de las comunas de El Bosque, Lo Espejo y San Bernardo. Esta
iniciativa es ejecutada por la ONG ‘Centro de Capacitación y Desarrollo CEC’,
entre 2002 y 2007, con financiamiento de la Agencia de Cooperación
Internacional Alemana AWO.
En este marco, el ‘Primer Seminario Intercomunal Sur de Adultos Mayores: Del
Plan Mundial a los Planes Locales de Envejecimiento’ y su registro, resulta ser
un valioso aporte a la comprensión y ejecución de las políticas públicas en un
movimiento recíproco entre lo global y el espacio local.
Encabezando esta iniciativa, se encuentra, la ‘Mesa Intercomunal Sur de
Adultos Mayores de El Bosque, Lo Espejo y San Bernardo’. Se trata de una red
organizacional de personas mayores de las tres comunas mencionadas y, que
se conforma de líderes y dirigentes de distintas organizaciones de esta zona
del sur de Santiago. Constituyen la ‘Mesa’, Dirigentes de Clubes de Adulto
Mayor, de Uniones Comunales de Clubes de Adultos Mayores, Asociaciones
de Pensionados y Montepiadas, organizaciones de personas mayores en torno
30 Íbidem.
31 Íbid.
al folclor, arte y cultura, otras de índole religiosa, agrupaciones de
emprendedores de la tercera edad y de usuarios de las instancias del gobierno
para las personas de más edad, entre otras formas de participación en las
comunas recién nombradas.
El ‘Primer Seminario Intercomunal Sur de Adultos Mayores’, es presidido por el
dirigente de la agrupación de pensionados de FAMAE y miembro de la ‘Mesa
Intercomunal’, Don Juan Méndez Hurtado. En su discurso de bienvenida al
Seminario, Don Juan expresa: “Me corresponde en representación de la Mesa
Intercomunal Sur de Adultos Mayores de las Comunas de San Bernardo, El
Bosque y Lo Espejo, el honor de darles la bienvenida a este evento, cuyo
objetivo es aportar a la generación de planes más realistas y locales para
abordar el tema del envejecimiento. (…) “Queremos aportar una mirada realista
desde los propios afectados acerca de los problemas que enfrentan los adultos
mayores y de las posibles soluciones a éstos” (…) “Todas estas medidas
creemos que son importantes, pero sin duda, falta mucho para que este sector
pueda vivir sus años con tranquilidad y con aceptable calidad de vida”
32
.
Para finalizar este punto, se reproducen fragmentos del discurso de despedida
del dirigente adulto mayor Don Juan Méndez, quien se refiere con énfasis, a la
situación de que la experiencia ha significado que sean los propios adultos
mayores, los que diagnostiquen su realidad, realicen ejercicios de planificación
local y adquieran compromisos, en lo que les afecta y mediante el desarrollo de
las políticas locales en su favor. Así se expresa Don Juan: “En mi opinión, este
evento ha sido provechoso y clarificador, ha tenido la virtud de escuchar las
ideas de los propios interesados en el tema del Adulto Mayor. (…) Con la
misma fraternidad con que los saludé en la mañana, me despido de ustedes,
en la seguridad que este trabajo constituye un avance en el análisis de
propuestas para mejorar las políticas para los Adultos Mayores”
33
.
QUINTO
Transformaciones en la mirada de sí mismos de los adultos mayores y su
correlato en las políticas de protección social:

El arriba citado documento de SENAMA expresa lo que ha significado éste
como un cambio de paradigma, que transita “desde el asistencialismo a una
perspectiva fundada en el enfoque de derechos que reconoce las valiosas
contribuciones existentes y potenciales de las personas mayores / de edad”
34
.
Este cambio ha sido estudiado, a partir del fenómeno de la participación en los
clubes de adulto mayor, por la socióloga Regina Obreque. Tomando de
32 Centro de Capacitación C.E.C.: Discurso Inaugural del ‘Primer Seminario Intercomunal Sur
de los Adultos Mayores de El Bosque, San Bernardo y Lo Espejo’. (Don Juan Méndez
Hurtado). Páginas 11-12.
33 Centro de Capacitación C.E.C.: ‘Primer Seminario Intercomunal Sur de los Adultos Mayores
de El Bosque, San Bernardo y Lo Espejo’ Discurso Clausura del Seminario. (Don Juan Méndez
Hurtado). P. 53-54
34 Gobierno de Chile. Servicio Nacional del Adulto Mayor SENAMA: ““El Por qué y para qué de
la III Reunión de Seguimiento”. Ponencia de la III Reunión de Seguimiento de la Declaración de
Brasilia ‘Por los Derechos de las Personas Mayores’. En: www.senama.cl. Consultado Octubre
de 2009.

Anthony Giddens la comprensión de los cambios actuales, desde las
transformaciones de lo que él llama modernidad, expresa el paso de una
política emancipatoria a una política de vida. Así dice ella: “La participación
social en Chile sufre un gran cambio a lo que fue décadas atrás. Desde los
años 90’, se comienza a identificar la participación moderna con modelos de
organizaciones más “personales” (PNUD: 2001), que acojen la carencia que
dejaba el clásico apostolado de la llamada política emancipatoria. La política de
vida es el modelo organizacional que esta guiando la participación social en
clubes de las personas mayores en nuestro país”
35
.
Los adultos mayores que son el sustento basal de su trabajo, han mencionado
estos aspectos de la siguiente manera:
“… es que la gente, mire, estaba en sus casas. Ahí estaban persécula, no se
comunicaban con sus demás pares, vivían enfermos; En cambio ahora hay
tanta actividad, que uno la alienta. Sabe usted que para mí esta reunión, los
grupos, ayuda a esto (tocando su cabeza) , yo siempre lo he dicho. Yo el año
92’ estuve con el cáncer- que yo- pensaban que me iba morir, usted me
hubiera visto, yo era una viejita, flaca, que me costo tres, cuatro años pa’
reponerme. (Cod. 03)”
36
.
“Entonces hay gente que esta muy aislada. La soledad, la soledad la ha hecho
salir de sus casas, y la información misma que les ha llegado, por tanto medios,
porque ya, la radio, la tele, la municipalidad, lo mismo nosotros aquí, que
estamos informando, invitando a la gente, que vengan… y los mismo médicos
incluso le recomiendan a los adultos mayores… ¡por qué no ingresan a un
club!.. ingresen a un club, eso yo lo he escuchado, yo se, por la misma salud…
saben que un club se hace gimnasia, por ejemplo, entonces eso les ayuda a la
salud, porque la gente esta viniendo más, porque tienen una vida más sana.
(Dirigenta Unión Comunal. Cod.O1)”
37
.
La autora, denota que la política de vida, como un proceso personal: “La
política de vida es la participación de los agentes en la toma de decisiones a
través de la acción basada en la fuerza de la realización y en la ética personal
(Giddens: 2000; 271). El concepto de política de vida se contrapone al de
política emancipatoria. Literalmente la Política de vida, “se refiere a los
compromisos respecto la cual no existen los ‘otros’, es característico de la
modernidad que la autorrealización sea esencial para la autoidentidad.
(Giddens: 1994; 147-148)”
38
.
35 Obreque Morales, Regina: “De abuelito a sujeto de derecho. Análisis sociológico de la
conversión social del adulto mayor y su resultante modelo de participación en Chile, Año 2005”.
Editado por Caballo de Mar. Santiago de Chile, Marzo 2006. En web
www.edicionescaballodemar.cl Consultado Octubre de 2009. Página 1.
36 Obreque Morales, Regina: “Representaciones Sociales de Dirigentes Adultos Mayores de
Uniones Comunales de Clubes”. Temuco – Chile; 2004. En web Red Latinoamericana de
Gerontología www.gerontologia.org. Consultado Octubre 2009. “Representaciones Sociales de
Dirigentes Adultos Mayores de Uniones Comunales de Clubes. CHILE”. 2006. En Libro
“Adultos Mayores, Ciudadanía y Participación Democrática”. Editado ONG CEC y AWO
Internacional e.V.
37 Íbidem.
38 Op. Cit. (Obreque Morales: “De abuelito …”) Páginas 1-2.

Luego, describe a qué se refiere el componente esencial de la política de vida
de Giddens, el individuo, expresando que: “La preocupación ha de ser,
entonces, la coordinación del beneficio individual y la organización planetaria.
Las relaciones políticas de los ‘agentes’ sociales, de Giddens, están en un
proyecto inclinado hacia las vivencias de un escenario personal rigurosamente
delimitado. La experiencia privada ha de tener una identidad personal que
descubrir, un destino personal que cumplir, convirtiéndose en una fuerza
política subversiva de grandes proporciones, dice Giddens”
39
.
Obreque, utiliza la episteme presente en la teoría sociológica giddesiana, para
señalar el proceso personal de los adultos mayores participantes en clubes.
El nuevo estilo de vida de los adultos mayores en clubes, implica un nuevo rol
con sus pares. De este modo, la solidaridad con su grupo de edad, se perfila
desde la consolidación de su individualidad y sus cambios en la relación con
los otros, como una misión personal.
Ahora bien, esta manifestación de radical politicidad en la participación de los
adultos mayores en los clubes y su reconocimiento como persona, deviene un
particular sujeto social, el ‘adulto mayor’ y, por tanto, su ‘conversión’ en sujeto
de derecho, es provocada en la autoidentidad de las personas mayores de su
condición de personas con derechos y deberes. Así lo dice la socióloga: “La
peculiaridad de la participación en los clubes de adulto mayor, reside en que la
pertenencia a ellos ocurre desde el reconocimiento de quienes los integran de
su condición de personas adultas mayores, lo que adquiere una relevancia
especial por cuanto se han convertido en un actor legítimo en la conquista de
espacios sociales, resignificando en este proceso asociativo, el fenómeno
participativo que provoca la compleja conversión en sujeto de derecho”
40
.
En el trabajo de Obreque, este análisis surge del registro del discurso de los
adultos mayores en clubes, de la siguiente manera se manifiesta éste: “Yo creo
que es el hecho de que la gente está tomando conciencia, de que tiene
derecho, y dentro de la misma organización, se tiene que dar cuenta que
también tiene deberes, ¡en todas partes hay derechos y deberes..! (cod.01)”
41
.
El estatuto de los adultos mayores, se traduce en organizaciones con
personalidad jurídica
42
, éste constituye el reconocimiento personal en un
proceso social basado en derechos, el sujeto adulto mayor es así, reconocido
como sujeto social de derecho, lo que les permite gozar de los beneficios que
otorga el derecho
43
. “Por otro lado, estas organizaciones de adultos mayores
39 Op. Cit. (Obreque Morales: “Representaciones …”).
40 Op. Cit. (Obreque Morales: “De abuelito …”). Página 2.
41 Op. Cit. (Obreque Morales: “Representaciones …”).
42 Regida por la Ley Nº 19.824.
43
Referido al goce de los atributos económicos que el derecho establece, para las
organizaciones de adultos mayores, la socióloga Regina Obreque Morales advierte sobre el
fenómeno del clientelismo, o sea, la relación de dependencia entre funcionarios y las
organizaciones, “producto, quizás, de la paradoja que se produce entre un proceso personal
sólidamente constituido, pero un proceso social débil aún organizacionalmente hablando” Op.
Cit. (Obreque Morales: “Representaciones …”).
están basadas en un concepto asociativo regulado por un marco jurídico de
personalidad jurídica que les permite acceder a fondos públicos
concursables”
44
.
La autora, expresa que en su origen este proceso de participación ha tenido al
Estado como inductor. Esto ha significado que los cambios que experimenta el
adulto mayor son provocados desde el aparato público, en el contexto
moderno, de las transformaciones mundiales. Aún así, las personas mayores
se han apropiado de este proceso que han vivido.
Por su parte, este cambio que desde la entidad pública ha sido significado
como ‘cambio de paradigma’, hace alusión al asistencialismo o a lo que
Obreque llama el ‘clásico apostolado’. Regina Obreque se refiere así al ‘cambio
cultural’, que se vivencia desde el: “’Viejo’ postergado en casa a ‘adulto mayor
activo’ (a partir de esto,) la mujer vivenciará y recordará un ‘antes’ de
precarización sin reconocimiento social a un ‘ahora’ con derechos; y una
institucionalidad protectora, identificada, principalmente, por la creación del
SENAMA. El ‘antes’ y el ‘ahora’ son etno-categorías de representación social
del proceso que experimentan los adultos mayores dirigentes de Uniones
Comunales”
45
.
El carácter de los sueños de los adultos mayores, lo que perciben en su
horizonte, se refiere a sus condiciones de vida inmediatas y concretas, en las
que son ellos mismos los protagonistas de los cambios en su propia vida. Es en
este sentido, los dirigentes adultos mayores se refieren a la vulnerabilidad de
sus pares, con la necesidad de transformaciones sociales, asociadas a esto
que ha descrito la autora como un proceso originado en la persona.
Así bien, a partir de la comprensión de Obreque, adquiere especial interés, la
feminidad en las organizaciones de personas mayores. La relevancia del
proceso vivido por las mujeres adultas mayores, las hace más visibles que sus
pares del sexo opuesto.
Sobre los cambios en el rol histórico de las féminas, la autora prosigue:
“Gracias a la complejidad que llevan envueltos los fenómenos modernos, las
personas mayores han logrado revertir hoy la situación que los ubicaba en una
de las más bajas categorías sociales de nuestra cultura – específicamente el rol
doméstico -, debido a una generalizada toma de conciencia y revalorización
como persona, enriquecidas por este radical proceso participativo que implica
la política de vida”
46
.
La lectura giddesiana que realiza la socióloga, es aplicada al movimiento social
de los adultos mayores, de modo que, los cambios de la modernidad inciden en
que, la realización personal mediante la autoidentidad de las mujeres mayores,
provoca el ‘cambio cultural’ que ha aparecido aquí.
44 Op. Cit. (Obreque Morales: “Representaciones …”).
45 Op. Cit. (Obreque Morales: “Representaciones …”).
46 Íbidem. Página 5.

Las prácticas que realizan los clubes, permite a Obreque afirmar que estas
organizaciones tienen una identidad femenina constituida por el más arriba
mencionado proceso de conversión social de las personas mayores.
La voz de las mujeres mayores y la necesidad de ser oídas, hasta este
momento en un contexto privado, han dado origen a un tiempo nuevo en que
las fuerzas de la autorrealización desbordan este espacio privado y se insertan
en un movimiento social de mayor envergadura, el reconocimiento social de los
derechos humanos de todos los adultos mayores. Regina Obreque Morales,
asevera sobre esto: “la existencia de una figura legal internacional es favorable
en la conquista de un escenario local, protegiendo y fortaleciendo esta
conversión social a sujeto de derecho”
47
.
Esta necesidad de universalidad de los derechos humanos y, en forma
específica, de los derechos humanos de las personas mayores, insta a la
creación de ‘La Convención Internacional de los Derechos de las Personas
Mayores’.

A modo Conclusivo de este Excurso:

La necesidad de integrar la diversidad de cuerpos legales relacionados con los
derechos humanos y las políticas de protección social en torno a las personas
mayores, nos ubican en la posición de avanzar y consolidar la creación de una
Convención Internacional de Derechos de las Personas Mayores.

Mucho esfuerzo y una comprensión que se expande, nos ubica en la ruta de
convocarnos y caminar hacia el ejercicio de los derechos y la implementación
de la política en favor de las personas mayores.

Un acercamiento a la noción de derechos humanos como comprensión de la
noción de proceso, nos lleva a encontrar un sentimiento y una sensibilidad de
fraternidad universal. Así mismo, la protección social resulta ser
simultáneamente un asunto de solidaridad y de cohesión social; se trata de una
cuestión de comprender la sociedad, como cuerpo social.
La dimensión procesual que adquieren los derechos y las políticas orientadas a
las personas de mayor edad, nos pone en una dimensión planetaria. La
fragmentación de los distintos instrumentos jurídicos, así como las diversas
miradas de la realidad de los adultos mayores, han de integrarse en un
proceso, que tiende al crecimiento del valor de una cultura basada en los
derechos, que se universaliza. Ese es el alcance que tiene la comprensión de
una noción de humanidad que se argumenta, justifica y demuestra en el
devenir de la modernidad.
Los procesos sociales han de ser conducidos en este trance, de manera que se
establezcan los mecanismos de control e intervención de las acciones y
órganos encargados de ejercitar los derechos, y reactivar las políticas en caso
47 Íd. Página 4.
de contracción de las ideas de humanidad
48
, a la que se puede acompañar de
las ideas de dignidad de la persona humana y fraternidad.

De este modo, el derecho puede ser una expresión del deseo de acuerdo
social que los pueblos humanos han de darse, toda vez que se argumenta que
el cambio social hacia una cultura enfocada en los derechos humanos, es la
base de las políticas, entendidas también como políticas sociales.
La concomitancia de los mencionados procesos, así como la incorporación
intersectorial, pueden y han de favorecer las instancias de participación y
protección de las personas de mayor edad.
El sujeto que nos ocupa, los adultos mayores, se ha transformado en sujeto de
derecho.
Tanto los poderes públicos, como la iniciativa privada, así como las
expresiones y manifestaciones de la sociedad civil, con relevancia de las
organizaciones que configuran movimiento social, en especial las personas
mayores, han de encontrarse en acciones que favorezcan la inclusión de los
diversos sujetos sociales, en una cultura y sociedad con pertenencia de
distintas identidades e igualdad de diversas personas en situación de
vulnerabilidad, en donde, respecto del envejecimiento, la intergeneracionalidad
sea elemento preponderante de la integración social.
Las acciones que es necesario desarrollar, en favor de las personas de mayor
edad, en este momento
49
, son: – Crear una “Convención Internacional de Derechos de las Personas
Mayores”. – Instituir un Órgano Internacional de Protección de los Derechos de las
Personas Mayores. – Evaluar y monitorear estas acciones, en el marco de las políticas
públicas.

  • El carácter vinculante de una Convención Internacional sobre los Derechos de

los Adultos Mayores, obliga a los Estados a ejercitar sus disposiciones. Este
instrumento ha de consagrar tanto los derechos civiles y políticos, como los
económicos sociales y culturales de las personas mayores (Derechos de la
primera, segunda y tercera generaciones). También, han de consagrar los
derechos especiales del Adulto Mayor, tales como el derecho al descanso, a la
dignidad de sus últimos días, a la paz y garantizar la protección de las
personas de edad frente a los malos tratos y la violencia.
48 Un ejemplo de los recursos investigativos disponibles sobre la vigencia de los derechos
humanos en Chile, es el “Informe Anual sobre Derechos Humanos en Chile”. Universidad Diego
Portales. Facultad de Derecho. En:
http://www.udp.cl/derecho/derechoshumanos/informesddhh/informe08.htm. Consultado
Noviembre de 2009.
49 En este punto es menester acudir al Proyecto de Acuerdo del Senado, aprobado por esta
instancia y cuya noticia aparece en la página web del Senado del 03 de enero de 2007. Esta
iniciativa es presentada por los senadores Pedro Muñoz Aburto y Alejandro Navarro Brain, de
cuya autoría gozan. Op. Cit. (Senado de la República de Chile).

  • En este proceso de cambio, es posible avanzar más o menos rápido. La

decisión de otorgar mayor o menor jurisdicción a un órgano internacional de
protección de los derechos de las personas mayores, ha de ser principalmente
una decisión de los pueblos.

  • Ahora bien, la evaluación y monitoreo de estas acciones en el marco de las

políticas públicas, ha de operacionalizarse de manera que: – Se establezcan indicadores de cumplimiento de los compromisos
adquiridos, que constituyan un Índice de Compromiso Cumplido
50
. Éste
índice puede sumarse y también ser constituido, por los Indicadores de
Calidad de Vida y el Índice de Calidad de los ELEAM. – Los procedimientos jurídicos han de ser establecidos con conocimiento
social. Es necesario también favorecer el control y seguimiento
ciudadano. En concomitancia, ha de ampliarse la comprensión de estos
derechos. La ciudadanía debe saber cuáles son los mecanismos de
ejercicio de los derechos, que la reflexividad moderna ha justificado
como derechos inalienables e inherentes a la dignidad de la persona
humana. – La comunidad científica, por su parte, es convocada a propiciar y facilitar
los procesos de comprensión, del proyecto al que somos llamados todos
los actores, de esto que hemos nombrado como la conciencia sobre la
fraternidad humana.
Latinoamérica y El Caribe, se encuentran en el tránsito de favorecer la
realización de los derechos humanos. Mediante la disposición de las mejores
condiciones para esta tarea, los gobiernos de la región se encuentran en la
posibilidad de incidir en la consolidación de un sistema social inclusivo,
integrador, con la capacidad de responder a las desigualdades sociales, de
manera de respetar a cada persona en una individualidad que se realice por su
trabajo, que encuentre identidad, sentido y memoria en las colectividades, en la
noción de un nosotros.
Debemos, así, aprovechar esta oportunidad histórica de reconocer a nuestras
personas mayores, como habitantes de más larga data en este planeta, con la
dignidad que poseen y que es de toda su propiedad.
La historia humana, está compuesta de muchas historias personales. En su
interrelación se han entrelazado los tejidos de la especie humana. En sus
géneros se han especificado diferencias físicas y biológicas, que socialmente
se han traducido en encuentro. En sus edades se logra hoy, que la
50 Una buena estrategia de acercamiento al enfoque y a la metodología mencionados, es
estudiar al menos la publicación coordinada, desde FLACSO-Chile, por Teresa Valdés, Ana
María Muñoz y Alina Donoso: “1995–2003: ¿Han avanzado las mujeres? Índice de
Compromiso Cumplido Latinoamericano”, presentada en Nueva York, en la Sesión de
Naciones Unidas Beijing +10, como un ejemplo de monitoreo y fiscalización de los Acuerdos de
Beijing, a favor de las Mujeres del Planeta, por parte de la Sociedad Civil. En:
http://flacso.org.br/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=399. Consultado: Octubre de
2009.

vulnerabilidad se torne experiencia, que el olvido sea memoria, que las
manifestaciones identitarias transformen la rabia en creación y que ante el
cansancio pongamos sentido.
Chile, en su calidad de sede de la Comisión Económica para América Latina y
El Caribe tiene, entre otras tareas por implementar, la responsabilidad de
reconstruir la historia del Desarrollo en la Región.

De la teoría de la dependencia, hemos pasado a una situación de
interdependencia mundial. Las teorías del desarrollo se han complejizado en
una actualidad que demanda actuar desde la reflexión.

Al tiempo de la extensión de los procesos de globalización, se han fortalecido
los procesos de desarrollo local. La sala Raúl Prebich, en su entorno de
circularidad y con la presencia de las banderas de los países de la Región, ha
acogido a líderes y dirigentes adultos mayores, en sus propios procesos de
empoderamiento y fortalecimiento de sus organizaciones. Han estudiado,
reflexionado y opinado sobre las disposiciones de Madrid 2002. En condiciones
de concomitancia, han constituido redes como la Mesa Intercomunal Sur de
Adultos Mayores. Y, al partir, han significado un ejemplo para sus pares
sobrevivientes, para quienes se incorporan al eslabón demográfico de las
personas mayores y para toda la sociedad.

La Cooperación Internacional ha favorecido estos procesos y su multiplicación
es fundamental en este gran desafío de hoy, que es consagrar los derechos de
las personas de mayor edad.

La instancia participativa de los Consejos Asesores Regionales de Mayores,
constituida en relación directa con SENAMA, en la actualidad tiene el desafío
de fortalecer sus liderazgos, favorecer su autonomía y la representatividad
respecto de sus bases, al mismo tiempo en que se integran a los procesos de
discusión y deliberación sobre la creación de la Convención Internacional de

Derechos de los Adultos Mayores.

La participación social de las personas de mayor edad, ha de favorecer
procesos de desarrollo local, en primer lugar, en el sentido de que las
comunidades locales accedan a la manifestación de su propio poder, en el
espacio público; al mismo tiempo de participar en la opinión respecto de lo que
les afecta, los ciudadanos mayores, sus organizaciones, agrupaciones y
movimientos sociales, han de ser partícipes de la toma de decisiones sobre
estas materias; la planificación y la implementación de las políticas sociales, así
como su evaluación, control y monitoreo, han de ser también, realizados con la
participación de los adultos mayores, para sus comunidades locales.

La etnias, las razas, las identidades sexuales, las distintas edades –que se
interrelacionan cada vez más, a medida que se incrementan los procesos de
encuentro-, así como las condiciones como las discapacidades, las personas
en situación de migrantes y migrados, las personas en situación de pobreza,
indigencia o en situación de calle y toda forma de exclusión o vulnerabilidad, se
suman en este proyecto humano que constituyen la vocación de progreso,
protección del medio ambiente, acceso al conocimiento y a la tecnología y
todos aquellos elementos, como la cultura y las artes, el desarrollo, la paz,
entre otros, que nos convocan los derechos humanos y la vocación de
fortalecer y expandir las democracias.

Las instituciones que se han construido en estadios anteriores al actual estado
de la democracia y la modernidad -tales como los partidos políticos, las
instituciones armadas, las iglesias, entre otras-, tienen también su propio
llamado a constituir cauces para la expresión de los pueblos del planeta, en el
contexto de este movimiento global.

El trabajo que hemos iniciado como sociedad, tanto en sus liderazgos y expresiones populares, como aquellos estatales y privados, nos indica el camino a seguir, en este proceso conjunto de construir bienestar: una mejor calidad de vida, en un mejor mundo.

Las votaciones del 2015, mercado y poder

Las votaciones del 2015, mercado y poder
septiembre 01, 2014 Voces Comentar
Publicado en: Contracorriente – Dagoberto Gutiérrez, Nacionales, Política, Voces Ciudadanas

Con anticipación, con premura y con abundantes noticias, las empresas partidarias se preparan para las competencias del 2015, es como el juego que se entabla entre los guepardos y las gacelas en el desierto del Kalahari, ambas son a muerte, ambas tienen premura y también transcurren a pleno sol, claro que en ambas no son visibles los hilos determinantes de la cacería.

El 2015 se realizará una votación culminada porque la sociedad de Mercado Total que funciona en El Salvador puede desplegar a sus criaturas en la llanura. Veamos atentamente las piezas maestras de la maquinaria electoral: se trata de un juego, el juego llamado democracia en donde los jugadores ya no son ni ciudadanos ni electores, son apenas, muy apenas, votantes y esto quiere decir que son clientes de una serie reducida de empresas que participan en el mercado de los votos.

Estas empresas son partidos políticos previamente registrados pero no controlados, con autorización para participar en el negociado de los votos, estos clientes carecen de derechos porque el juego en el que ellos participan tienen reglas establecidas sin su participación, tampoco tienen derechos para controlar y mucho menos fiscalizar la gestión de los candidatos por los que ellos votan, es decir estos clientes son ciegos de nacimiento pero siempre siguen votando, una y otra vez.

En el 2015 las empresas partidarias llevan a los cargos públicos a sus jefes y propietarios, a una cabecera que garantice que el botín de la administración de la cosa pública funcione como una verdadera empresa con condiciones para hacer negocio, los mejores negocios en donde el mercado cuente con la subordinación de los aparatos estatales en beneficio de la ganancia y la utilidad, de eso se trata el acceso a un cargo público, es más en algunos casos los jefes no llegaran a ser ni funcionarios pero tendrán el cargo por si lo necesitan tanto para su seguridad como para las decisiones importantes.

En este momento han desaparecido todos los linderos y las fronteras ideológicas, porque todos y todas las empresas son eso, empresas y como nunca, en ningún momento anterior tuvimos ante nuestros ojos la evaporación de izquierdas y derechas, de centros o de liberales. Todos los participantes funcionan como mercaderes en un mercado gigantesco que ha sido convertido en sociedad y que ha alterado la relación por que antiguamente, el mercado era parte de la sociedad mientras que hoy es la sociedad la que busca acomodo en el mercado, es la sociedad la que es parte del mercado, las votaciones del 2015 son el escenario que presenta este drama muy real y muy amargo.

Entre uno y otro participante no funcionan linderos ideológicos como ya hemos dicho; pero tampoco funcionan alambradas programáticas, se trata de evitar, a toda costa, que la clientela aprenda a mirar las cosas que no se miran, a volver visible lo invisible, a entender lo que es oscuro, a distinguir entre los amigos y los enemigos, a descubrir además sus propios intereses y a pensarse como clase para sí, todo esto es lo que constituye el pensar político.

El trabajo de las empresas llamadas partidos políticos consiste en evitar justamente eso, el pensar político, porque se trata precisamente de impedir el acceso a la política y a la lucha política de millones de personas que no deben descubrir que serán fuertes cuando construyan su propia fuerza, por eso todo el mercado electoral debe permitir ahuyentar y desterrar todo olor y todo color a realidad, de tal manera que los clientes voten por colores, por sonidos, por rostros; pero no por caminos de salida a la crisis, mucho menos por proyectos que garanticen el trabajo digno, ni el pan, ni el agua, ni el futuro de nadie, se trata de una danza de candidatos y de votantes en un carrusel que no tiene principio ni fin.

Por supuesto que funciona una alianza entre partido político y aparatos ideológicos y esta alianza establece que la campaña debe empezar lo más pronto posible porque así y solamente así, aumentará el negocio para las televisoras, radios, diarios y revistas, y además rápidamente la cabeza de los clientes es amarrada y maniatada en el poste encebado de la publicidad y el carrusel de luces y colores embruja rápidamente a sus víctimas.

El botín es atractivo y jugoso, garantiza control y cartas de negociación, actualmente la clase dominante sigue siendo la burguesía oligárquica tradicional que controla los aparatos fundamentales, el judicial y el legislativo políticamente y el ejecutivo filosófica y políticamente, pero hay una burguesía en ascenso que es la que controla una parte del ejecutivo que busca negociar con esta cúpula, para participar en los mejores negocios; su control del aparato legislativo numéricamente y de los gobiernos locales es una carta negociadora fundamental y eso, precisamente eso es lo que se juega en el 2015, en otras palabras es el equilibrio entre la política y la economía.

Esta relación se mueve históricamente y en unos momentos predomina una y en otros momentos predomina otra, en uno la economía y en el otro la política, actualmente es, a nivel planetario la economía la que establece el juego y la regla, pero el problema es que teniendo poder para impedir el cambio de reglas resulta que el juego deja de funcionar eficientemente a partir de sus propias dolencias internas, eso ocurre en El Salvador donde resulta ser el Estado, ese poder oscuro, fáctico aunque no visible el que ya no expresa la realidad y las correlaciones que se mueven en la sociedad actual y el orden establecido ya no es el orden funcionante, a todo esto se le llama Crisis Histórica, pero las votaciones del 2015 no están en sintonía con la solución a este problema que es el problema fundamental del proceso político del país, es decir el problema del Estado, el problema del poder político real y la necesidad de una nueva democracia que supere a la electoral y camine por la vía de la participación.

Veremos cómo funciona la clientela el día de mercado.

México: La cruda verdad del obradorismo

México: La cruda verdad del obradorismo
Manuel Aguilar Mora · · · · ·

31/08/14

La victoria revolucionaria no es de ningún modo el fruto maduro de la “madurez” del proletariado. La victoria es una tarea estratégica. (León Trotsky, Clase, partido y dirección en España (1940)

La Carta abierta que el ex diputado Gerardo Fernández Noroña dirigió a Andrés Manuel López Obrador (AMLO) el pasado 12 de agosto representa una ruptura significativa en el movimiento populista burgués, de orígenes neocardenistas, surgido en 1988. Noroña sobresalió durante años como uno de los principales impulsores del obradorismo en el PRD y tuvo una destacada actuación en la legislatura de 2009-12 como diputado del Partido del Trabajo (PT) en una bancada parlamentaria en donde impugnó consistentemente el curso de los legisladores del PRI y el PAN sin olvidarse de recordarles infatigablemente su responsabilidad en el fraude electoral de las elecciones presidenciales del 2006 cometido contra AMLO.

Crisis y bancarrota del PRD

Dicho movimiento, fundamento del surgimiento del Partido de la Revolución Democrática (PRD) en 1989, dominó durante 25 años la política de los grandes sectores de las masas populares que se oponían al curso gubernamental, constituyéndose desde entonces en el movimiento que avasalló y ocupó el espacio de la izquierda existente, quedando sólo girones testimoniales de la izquierda socialista y clasista. De hecho desde ese año, el surgimiento del movimiento esencialmente electoral encabezado por Cuauhtémoc Cárdenas, Porfirio Muñoz Ledo y la Corriente Democrática expulsada del PRI, se llevó tras de sí a los grupos nacionalistas como el de Heberto Castillo, a los lombardistas y a la mayoría de la entonces existente izquierda socialista y clasista integrada por el viejo partido comunista con sus variadas transformaciones, prácticamente a todos los grupos maoístas y castristas y/o guevaristas e incluso a no pocos trotskistas. A partir de entonces la “izquierda en México” con el PRD a la cabeza fue sinónimo de electoralismo, parlamentarismo y colaboracionismo. En síntesis del más crudo cariz conciliador.

Pero después de más de 25 años de dominación de los métodos conciliadores y moderados de la “izquierda perredista” la situación del país ha descendido a profundidades insospechadas de desigualdad, miseria y violencia reaccionaria. Ante la avalancha que significaron las movilizaciones y protestas contra los fraudes y la imposición priistas, la cúpula gobernante concibió en los años 80’s, con la complicidad del Partido de Acción Nacional (PAN), un plan de “transición democrática” desde arriba que en el 2000, con la victoria de Vicente Fox, el primer presidente no priista, inauguró una caricatura de democracia parlamentaria burguesa. Durante los dos sexenios panistas de Fox y Calderón la degradación y corrupción completas del equipo de recambio fue la tónica con una cereza en el pastel de un colosal fraude en las elecciones presidenciales en 2006. Se recrudeció la violencia con la militarización del combate al narcotráfico en el gobierno de Calderón y así se preparó para 2012, la restauración triunfal del PRI que representa el actual gobierno de Peña Nieto, avalado desde el inicio institucionalmente con el Pacto por México integrado con el trío de los partidos mayoritarios PRI, PAN y PRD. Fueron más de 20 años en que abusando de la confianza de las masas la dirección del PRD acumuló derrota tras derrota para el pueblo mexicano, al mismo tiempo que las jerarquías perredistas se integraban a los puestos gubernamentales, a las curules legislativas y se repartían enormes cantidades de recursos financieros que por ley el Estado concede a los “partidos registrados”, a través del Instituto Federal Electoral (IFE) hoy transformado en Instituto Nacional Electoral (INE), sin que el cambio de letras refleje un cambio sustancial.

Resultado, hoy cual una enorme pirámide los trabajadores y el pueblo pobre y oprimido confrontan la terrible realidad de la contrarrevolución que constituye el cúmulo de las reformas promovidas por Peña Nieto en los campos político, educativo, laboral, de las telecomunicaciones y fiscal.

Las contrarreformas votadas durante 2013 y el presente año, culminando con las “leyes secundarias” aprobadas la primera quincena de agosto por el Congreso de la Unión, significan la venta de las riquezas energéticas (hidrocarburos, electricidad) a las grandes trasnacionales imperialistas. Son la anulación completa del legado de la Revolución mexicana, en especial de los grandes acervos del gobierno de Lázaro Cárdenas (1934-1940) y el regreso a la situación semicolonial de completa dependencia y subordinación del país a los intereses imperialistas.

La razón misma de ser de la existencia y legitimidad popular del PRD tanto bajo la dirección de Cuauhtémoc Cárdenas como de la de López Obrador se fundaban ante todo en la defensa de ese legado cardenista original. El PRD se autoerigía como el partido que reivindicaba los mejores logros de la Revolución mexicana, traicionados por el PRI en complicidad con el viejo partido contrarrevolucionario, el PAN surgido en 1939 precisamente con el expreso propósito de echar abajo los logros revolucionarios de la nacionalización del petróleo y la electricidad. Ante el fracaso total de la estrategia del PRD, tanto del sector vinculado a Cárdenas como del vinculado a AMLO, quien ahora encabeza un nuevo partido, el Movimiento Regeneración Nacional (Morena) era muy difícil que no surgieran rupturas y críticas profundas en sus filas.

La carta abierta de Fernández Noroña a AMLO es la primera demostración, todavía con muchas limitaciones pero de una orientación hacia la izquierda, de esta crisis de la estrategia conciliadora y colaboracionista del PRD y de la incapacidad de AMLO de proyectar un nuevo curso revolucionario.

Crisis del liderazgo conciliador

Noroña de entrada define a la contrarreforma energética “como el mayor despojo a nuestra nación en toda su historia”, de un calado, según él, incluso mayor al “robo de más de la mitad del territorio que sufrimos” después de la derrota nacional en la guerra con Estados Unidos de 1847-48. Se pregunta sobre cuál es la razón de que “el pueblo no se haya levantado ante semejante agravio”. Y entonces considera que existen muchas razones para tal situación pero que hay una que tiene especial importancia, se trata de la cuestión fundamental del liderazgo. Dice él: “ese liderazgo marca su conducta, define su actuar y materializa las acciones que la gente realiza para hacer frente a estas ofensivas”. E inmediatamente añade una crítica directa, sin atenuantes a la estrategia conciliadora de AMLO, señalando su enorme responsabilidad: “Ese liderazgo hasta el día de hoy está en tus manos. Y lejos de impulsar una línea de lucha y resistencia, has decidido una línea de no confrontación”

“Una crisis de liderazgo”, precisamente esa es la causa fundamental de la situación deprimente y desastrosa a la que han sometido los grupos dominantes al pueblo mexicano, cuyos arrestos combativos e impulsos de resistencia y sacrificio no los ha escatimado en estos más de dos decenios marcados por movilizaciones y luchas importantísimas pero siempre orientadas a un callejón sin salida por su dirección conciliadora y colaboracionista del PRD y ahora de AMLO.

Noroña repasa la lista de inconsecuentes actitudes y medidas de AMLO en la lucha contra el curso contrarrevolucionario del presidente panista Calderón y ahora contra el gobierno de Peña Nieto: ocultando derrotas, perdiendo tiempo precioso convocando numerosas concentraciones sin proponer planes de acción concretos y negándose a la convocatoria de movilizaciones combativas, tardíamente anunciando un cerco al Senado durante las sesiones de las votaciones energéticas decisivas que un infarto le impidió encabezar a AMLO y quien, sin respetar las instancias de Morena, nombró a su primogénito como el dirigente de las manifestaciones como, apunta Noroña, “si nuestro movimiento fuera una monarquía”.

Noroña sigue sin bajar la mira crítica y le hace notar a AMLO su contradictoria conducta con respecto a “la consulta” popular en 2015 para lograr echar abajo las contrarreformas de Peña que en un principio rechazó como improcedente y que ahora ha propuesto a Morena a que participe en ella, sin por otra parte convocar a unirse con el PRD, que también ha decidido recurrir a tal consulta para derogar las contrarreformas. Y a continuación le lanza las preguntas siguientes:

“En verdad crees que respetarán las firmas y realizarán una consulta una vez que han entregado el petróleo y la energía eléctrica a las trasnacionales? En el remotísimo caso de que hiciesen la consulta, ¿en verdad crees que respetarían el resultado de la misma, que sin duda sería de rechazo a las contrarreformas legales, y que sacarían a las trasnacionales petroleras del país respetando la voluntad popular?”

Noroña reconoce que AMLO no puede ser tan ingenuo como para creerse todo eso pero entonces lo conmina a que sea consecuente y que no puede permitirse seguir sin que nada hubiera pasado, “jugando con las expectativas de la gente”. Y ya encarrerado en su curso afila su bisturí crítico y francamente le señala el error que comete orientando a Morena a un curso destinado al fracaso irremediable:

“Peor aún, me parece que lo que está implícito en tus declaraciones, es que pretendes generar la impresión que de ganar la presidencia en 2018, darás marcha atrás a estas contrarreformas neoliberales. Te han robado a ti y al pueblo de México la presidencia de la República en 2006 y 2012. ¿En verdad crees que en 2018, con las trasnacionales petroleras saqueando al país respetarán un triunfo tuyo a la presidencia de la República? Si no lo respetaron en 2006, cuando las petroleras estaban parcialmente dentro y de manera ilegal explotando nuestro petróleo, o en 2012 que ya se habían metido en serio las trasnacionales, ¿por qué lo harían en 2018, teniendo el control absoluto de nuestras riquezas y contando con “aval” constitucional?”

Contundente Noroña apunta que “la vía electoral está cerrada para acceder a la presidencia” e insta a AMLO a que todavía está tiempo de corregir su error de creer que en 2015 se podrá avanzar mucho y que el 2018 está muy lejano, por lo que no hay que esperar hasta las elecciones de ese año para derrotar al bloque contrarrevolucionario del PRIAN y obligar a renunciar a Peña Nieto por medio de “una rebelión no violenta para iniciar el proceso de recuperación de la libertad de nuestro pueblo”. Finalmente termina haciendo la siguiente convocatoria para las tareas inmediatas:

“Por todas estas razones te emplazo a modificar tu posición, a participar en un amplio movimiento de unidad de todas las fuerzas progresistas, nacionalistas, democráticas, de izquierda en el país, para detener primero, y revertir después, estas contrarreformas neoliberales”.

Consecuencias de las derrotas

La situación de hoy está condenando a las grandes masas a ir de crisis en crisis, de mal en peor. Noroña con su carta expresa que en el obradorismo comienzan también a aparecer por fin signos evidentes de crisis. No es para menos. El propio Noroña tiene una trayectoria que incluye fuertes cuestionamientos, después de todo él fue parte fundamental de la bancada de diputados obradoristas en la legislatura de 2009-12. Su posición no se diferenció en nada de la adoptada por AMLO y sus allegados en acontecimientos clave que afectaron terriblemente a los trabajadores. Nos referimos en especial a la liquidación por Calderón de la compañía de Luz y Fuerza del Centro, con el aplastamiento consecuente que significó en 2009 el golpe tremendo al más viejo sindicato, fundado durante los años revolucionarios, el Sindicato Mexicano de Electricistas (SME). Esta derrota de los trabajadores que sólo puede compararse con la que sucedió exactamente 50 años antes con motivo de la gran represión con el ejército de la huelga ferrocarrilera por parte del gobierno priista de López Mateos en 1959, provocó el hundimiento de proyectos de resistencia que tenían en el SME su principal motor y guía. Aparte de declaraciones y actitudes rituales sin efecto decisivo alguno, la dirección sindical de Martín Esparza no reaccionó ni de lejos con la contundencia que el terrible golpe ameritaba. Y en ello coincidió por completo con la dirección obradorista con la que tal liderazgo sindical estaba ligada por múltiples lazos.

Igualmente es necesario recordar que desde 2006 ya era evidente la enorme responsabilidad de AMLO en la dirección de un movimiento de masas de proporciones colosales que en lugar de ser el bastión para los cambios políticos drásticos necesarios, por ejemplo un paro nacional, fue dilapidado y dejado como un mero factor de presión sin grandes consecuencias. Fue el propio AMLO quien se jactaba que “no se rompió un vidrio” en la más grande manifestación de descontento en la historia reciente de más de un millón de personas que protestaban en la ciudad de México contra el fraude electoral de julio de 2006. Y también en esos momentos de gran tensión en 2006, el cretinismo electorero obradorista se expresó cuando en los días en que se cernía la amenaza de represión sobre la Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca (APPO), AMLO decidió, en lugar de apersonarse en Oaxaca irse a Tabasco a apoyar la campaña de un candidato ex priista del PRD. El tal candidato resultó derrotado y la represión conjunta de la policía federal y oaxaqueña aplastó a la APPO.

Y ya en 2012 ¿cómo no señalar el escandaloso acuerdo electorero entre AMLO y la dirección conciliadora de los Chuchos del PRD que le permitió a éstos auparse en los más de 16 millones de votos conseguido por AMLO en las elecciones presidenciales para sus acuerdos con Peña Nieto en el Pacto por México?

Noroña avanza no precisamente un gran trecho en su crítica del curso obradorista que ha resultado por completo incapaz de organizar una verdadera estrategia y un bloque popular resistente contra la feroz contraofensiva de un poder depredador implacable en la consecución de sus objetivos contrarrevolucionarios, pero ha producido una ruptura. Seguirán otras.

El poder y el dinero

Una de las cuestiones principales que la situación actual pone en el centro de la discusión del movimiento contra Peña Nieto y el bloque que lo apoya y se beneficia de las medidas de su gobierno, es la cuestión de la estrategia.

El meollo del discurso político de AMLO es el de la ideología liberal de Benito Juárez, un discurso que se enfrentaba a los resabios de la colonia española, a los poderes dominantes en la Nueva España que seguían siendo muy poderosos en el México independiente: los grandes terratenientes y la iglesia católica también propietaria de grandes extensiones de tierra. Pero 150 años después la sociedad mexicana es por completo diferente a la prevaleciente en los tiempos de la Reforma juarista.

El discurso liberal decimonónico se desplegaba fundamentalmente al nivel de las instancias jurídicas, ideológicas y (anti)religiosas. Era un discurso político en el sentido más limitado del término. Por ello para AMLO los grandes problemas nacionales están hoy vinculados principalmente con el funcionamiento del Estado, es un discurso estatista que fustiga la antidemocracia y muy en especial la corrupción estatal. Sus enemigos son ante todo, los altos dignatarios gubernamentales y por supuesto sus partidos, en particular el PRI y el PAN, aunque hoy tendrá que confrontar también a la alta jerarquía perredista.

Para él el panorama social y económico del país se concentra en el Estado y en sus derivaciones políticas centrales. Cuando desciende de las alturas políticas a los niveles sociales, ciertamente constata las grandes llagas que hieren a la población: la miseria, los bajos salarios, el desempleo, la violencia creciente. Pero jamás profundiza en la estructura económica que es la causa primordial de la situación deplorable actual del pueblo mexicano. No hay en él la menor elaboración sobre la situación del régimen capitalista subordinado y dependiente a la economía mundial imperialista.

En el discurso de AMLO no se encuentra una sistematización de la crítica a la voracidad y a la enorme corrupción de los capitalistas mexicanos y extranjeros. En sus iracundas piezas oratorias no hay una denuncia a los horrores del capitalismo. Sus objetivos no son anticapitalistas los únicos cuya resolución podrán lograr el éxito de la lucha por mejores salarios, por el pleno empleo, por el mejoramiento sustancial de las condiciones de salubridad y educación públicas, por la desaparición del secreto bancario, por la expropiación de los grandes negocios energéticos, industriales, comerciales y financieros para ponerlos bajo el control de sus trabajadores. Sin este programa anticapitalista la lucha por la verdadera transformación revolucionaria no se puede plantear realistamente pues la fuente de la catástrofe socioeconómica nacional es el sistema capitalista dominante.

El discurso obradorista se concibe como “republicano”. Es el de la ideología liberal que aspira a crear un país como el que Juárez, según AMLO, quiso para México e instauró en la República restaurada en el siglo XIX. Ni siquiera enfatiza en su discurso político las gestas revolucionarias de los caudillos plebeyos Zapata y Villa como los representantes más radicales de los intereses populares en los acontecimiento de 1910-19.

La lucha revolucionaria hoy en día ciertamente se confronta al Estado, entidad fundamental que avala, mantiene y preserva las condiciones de la reproducción del capitalismo. El Estado es el centro nervioso del sistema, pero el poder estatal capitalista no es el factor del dominio fundamental en la sociedad burguesa. El poder absoluto socioeconómico, y en última instancia decisivo al nivel político, pertenece a la clase dominante (con sus diferentes fracciones, en especial los capitalistas trasnacionales y los grandes burgueses “nacionales”). Pertenece a la clase propietaria de la riqueza nacional, es decir, en la sociedad burguesa el poder absoluto es el del dinero, es de la riqueza, es del Capital, es el origen de todas las políticas y de todas las corrupciones. Poder en la sociedad burguesa significa dinero. Por eso, por ejemplo, la cuestión de la corrupción gubernamental, de los funcionarios, de los partidos, de los diputados y senadores, en suma la corrupción y decadencia del sistema político imperante, que constituye el objetivo central en el discurso obradorista no se puede atacar meramente planteando la reducción de los honorarios y enormes privilegios de los funcionarios públicos. Siendo evidente que es una demanda completamente correcta, lo que fundamentalmente hay que añadir, y ello no lo hace AMLO, es que el poder corruptor de los recursos en manos de los capitalistas es cien veces mayor y circula sin freno alguno en todos los niveles gubernamentales en la forma de sobornos, “moches”, coimas y los numerosos métodos para comprar influencias y privilegios que tienen las grupos capitalistas para penetrar e influir y determinar las decisiones del gobierno.

El nuevo periodo

Estamos ante un nuevo periodo de la lucha de los trabajadores de México y es evidente que las presiones, los reacomodos y las revisiones de las fuerzas políticas estarán a la orden del día. Lo significativo de la carta abierta de Noroña es que ha surgido una ruptura política indudable en el seno del movimiento populista más poderoso del país y además claramente hacia la izquierda del mismo, algo que no había sucedido desde 1988.

Las repercusiones están por verse pero de entrada se puede decir que los argumentos y las propuestas responden a una situación real, a las condiciones de cientos y de miles de trabajadores, estudiantes, maestros y pueblo en general que se están haciendo muchas de las mismas preguntas de la carta de Noroña.

El llamado final de la carta es sentido ampliamente por las diversas fuerzas que consideran por completo agotada y contraproducente la estrategia electoralista y conciliadora del PRD y ahora también de AMLO. Para nosotros esta convocatoria no puede significar sino la lucha por un frente lo más amplio y unido posible de las fuerzas de los trabajadores, de los pobres del campo y las ciudades verdaderamente democráticas, revolucionarias e independientes de la burguesía, el Estado y sus partidos.

Del lado del gobierno de Peña la acción se desarrolla viento en popa. Uno de los directores generales de Pemex declaró que las autoridades de la compañía petrolera nacional se han reunido ya con los representantes de las trasnacionales Chevron, Shell, Exxon, BP, Petrobras, Ecopetrol, PetroChina, la empresa nacional iraní, Cubapetroleo, Petróleos de Venezuela entre otras. Igualmente la Comisión Federal de Electricidad realiza negociaciones para la construcción de infraestructura de energía eléctrica y gasoductos. (La Jornada, 18.08.14).

Con las limitaciones inherentes a la posición política de Noroña, lo que destaca de la polémica abierta por él es el sentimiento que ha estado latente en innumerables manifestaciones, gritado en consignas de los participantes pero jamás retomado por las direcciones conciliadoras. En México las condiciones de un gran paro nacional están madurando en la medida que los acontecimientos se aceleran, Noroña se está haciendo eco de un sentimiento cada vez más compartido por grandes sectores de masas. Hasta hoy ninguna dirección sindical, con excepción de la corriente magisterial disidente la CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación), ha convocado a la preparación de un paro nacional. Ciertamente en los sindicatos de petroleros, electricistas, telefonistas, de trabajadores de la educación y de la salud serán necesarios poderosos movimientos de la base para derrotar y echar abajo las direcciones burocratizadas conservadoras e inmovilistas que tienen postrado al movimiento organizado de los trabajadores. Pero la gravedad de la crisis plantea con toda su urgencia este objetivo.

Las condiciones de un paro nacional han estado madurando aceleradamente. En 2006 una lucha radical contra el fraude gubernamental era muy posible que se transformara en un gran paro nacional. Faltó la voluntad política revolucionaria.

Regionalmente existen experiencias de la maduración de las condiciones de rupturas revolucionaria impulsada por las masas trabajadoras del campo y la ciudad. Destacan los ejemplos del EZLN en Chiapas todavía vigente y el de la APPO en Oaxaca reprimido. La descomposición social y sus repercusiones de corrupción y represión crudas en todos los niveles gubernamentales ha producido el surgimiento de los grupos de autodefensa en especial en los dos estados en que esas condiciones de descomposición están muy avanzadas Guerrero y ante todo Michoacán, pero los brotes de las autodefensas están en Jalisco, en Sinaloa, en Tamaulipas y se propagarán en la medida en que el gobierno federal continúe con su política de intervenir militar y policiacamente en los estados sin realmente ir al fondo a la solución de los problemas del desempleo, la existencia de poderosos carteles de narcotráfico y la corrupción consiguiente que conllevan.

Hacia una estrategia revolucionaria

Para triunfar es necesario una estrategia revolucionaria correcta. No es posible lograr victorias de otra forma. La estrategia del triunfo es la anticapitalista. Una lucha que aspire al surgimiento de un México nuevo en el que su destino recaiga en manos de las masas trabajadoras y sus aliados pobres y oprimidos del campo y las ciudades. La organización revolucionaria es clave para lograr este objetivo: una organización que incluya a las fuerzas verdaderamente independientes, democráticas e internacionalistas.

La voluntad política para lograr estos objetivos también está madurando. Los proyectos de alianza y coaliciones prosperan cada vez más. Todavía no cuajan en la constitución de un real frente nacional de lucha contra el gobierno de Peña Nieto y su política pero la tendencia apunta a que ello sucederá con la participación consciente y decidida de los sectores en movimiento. Destaquemos dos de ellos.

En San Salvador Atenco 112 organizaciones se reunieron el 16 y17 de agosto convocados por el Frente en Defensa de la Tierra del lugar cuya lucha heroica data de más de una década defendiendo sus tierras contra el megaproyecto de un nuevo aeropuerto para la megalópolis del valle de México. Entre los participantes se encontraban representantes de poblaciones que defendían sus territorios de los proyectos depredadores de minería a cielo abierto, gasoductos, terminales eléctricas, aeropuertos, despojos de empresas petroleras y gaseras.

Convocado por las normales rurales se reunirán cientos de organizaciones campesinas, sindicales, estudiantiles y de pobladores en general en el Congreso Social de Ayotzinapa, Guerrero los días 30 y 31 de agosto para discutir variados temas entre los cuales la cuestión de la convocatoria de una Asamblea Constituyente.

Son jalones de organizaciones, promesas de combates, expresiones de un movimiento social que va madurando a un ritmo cada vez más acelerado para ponerse a tono con la velocidad de la crisis que está precipitando a México a una cita fundamental de su historia en este inicio del siglo XXI, exactamente en las fechas en que se celebra el centenario de los triunfos más significativos de los ejércitos plebeyos de Villa y Zapata en la Revolución mexicana.

Manuel Aguilar Mora, historiador y profesor de la UACM, es militante de la Liga de Unidad Socialista (LUS) de México.

Madera, 27 de agosto 2014

Aporte de los estudiantes universitarios al movimiento revolucionario

Aporte de los estudiantes universitarios al movimiento revolucionario
Wed, 07/24/2013 – 23:09
by editor
Para que no olvidemos
Entrevistas
PRTC

Aporte de los estudiantes universitarios a surgimiento y fortalecimiento del movimiento revolucionario

Francisco Jovel Urquilla

Francisco Jovel, Secretario General del Partido de los Trabajadores Centroamericanos (PRTC). Secretario de Zona de 1979 a 1992. Conocido durante la guerra como “Roberto Roca”, Comandante del PRTC. Firmante de lo Acuerdos de Paz. En 1988, amenaza de abandonar el FMLN si no se hace nada para detener los asesinatos de Mayo Sibrián. Abandonó el FMLN en 1999, en medio de divergencias generadas en ese entonces entre las corrientes renovadora y ortodoxa.

Francisco Jovel pqn olvidemosFrancisco Jovel, expone sobre la situación de los medios en la época de guerra. Miércoles 18 de enero de 2012 (Foto: Diario Co Latino/Rosa Campos).
Toma de Conciencia del Pueblo y el Papel Contrainsurgente de los EE.UU.

El movimiento de masas tuvo como principales impulsores a elementos jóvenes, fundamentalmente estudiantes, sin menospreciar el papel que pudieron haber jugado jóvenes obreros. El papel más dinámico, mas evidente, lo jugaron estudiantes, sobre todo, estudiantes universitarios provenientes de sectores medios de la sociedad y otros jóvenes de extracción muy popular, los cuáles habían podido acceder a los estudios universitarios, gracias al proceso de reforma universitaria que durante los años 60 había impulsado la Universidad Nacional de El Salvador, durante la rectoría del Dr. Fabio Castillo Figueroa, quien hay que recordarlo había sido candidato presidencial en la segunda mitad de los años 60, y que por cierto, fue la primera candidatura auténticamente de izquierdas presentada por el Partido Acción Renovadora (PAR), que obtuvo una cantidad significativa de votos, a pesar del carácter autoritario del Régimen.

Ahora, ¿Qué es lo que hace posible el movimiento de masas? Hay que tomar en consideración que el Gobierno de Estados Unidos había forzado a las dictaduras militares de América Latina, y particularmente en Centro América, a impulsar ciertos procesos de democratización restringida, como mecanismo político para intentar contrarrestar el impacto y el influjo internacional que la revolución cubana estaba experimentando en América Latina.

No podemos perder de vista que en Venezuela, Nicaragua, Guatemala y otros países de América Latina, habían surgido movimientos guerrilleros de gran importancia, inspirados por el éxito político militar de la revolución cubana. En Centro América las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Guatemala (FARG) tuvo un papel destacado durante los años 60 y lo mismo puede decirse del impacto que experimentó el surgimiento del Frente Sandinista en Nicaragua.

Además de las “aperturas democráticas”, la Alianza para el Progreso que era parte de la política de contrainsurgencia norteamericana tenía el propósito de impulsar ciertas formas de asistencia económica y social, que aliviara de alguna manera, los seculares esquemas que tenían profundamente empobrecida y desnutrida a la población de América Latina.

Había programas por ejemplo, de distribución de leche en las escuelas, para la gente de escasos recursos, como un complemento alimenticio para el desayuno; distribución de ropa, víveres y algunos artículos o piezas para cocinar. Todo ello acompañado como siempre sucede con este tipo de programas cuando los impulsan los Estados Unidos y los Gobiernos anti populares de una gran propaganda política anti comunista y anti revolución cubana.

Recuerdo algunos pequeños folletos que nos repartían en las escuelas, en donde en Cuba – supuestamente- les quitaban los niños a las familias y el Estado se hacía cargo de ellos, los indoctrinaba y les sacaba a Dios de la cabeza. Por supuesto, este tipo de propaganda, de mala propaganda, da risa a estas alturas.

A finales de los 60, con los graves problemas económicos y políticos del país, más las motivaciones de las luchas revolucionarias internacionales, la situación política había madurado; el pueblo salvadoreño había tomado conciencia de la lucha popular para los cambios y estaba a la orden del día la búsqueda de la reforma agraria y la reforma urbana. Incluso en el libro “El Salvador la Tierra y el Hombre”, escrito por David Browning catedrático de Oxford desde una perspectiva académica, objetiva e imparcial, se deduce que propone o sugiere al Gobierno, que promueva una serie de transformaciones, sobre todo en el agro, de manera que le sirvieran como medida correctiva y, además, preventiva de un posible alzamiento o levantamiento popular.
Reformas del Gobierno y Surgimiento del Movimiento de Masas

El Gobierno, en vez de tomar medidas correctas para superar la situación crítica que vivía el país, comenzó a impulsar reformas como la Educativa y la Urbana, con el propósito de impedir la proliferación de tugurios y la creación de un cinturón de miseria en las ciudades, ya que en ese período estaba muy dinámico el flujo migratorio del campo hacía la ciudad.

Estas reformas del Gobierno y sus acciones anti populares, motivaban el resurgimiento del movimiento de masas y la organización, con la participación de los estudiantes universitarios y el gremio magisterial, con maestros de secundaria y de primaria, que ya para 1968 realizaron la primera huelga de ANDES y si no me equivoco, la segunda fue en 1972. A la cabeza de esas huelgas y movimiento de masas estaban el profesor Mario López y la profesora Mélida Anaya Monte. Mario fue posteriormente miembro de la Comisión Política del PRTC, y Mélida Segunda Responsable de las Fuerzas Populares de Liberación (FPL). Ambos fueron secretarios generales de ANDES 21 de Junio.

Este movimiento tuvo un impacto muy significativo en los estudiantes de bachillerato, que después, al incorporarse a la Universidad Nacional y a la Universidad Centroamericana José Simeón Cañas (UCA), jugaron un papel importante en el desarrollo y crecimiento del movimiento estudiantil y de masas.

La UCA era vista en ese período de los años 60, como una Universidad de elite; posteriormente se fue transformando y adoptando un enfoque de mayor compromiso social y político en sus planteamientos, ya que el terreno de las cuotas para estudiar seguía siendo elitista, aunque también incorporó una política de cuotas diferenciadas, tipo becas, para estudiantes de escasos recursos.

La incorporación de los maestros a la lucha de masas fue muy importante, porque debemos recordar que el profesor tiene un impacto muy grande en la Comunidad. Existen cuatro tipo de personas que inciden y son respetadas en la Comunidad: el maestro, el cura, el médico y los militares; y estos últimos, porque nuestro país ya sufría, para mediados de los sesenta, más de treinta y cinco años de dictadura militar, en donde los jefes de destacamentos, los comandantes, y en general los militares, ejercían un poder absoluto en la población. Pero sucede que con las huelgas de los maestros de ANDES, se da una ruptura en el relativo acuerdo tácito de complicidad entre esos cuatro grandes sectores de la sociedad. El gremio magisterial dejó de ser un gremio dócil para el Gobierno, los sacerdotes también empezaron a experimentar un proceso de importantes cambios, dejando poco a poco la docilidad que los había caracterizado y pasando a jugar un papel más crítico y activo en favor de los cambios sociales y de justicia que necesitaba el país. Todo esto creó una brecha o fisura, entre el sector conservador del clero y el sector cada vez más progresista y radicalizado de la iglesia, llegando a finales de los 70 a su máxima expresión con la testimonial y ejemplar vida de compromiso de Monseñor Oscar Arnulfo Romero, que llegó a convertirse en la “voz de los sin voz”.

Los médicos en ese período, en su mayoría seguían siendo un gremio que actuaba con una actitud muy servil, tolerante e indiferente frente a la problemática política del país, dada su situación de ser un sector muy privilegiado de la sociedad. Los militares por supuesto, continuaban siendo un sector comprometido y ligado directamente con el proceso autoritario y represivo del gobierno y a favor de los intereses oligárquicos. Dicho de otra manera, tres sectores experimentaron una gran crisis de ruptura con lo que había sido su papel tradicional en el País: los maestros, los sacerdotes y, además, los médicos, que empezaron a experimentar la existencia de un grupo de personas con posiciones un poco más críticas, y que en la Universidad de El Salvador fueron promotores de la Reforma Universitaria en la cátedra de medicina pública, esfuerzo que generaba conciencia del papel que el Estado debía jugar respecto a la medicina preventiva y curativa, dados los grandes y graves problemas de salud pública que padecía el País.

Ante la efervescencia de la organización popular y la creciente conciencia de lucha, la dictadura arreció sus medidas represivas y autoritarias, y para contrarrestar preventivamente el auge de la organización campesina, creó la Organización Democrática Nacionalista (ORDEN), que era prácticamente la institucionalización de todo un sistema de represión paramilitar en el campo y que abarcaba todo el territorio nacional. Esa organización se confrontó rápidamente con el trabajo que las religiosas y religiosos hacían en el campo, organizando a los campesinos en el movimiento cooperativista y concientizándolos de acuerdo a las recomendaciones de la Doctrina Social de la Iglesia. Incluso, en esos años 70, se comenzó a incrementar la represión y persecución a los sacerdotes, como por ejemplo el caso de la captura e intento de asesinato del padre Chencho Alas, quien promovía la organización de las cooperativas campesinas en Suchitoto y el Cerro de Guazapa. Posteriormente Chencho se incorporó al movimiento de masas del PRTC.
Aporte de los Estudiantes Universitarios al Proceso de Concientización y Organización Popular

Los hechos de agresión militar en contra de los campesinos, más el trabajo de concientización que los estudiantes universitarios realizábamos en esas zonas del campo, profundizaron la toma de conciencia política y social. A finales de los 60 y parte de los 70, yo iba con un grupo de estudiantes universitarios a la zona de Suchitoto, a visitar los cantones de Mirandilla, Palo Grande y otro lugares del Cerro de Guazapa, con la tarea de dar charlas políticas y a realizar consultas médicas, al mismo tiempo que distribuíamos gratuitamente la dotación de medicamentos que llevábamos, ya que la situación económica y de salud era absolutamente precaria.

La situación de pobreza y represión generalizada, dio lugar a que los estudiantes y profesores se pusieran a la cabeza del movimiento, para organizar a los sectores populares. Fue un proceso de concientización que les llevó a una motivación fundamentalmente política más que económica. No se trataba del surgimiento de un sindicato, ya que estos surgen a veces, más presionados por las necesidades económicas, dado su carácter fundamentalmente economicista, porque están oprimidos por el sistema económico y social y se ven forzados a luchar por preservar para sí una parte cada vez más justa del valor que su trabajo agrega a lo producido. En cambio, en el caso salvadoreño, cuando hablamos sobre todo de los estudiantes, estamos hablando de un sector cuya motivación fundamental era, más que de carácter económico, de carácter eminentemente político.
Cuestionamiento a las Formas Tradicionales de Lucha Política

¿Cuáles son los efectos que tiene la participación de los estudiantes y maestros en el movimiento de masas? En mi análisis, concepción y conclusión, el trabajo político campesino y estudiantil dio lugar a un rápido cuestionamiento del movimiento político tradicional, vinculado sobre todo a la lucha electoral y lucha sindical. Hay que reconocer que la lucha electoral requería de una terrible batalla contra los esfuerzos del régimen por mediatizarla, por reprimirla y por mantenerla dentro de sus parámetros, en los cuales solo se permitía algún tipo de participación por medio del voto, pero sin la posibilidad de acceder al poder, sobre todo a nivel del ejecutivo. La presidencia de la república o de cualquier otro órgano fundamental del Estado, estaba reservada para los poderosos. Por supuesto que hubo algún tipo de participación en alcaldías, como fue el caso de la Democracia Cristiana, que durante los años 60 y 70 tenía el control de la alcaldía de San Salvador y habían ganado algunos diputados vinculados a los sectores más radicales de la Democracia Cristiana y al Partido Comunista (PC), a través de la Unión Democrática Nacionalista (UDN). Rafael Aguiñada Carranza y Dagoberto Gutiérrez fueron diputados del Partido Comunista (PCS) vía UDN. El primero fue asesinado por sicarios de la derecha y, el segundo fue comandante guerrillero y es uno de los firmantes de los acuerdos de paz; actualmente está fuera del FMLN actuando como analista independiente y académico.

Posteriormente, la UDN en alianza con el Partido Demócrata Cristiano (PDC) y el Movimiento Nacional Revolucionario (MNR), junto a otras fuerzas no partidistas, formarían la Unión Nacional Opositora (UNO).

Es cierto que en ese período finales de los 60 y principios de los 70 la ebullición política en El Salvador había llevado la lucha electoral a su nivel de máxima expresión, lo que dio lugar a que la alianza Partido Demócrata Cristiano, el MNR (Social Demócrata) y el Partido Comunista ganaran las elecciones presidenciales en 1972, aunque la derecha les arrebato fraudulentamente la victoria.

El Partido Comunista, desde 1931 con el golpe de estado de Maximiliano Hernández Martínez, y sobre todo después de la matanza de indígenas de 1932, había estado sometido a la ilegalidad y la clandestinidad, pero había logrado, a través de una serie de formas indirectas de participación política, conducir a un buen sector del movimiento gremial y sindical y sobre todo, no dejar de participar indirectamente en la lucha electoral. No obstante, el PC de hecho aunque no de palabra se había venido oponiendo de forma sistemática al ejercicio de las formas de lucha radicalizada y sobre todo de lucha armada. Pero, para los años setenta esos sectores de estudiantes y maestros a que me he referido, y personas escindidas del PCS, habían sometido a cuestionamiento esos métodos privilegiados por el Partido Comunista; se planteaban la interrogante de si estos métodos y formas de lucha eran realmente los que harían posible, en el caso particular de El Salvador, propiciar, promover y conquistar las transformaciones políticas, económicas y sociales de contenido verdaderamente revolucionario.

Comandantes F5 pqn olvidemos

De izquierda a derecha: Comandantes Schafik Handal (PCS-FAL), Joaquín Villalobos (ERP), Eduardo Sancho (FARN), Salvador Sánchez Cerén (FPL), y Francisco Jovel (PRTC).
Lucha Ideológica y Ruptura del Partido Comunista

Durante los primeros diez años del 68 al 78, en la izquierda salvadoreña estuvo a la orden del día la lucha ideológica, relacionada justamente a ese tipo de debate, que también se estaba dando a nivel internacional, en torno a la guerra en Viet Nam, la lucha anticolonialista en África, la muerte del Che Guevara, el mayo del 68 en París y el auge de la guerrilla urbana en el cono sur de América Latina; eran temas y sensibilidades que se confrontaban con la política de coexistencia pacífica de la URSS y su línea de apoyar la “Transición pacífica a formas no capitalistas de desarrollo” en el tercer mundo. Por otro lado teníamos los planteamientos del eurocomunismo, triunfo de Salvador Allende en Chile y el movimiento Hippy con su lema de “Paz y amor”.

Esa lucha adquirió desde luego, entre maestros y estudiantes universitarios, un dinamismo muchísimo más grande, lo que acompañado al fenómeno de la guerra con Honduras en el 69 y al papel político que el PC había sostenido respecto a ese conflicto, destapó una lucha ideológica más abierta, lo que contribuyó a la ruptura del Partido Comunista, dando lugar a la renuncia y escisión de su Secretario General y, posteriormente fundador de las FPL, Salvador Cayetano Carpio.

A partir de ese fenómeno, surgió un debate cada vez más intenso, teniendo su expresión más evidente en la Universidad Nacional, dado que en el Movimiento Sindical, el control formal continuaba estando en manos de la Dictadura Militar y de la dirección del Partido Comunista. Pero un elemento que contribuyó al debate, fue la promoción de discusiones públicas sobre los acontecimientos de 1932, en donde jugó un papel importante el libro “Miguel Mármol” de Roque Dalton, basado en el testimonio de ese legendario comunista sobre la insurrección campesina de 1932.
Miguel Mármol Miguel

Mármol fue miembro del PCS hasta su muerte, acaecida después de la firma de los Acuerdos de Paz de 1992. Miguel, para principios de los setentas estaba, de alguna manera, como menospreciado dentro del Partido Comunista. Muchos estudiantes llevábamos a Miguelito a las reuniones y clases para que nos explicara su versión de los hechos del 32, ya que en nuestro país ha sido tan secular la tendencia del régimen a que se olviden los acontecimientos históricos, para lo cual han creado una barrera a la memoria histórica. A esas reuniones asistíamos estudiantes y profesores que conocíamos más de Europa, Medio Oriente, algo de Sandino, de Francisco Morazán, de Centroamérica, pero desconocíamos nuestra propia historia, en particular la de los sucesos del 32.

Yo vivía en la Residencia Universitaria, y junto a otros compañeros dirigíamos el Movimiento de Residentes en la Universidad, y el de Becarios aunque yo no era becario y allí alojamos, entre 1970 y 1971, por varios meses, a Miguelito Mármol, organizándole actividades y charlas. Miguelito, no obstante ser menospreciado, nunca dejó de ser un comunista disciplinado. Me decía: “la diferencia fundamental entre tú y yo es, que tu eres cheyista y yo soy leninista”. Yo le decía: “a veces no necesariamente eso es contradictorio”, “a veces sí” me decía. Yo le replicaba que era contrario al estalinismo; el siempre justificaba a Stalin.
Diferentes Concepciones Respecto a la Búsqueda de Nuevas Formas de Lucha

El fenómeno era, que el Partido Comunista, quiérase o no, en la medida en que estaba alineado con lo que se llamaban las posiciones pro soviéticas, promovía a través de su lucha más que una confrontación abierta para cambiar el sistema la búsqueda de una apertura democrática, que algunos de ellos le llamaban “La Revolución Democrática Burguesa”, “La Vía no Capitalista para el Socialismo”, y otros le llamaban “La Transición Pacífica al Socialismo”; consideraban también la posibilidad de introducir esas vías no capitalistas hacia el Socialismo a través de golpes militares, concibiendo que en Centroamérica en particular, los militares progresistas podrían promover golpes de estado que sirvieran a esta estrategia. Incluso había libros promovidos por autores auspiciados por la Unión Soviética para teorizar al respecto.

Abonaban a esas posiciones del Partido Comunista, el hecho de que ya se habían dado acontecimientos golpistas en Bolivia, en Panamá con Torrijos y estaba cercana la experiencia del Gobierno de Jacobo Arbens en Guatemala, incluso la participación de militares revolucionarios en la fundación de las FAR en ese país.

En cambio había otro sector que abogábamos por una organización surgida propiamente del seno popular, independiente de las instituciones tradicionales del Estado; priorizábamos el trabajo de una organización enteramente nueva. Esto dio lugar a cosas como las siguientes: Cayetano Carpio de las FPL me planteó, que aquellos estudiantes que se quisieran incorporar a esas nuevas formas de lucha, tenían que renunciar a sus estudios universitarios para sumergirse completamente en la clandestinidad. Por supuesto que no estábamos de acuerdo con esa posición, y esta fue una de las primeras diferencias que tuvimos con Cayetano, porque nosotros considerábamos que había que promover aquellas formas de luchas nuevas, sin abandonar necesariamente las instituciones en donde estábamos, ya que era ahí en donde tenías que hacer trabajo para influir y preparar la cantera adecuada de esa nueva organización ciudadana.

Otro sector, el Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP), también tenía una visión más o menos semejante, pero con una variante, mientras las FPL no menospreciaban la posibilidad de incidir en el movimiento de masas, como el movimiento magisterial, el movimiento obrero y el movimiento campesino para que fuera un movimiento de masas, no necesariamente de unidades guerrilleras, el ERP privilegiaba solo la organización de los Comités Militares del Pueblo, considerando que el trabajo hacia los sindicatos, el movimiento estudiantil o el movimiento de masas, tenía que estar sujeto o sometido a esa visión de radicalismo militarista. Esta concepción y trabajo del ERP Comités Militares del Pueblo llegó hasta 1978; por eso es que ellos fueron la última de las organizaciones de la nueva izquierda, en crear su movimiento de masas, el cual nace en febrero de 1978, como Ligas Populares (LP-28), inmediatamente después de la masacre en la Plaza Libertad.

No obstante, dentro del ERP también había una discusión respecto a su estrategia militarista, lo cual les llevó a la ruptura con el sector Resistencia Nacional (RN). Pero todas estas contradicciones y luchas ideológicas internas de los partidos y organizaciones político militares, hay que verlas como el resultado de un esfuerzo permanente por alcanzar una organización de nuevo tipo en cuanto a movimiento de masas.

Entre los promotores de ese movimiento de masas podemos encontrar a gente como Cayetano Carpio, que venía de sectores obreros, pero que era un funcionario reconocido del Partido Comunista y que siguió siendo revolucionario profesional durante el resto de su vida; a Mélida Anaya Montes una profesora reconocida, a Mario López, a los sacerdotes Chencho Alas, Higinio Alas, a algunos curas de San Vicente como los padres Matías y David Rodríguez, y por supuesto a Rutilio Grande y Monseñor Romero, el más simbólico de todos.

Por el lado universitario, entre los promotores del movimiento de masas -y sólo mencionaré algunospodemos encontrar a Felipe Peña Mendoza y sus hermanas Virginia (Susana), Lorena (Rebeca), Margarita (Julia) y a Lito Arce, fundador del ERP todos ellos hijos de militares de alto rango; a los becarios Adán Díaz que murió en Guatemala en 1972 incorporado a las FAR, y su hermano Luis Alberto Díaz, que fue secuestrado y desaparecido en 1980 cuando era Secretario General del MLP del PRTC; a Paco Montes, también de extracción popular capturado y asesinado por la dictadura en 1980 cuando ejercía la medicina en Santa Ana, Eduardo Rico – hijo de un profesor fue dirigente del núcleo inicial de lo que llegó a ser el PRTC y después de la RN y murió el 2006 a causa de una larga enfermedad y mi persona (Francisco Jovel) hijo de maestro y de familia de maestros y abogados fundador del PRTC y miembro de la Comandancia General del FMLN durante toda la guerra; a Eduardo Sancho, hijo de un médico poeta y promotor del movimiento cultural comprometido, también fue miembro del la Comandancia General del FMLN durante toda la guerra. Dentro de los profesionales hay que destacar a Fabio Castillo Figueroa Médico de renombre, Rector de la UES y uno de los impulsores de la lucha armada y a Rafael Menjivar, que también fue Rector de la UES.
Obligados a Dejar la Universidad y Asumir la clandestinidad

Quiero recordar un acontecimiento que a nivel universitario fue clave en la promoción de esta generación de cuadros revolucionarios, que posteriormente tuvieron destacado papel en la conducción de la lucha político militar de los años 70 y 80. Me refiero a la huelga general de Áreas Comunes que se realizo a finales de los años 70 y principios del 71; fue una larga jornada de huelga estudiantil en la Universidad, cuyo objetivo era llevar a nuevos niveles de profundidad el proceso de reforma educativa. Todos los estudiantes antes mencionados, surgieron al fragor de esa jornada. Después de la ocupación de la Universidad Nacional por el ejército en 1972, muchos, si no la mayoría, se incorporaron a la lucha guerrillera, y llegaron a ser destacados dirigentes. En todas esas luchas se promovía decididamente la organización gremial, profesional y comunitaria del estudiantado, para que se pudiese hacer realidad el compromiso de los estudiantes con la sociedad; era como una forma de saldar la deuda que los estudiantes universitario teníamos con la sociedad. Hay una fotografía publicada en la contraportada del Diario Latino a principios de 1971, en la que aparecemos los estudiantes que dirigíamos esas huelgas universitarias.

Resulta que posteriormente, después de finalizada esa huelga, y sobre todo después de que la UES fue reabierta, algunos estudiantes comenzaron a promover reivindicaciones meramente “gangueras”, como por ejemplo que las promociones en la Facultad de Derecho fueran automáticas. Había un tipo de apellido Chafoya, que creó un movimiento muy personalista al que se le llamaba el “chafoyismo” y que ganaba las elecciones estudiantiles cada vez que se presentaba a ellas, pero que por su “ganguerismo”, los mismos estudiantes le obligaban a renunciar al poco tiempo. Hubo muchos oportunistas de ese tipo, lo mismo que elementos sectarios, fanáticos e intolerantes, que a nombre de la izquierda echaban a perder muchas luchas de los estudiantes. Pero estaban los estudiantes realmente comprometidos que sí reivindicaban demandas de interés común y colectivo como, en primer lugar, mejoras estudiantiles y el mantenimiento de la excelencia educativa, buscando un proceso de relación cada vez más estrecha entre la Universidad y el Pueblo, a través de los programas de extensión universitaria; en segundo lugar, demandaban la incorporación en prácticamente todas las carreras, del estudio de la realidad nacional, con una visión independiente, es decir, que no fuera la repetición del discurso oficial, ni la promoción de un planteamiento dogmático.

A partir de 1971, después de finalizada la huelga de Áreas Comunes, se hizo mucho más dinámica, permanente y sistemática, la presencia de los dirigentes de esa huelga en las organizaciones campesinas y obreras. Cuando hablo de organizaciones campesinas me estoy refiriendo sobre todo, a los gérmenes de esas organizaciones campesinas, o sea, a la organización de cooperativas, en donde algunos campesinos se organizaban por motivos religiosos y sociales; pero también hablo de nuestro trabajo en los sectores obreros desatendidos por el movimiento sindical antimilitarista y anti oligárquico tradicional y por los sindicatos oportunistas que prevalecían en esos momentos, aunque tengo que reconocer el heroísmo de muchas de esas gentes del movimiento sindical tradicional, que incluso entregaron sus vidas en la primera huelga de ANDES y otras luchas.

Esa dinámica dio lugar a un acercamiento mas sustantivo entre estudiantes, obreros, maestros y cuadros potenciales del campo, movidos fundamentalmente por la conciencia política, lo cual hizo surgir un movimiento muy grande de autoformación política y autogestión en todos los sentidos. Eran nuevas formas de lucha en las que se entregaba completamente la vida, porque no era cualquier cosa lo que se estaba jugando, ya que estábamos ante una Dictadura Militar cada vez más feroz. Toda esta gente asumió una actitud, que en múltiples ocasiones he llamado de sacerdocio, porque era una especie de entrega completa sin condiciones ni intereses personales. Estudiar la teoría política, y particularmente la teoría revolucionaria, era vista como una forma de lucha imprescindible, porque era fundamental librarla y ganarla en el terreno de la lucha intelectual, científica, social e ideológica.

Como a principios de 1972 la dictadura continuó implementando la represión con sus diferentes modalidades, ya no era fácil hacer reuniones en cualquier lugar, por lo que uno de los pocos reductos que nos quedaban para las discusiones políticas públicas era la Universidad Nacional, razón por la que fue ocupada militarmente después de un intento de golpe de estado levantamiento de los militares progresistas encabezado por el Coronel “Mincho” Mejía, detrás del cual, de una u otra forma, estaban algunos sectores de la izquierda, que veían en esa posibilidad una alternativa de un cambio o transformación, ya que por la vía de las elecciones no eran posibles los cambios, tal fue el caso de la frustrada victoria de Napoleón Duarte y Memo Ungo, promovida por la UNO en ese mismo año.

No podemos perder de vista que hubo tres grandes acontecimientos políticos que sentaron la pauta para un proceso de radicalización acelerado del sector de la juventud y de otros sectores sociales: primero fue el evidente fraude electoral, segundo el golpe de estado de Mincho Mejía comandante de la Primera Brigada del Cuartel San Carlos, cercano a la Universidad y tercero, la ocupación de la Universidad, que fue cercada, ocupada militarmente y cerrada.

Cuando reabrieron la Universidad después de más de un año, el movimiento estaba igualmente vivo y dinámico, con nuevos brillos y mayor fuerza. Los anteriores dirigentes estudiantiles, ya liberados de las responsabilidades académicas universitarias, pasaron a ser luchadores sociales con plena entrega y a tiempo completo para la lucha. Este salto de calidad permitió la formación de nuevos y potentes cuadros políticos.

Los dirigentes universitarios que fuimos perseguidos de forma sistemática, nos vimos obligados a sumergirnos en la más estricta clandestinidad; la gran mayoría nos quedamos en el país, pero una minoría se tuvo que marchar al extranjero, ya sea a incorporarse a la lucha armada en Guatemala en donde murieron, como es el caso de Manuel Rivera que había sido Presidente de AGEUS, o de Federico Baires que se fue a estudiar a Chile, aprovechando la apertura democrática del Gobierno de Salvador Allende, pero también expulsado posteriormente por la Dictadura de Pinochet.

Cambiamos la Universidad por la clandestinidad, nuestras reuniones eran con las células conformadas por obreros y campesinos; nos reuníamos en el campo, en el Cerro de Guazapa, en Suchitoto, en San Vicente, en Usulután, Chalatenango, Morazán, etc. Era complicado el trabajo en el campo, porque la vida nos demostró que el pretender darle forma a organizaciones sindicales o asociaciones campesinas, hacía más vulnerables a los campesinos, dada la represión que existía. Por ejemplo, en san Vicente, yo estaba organizando una asociación de trabajadores de varias lecherías de las haciendas ganaderas; ahí despidieron a mucha gente que posteriormente se comprometieron con la lucha clandestina. Por suerte, con ayuda de un estudiante de derecho que había sido guardia nacional, logramos arrancarle al patrón de una de las lecherías, una importante indemnización para la gente que había trabajado 12, 15 o más años.

Para mí siempre fue muy significativo el hecho de que, aún dentro de los sectores de la Guardia Nacional había posibilidades de trabajo. Después esta idea se esclareció mucho mas, porque si bien es cierto que hubo enfrentamientos sangrientos y mucha muerte de gente en los cantones que estaban vinculados a las organizaciones políticas populares, también es cierto que mucha gente de ORDEN se incorporó posteriormente a la guerrilla. Sucedía que cuando la gran mayoría de las comunidades se liberaba de la dependencia de los militares, se incorporaban a la lucha político militar.
Una Metodología con Disciplina y Compartimentación Para Poder Ampliar y Sostener el Movimiento de Masas y la Lucha Armada

En ese tiempo, cuando las organizaciones que se estaban forjando y que después dieron lugar al movimiento guerrillero y al FMLN, tenían la consigna de “Electoreros al basurero”, lo cual era una forma de confrontación ideológica, que trataba de desmontar las formas que algunos políticos empleaban para corromper la conciencia de los salvadoreños, limitando la lucha popular al simple plano electoral. Algunas organizaciones, siguiendo los planteamientos tradicionales del movimiento revolucionario a nivel mundial y marxista-leninista en particular, sosteníamos que ninguna forma de lucha era despreciable y que había que participar en todas las formas de lucha, incluida la electoral, pero que en ese marco de la realidad salvadoreña de dictadura militar y monopolización económica de la oligarquía no podíamos cometer el error de considerar la lucha electoral como la forma de lucha fundamental.

Las otras formas de organización eran la ilegal no armada, y la ilegal armada, es decir, la lucha insurreccional o insurgente armada. Para la realidad de nuestro país, la lucha fundamental era la armada, la secundaria era la electoral y la sindical, y la terciaria eran las otras formas de lucha que solo podían ser concebidas como un esfuerzo a realizar, en la medida en que podían ser parte de los escalones que tenía que subir una persona para llegar a la forma fundamental. Estoy hablando de que se trataba de aplicar una metodología que partía de organizar pequeños colectivos conformados por personas de absoluta confianza, como los adoradores de la palabra o promotores de la palabra que venían del trabajo religioso o de las asociaciones comunitarias en las colonias, los tugurios, los cantones y caseríos o de grupos de amigos que se conocían de largo tiempo, etc. Se concebía que el método era necesario para que muchas gentes se formaran poco a poco, paso a paso, con mucha disciplina y compartimentación. Era un proceso gradual que permitía formar la contextura de los militantes para prepararnos y prepararlos para la lucha que estábamos viviendo y para la que nos faltaba. Para la seguridad del incipiente movimiento revolucionario y para las inmensas tareas que nos deparaba el futuro, esos métodos fueron necesarios y respetados a raja tabla. Todas las organizaciones aplicamos esa metodología, aunque con sus diferentes modalidades, de acuerdo a nuestros propios “estilos”, estrategias y tácticas.

A quien más le costó comprender ese proceso y necesidad de incorporación gradual fue al ERP, lo que dio lugar a que en 1975 se diera la gran ruptura entre RN y el ERP, porque Roque Dalton promovía que justamente ese era el proceso correcto, mientras gente como Alejandro Rivas Mira y Vladimir Rogel, consideraban que no, que la lucha había que hacerse incorporando a la gente a los Comités Militares del Pueblo y que esa tenía que ser la organización de masas y militar al mismo tiempo. A las alturas de 1975 todas las organizaciones excepto el ERP teníamos una organización de masas: el Partido Comunista tenía a sus organizaciones como la UDN partido electoral y al movimiento sindical tradicional con la FUSS, las FPL tenían al Bloque Popular Revolucionario: Como el ERP había roto con la RN, estos se quedaron con el FAPU; el PRTC ya teníamos a las Ligas para la Liberación. El ERP creó a las LP 28.solo hasta 1977. No obstante mucha gente del ERP, al margen de su dirección, se incorporaba a las luchas concretas que se promovían desde el movimiento estudiantil, como por ejemplo en las manifestaciones del 30 de Julio que fue masacrada por la dictadura. Hay que reconocer, que desde su fundación, las LP-28 pasaron a jugar un papel muy dinámico.

Todas eran organizaciones en las que participaban el sector obrero, campesino, magisterial, estudiantil secundario y universitario.

En la segunda mitad de los años 70, particularmente a partir de 1978, las Ligas para la Liberación del PRTC experimentaron un proceso de conversión hacia el Movimiento de Liberación Popular (MLP), que se cristaliza en 1979 con la incorporación de las Brigadas Revolucionarias de Estudiantes de Secundaria (BRES), las Brigadas Obreras (BO), las Brigadas de Trabajadores del Campo (BTC), las Brigadas de Pobladores de Tugurios (BPT) y un sector del movimiento magisterial que nunca adoptó un nombre específico.

Las FPL tenían a su movimiento revolucionario de masas con el Bloque Popular Revolucionario, conformado por la UTC, el UR-19 de estudiantes universitarios, el MERS estudiantes de secundaria, FECCAS-UTC que eran organización de campesinos, FUR-30 estudiantes de la UCA, UPT – organización de pobladores de tugurios-, Comité Coordinar de Sindicatos –de obreros-, ANDES de maestros.

La RN tenía al FAPU y el ERP a las LP-28, que también tenían organizaciones sectoriales en su seno.
Formas Artesanales de Propaganda

En cuanto a la propaganda hay que considerar, en primer lugar, que en El Salvador hay un método de propaganda que ha sido efectivo siempre y es la propaganda de boca en boca, la cual se aplicó durante todos esos años; para nosotros era una propaganda clandestina, que decía cosas que la prensa y el régimen ocultaba sobre la realidad nacional, y sobre todo del avance de nuestro movimiento revolucionario; en segundo lugar, empleábamos las octavillas, con las que hacíamos una distribución de hojas de manera masiva. Todas las organizaciones empleábamos esos métodos precarios, con impresiones en mimeógrafos –hechos a mano-, con marcos de madera y una tela delgada de esas que se usan en serigrafía y al que se le pegaba con la tinta el extensil. A ese aparato le llamábamos “Paula”. ¿Por qué hacíamos así la propaganda? Porque en ese período todavía las fotocopiadoras eran muy caras, y por otro lado, porque solo usaban papel químico. Claro que quien pudiera usar el mimeógrafo electrónico lo hacía, pero en el caso nuestro y de otras organizaciones, cada célula o grupito en sus comunidades, reproducía en esos aparatitos los comunicados y propaganda para el desarrollo de nuestro trabajo. Con las Ligas para la Liberación (LL), usando mimeógrafos modificados, logramos por más de un año editar un periódico quincenario llamado “Posición Revolucionaria” yo era su director y en el que trabajábamos un equipo de 5 personas, entre ellas Roberto Galeano que murió en 1993 ejerciendo como médico y Humberto Mendoza que fue capturado y asesinado junto con los demás dirigentes del Frente Democrático Revolucionario (FDR) en 1980.

El resultado de esa mística de propaganda era fabuloso, porque la gente recogía esos papelitos, los leía y los compartían por lo menos con diez personas más y después los guardaban o los escondían. Era un método multiplicador.

Otra forma de propaganda que terminó siendo la más evidente y útil, fue la aplicación de las famosas pintas y mini pintas con plumones o espray en los muros de las calles, en los autobuses, en los baños, paredes de las escuelas y universidades o en cualquier lugar en donde se pudieran leer. Eran mensajes acordes a las luchas o huelgas que se libraban en cualquier momento, coyuntura política o simplemente dejar el nombre de nuestras siglas guerrilleras. El plumón era una cosa buena, porque se trataba de una pintura difícil de borrar y la gente lo apreciaba, porque además de informarse, les animaba a la lucha. La dictadura no tenía control de lo que hacíamos. La pinta artesanal primitiva se convirtió en un verdadero y nunca antes visto fenómeno social de masas.

En nuestro país, el afiche tuvo menos impacto, justamente por el carácter ilegal de la lucha, pero además era muy caro, por lo que se limitaba, a veces, a las organizaciones y actividades legales. Fue muy útil para promover la solidaridad internacional.

Las manifestaciones populares de calle eran otra forma de hacer propaganda, ya que en esas actividades se distribuía una buena cantidad de hojas y escritos de denuncia y conocimiento de la realidad nacional, aquí fueron muy útiles las mantas publicitaria hechas con métodos artesanales, los cuales llegaron a tener gran impacto nacional cuando la T.V. empezó a proyectar imágenes de las movilizaciones.

Llegó un momento, en que además del trabajo propagandístico del movimiento de masas, las unidades militares guerrilleras intensificaron su accionar poniendo “bombitas de propaganda”, las cuales eran pequeños mecanismos de explosivos que esparcían los papeles o boletines en un parque o en una zona de relativa concentración de la población; eran petardos explosivos que no hacían daño alguno, pero creaban tensión y hacían bulla. La gente recogía la propaganda, pero cuando llegaba la policía, la tiraban o simplemente se la llevaban para leerla en sus casas o en lugares más o menos seguros.

Ese trabajo era importante para la moral de todos nosotros, como por ejemplo, que las células planificaban su trabajo de propaganda, midiendo la eficiencia y capacidad de las otras células, de acuerdo al número de pintas que hacían en sus territorios. “Mirá, aquella célula hizo 30 pintas y ustedes solo 10 ¿Qué les pasa?”. Eso generaba un proceso de emulación muy grande.

Los métodos utilizados por las organizaciones de masas y la guerrilla eran casi los mismos, lo que sucede es que era menos grave que a alguien lo llegaran a capturar haciendo una pinta del BPR, las LL, el FAPU o las LP-28 que haciendo una pinta de las FPL, del PRTC, del PC, de la RN o del ERP, porque el contenido de las pintas era distinto. Las pintas del movimiento guerrillero llamaban a la lucha armada, y las del movimiento de masas llamaban a otras formas de confrontación política. Aunque en realidad, rápido llegó el momento en que era tan peligroso hacer lo uno o lo otro.

A partir del año 1978, con la reorganización del movimiento obrero y gremial, empezamos a introducir otras formas de propaganda que tenían un carácter más masivo; comenzamos a mandar comunicados a los periódicos y a las radios, pero este esfuerzo era mucho más caro económicamente y solo la organización sindical y gremial podía asumir esos costos. Pero en poco tiempo se dio el fenómeno que evidenciaba el absoluto no control de la situación por parte de la dictadura, y es que incluso los medios televisivos comenzaron a participaban en las conferencias de prensa, que disfrazados de una u otra forma, dábamos en los centros sindicales, en la universidad o en cualquier lugar en donde se presentara un acontecimiento novedoso.

El noticiero “Teleprensa de El Salvador”, fue uno de los pioneros en incorporar en su programación la difusión de hechos políticos que ya no podían ocultarse, porque no tenía sentido ocultar información que de todas maneras era o sería conocida. De esa manera se fueron dando a conocer cada día más los acontecimientos que revelaban el carácter represivo del régimen: los desaparecidos, los asesinatos de obreros, campesinos, sacerdotes, maestros, estudiantes y en fin, la cruda barbarie del régimen dictatorial contra nuestro pueblo.

En resumen, el movimiento cívico, político, ilegal y de movilización masiva organizado por el PRTC, primero conocido como Ligas para la Liberación y luego como Movimiento de Liberación Popular (MLP), se desarrollo, al igual que el resto de organizaciones que llegamos a integrar el FMLN, de lo simple a lo complejo; aprendimos a combatir lo tecnológicamente sofisticado, con lo simple y artesanal. El movimiento guerrillero sólo pudo desarrollarse hasta formar poderosas organizaciones militares, gracias a que era una expresión del más alto nivel de organización del pueblo salvadoreño, la más grande e importante del siglo XX.

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Concepción frentista de la Resistencia Nacional (RN)

Concepción frentistas de la Resistencia Nacional (RN)
Tue, 07/23/2013 – 15:30
by editor
Para que no olvidemos
Entrevistas
RN

Partidos-militares de la década de los 70, creadores e impulsores del movimiento de masas

Eugenio Chicas Martínez

Eugenio Chicas, Magistrado Presidente del Tribunal Supremo Electoral (Período 2009–2014). Miembro de la dirección de la Resistencia Nacional (RN).
eugenio-chicasLa lucha por las Tierras de los Indígenas y Campesinos Salvadoreños

Creo que hablar del origen del movimiento social, es hablar del origen del conflicto, en el sentido que en buena medida, la organización social de esa época, fue una reacción al estado de injusticias económicas, políticas y sociales imperantes. Hasta donde yo recuerdo, los orígenes de la lucha social de la década de los 70, tiene sus raíces en hechos históricos que

dejan muy marcada a nuestra sociedad. Ello se da en dos tipos de entornos: uno, los hechos propios dados por el estado de injusticia en nuestro país, y dos, algunos hechos internacionales, que a lo largo de la historia, y en particular en la década de los 70, incidieron decisivamente en el pensamiento, en el debate y en la orientación de la lucha social.

Al buscar las raíces de nuestra lucha, y si investigamos detenidamente, encontramos la gesta heroica de Anastasio Aquino y los Nonualcos –hechos ocurridos inmediatamente después de alcanzada la independencia—, empeñados por recuperar sus tierras que fueron arrebatadas durante la colonia. Su objetivo central era el acceso a la tierra, una lucha muy sentida, causada por la estrechez territorial y la mala distribución de la misma en nuestro país, y además, agravada por una alta densidad poblacional, por lo que siempre, a lo largo de nuestra historia como lo han afirmado distintos historiadores, encontraremos ésta contradicción de manera muy recurrente: mucha población y poca tierra mal distribuida. Esta historia de lucha por el acceso a la tierra, se continuó manifestando siempre de manera trágica en distintas épocas, y coincidentemente en los mismos territorios.

En los mismos escenarios encontramos las batallas de Francisco Morazán; era la misma lucha social y reivindicativa, en este caso, con el objetivo de alcanzar la unidad regional y la patria grande, en los mismos lugares y territorios de Cabañas, Morazán, Guazapa, porque seguía siendo la misma historia y cultura, la misma gente, los mismos pobres. Los problemas seguían siendo los mismos y cada vez más graves, en la medida que aumentaba la población y disminuían los recursos naturales: el problema sensible del acceso a la tierra para el sustento y la vivienda, el tema de las libertades y la democracia, el profundo abandono social manifiesto en el analfabetismo, y el nulo acceso a la salud entre otros.

Remitiéndome a una raíz más cercana, es importante traer a la memoria los hechos de la insurrección de 1932, cuando los campesinos e indígenas se levantan para recuperar las mismas tierras de antaño, de las que habían sido desprovistos y recordaban en cada ayuno familiar.

Ya a esas alturas la sociedad salvadoreña estaba afectada por una profunda crisis económica, causada por un modelo que no fue capaz de resolver sus necesidades, en este caso, el mono cultivo de café, agravado por la depresión económica de los años 20 y afectada también por la falta de libertades democráticas. En este contexto también hubo hechos internacionales significativos, que contribuyeron al desarrollo nuestra propia historia, tal es caso de la revolución Mexicana y la revolución Rusa en 1917. Las repercusiones inmediatas de éstos fenómenos, fue el auge de un incipiente pero activo movimiento obrero en 1920, que a su vez culminó con la organización de los partidos Comunistas en El Salvador, Honduras y Guatemala. En esos tres hechos históricos estuvo involucrado Farabundo Martí, lo cual dio un nuevo impulso al movimiento social.
Acontecimientos Nacionales e Internacionales que Inspiraron el Inicio de las Luchas Populares de la Década de los 70

Los fenómenos mundiales de 1932, también incidieron en los aspectos internos del país, lo que tiene como repercusión trascendental, el ascenso y posterior caída del dictador Maximiliano Hernández Martínez, entre 1931 y 1944. También es muy importante analizar los hechos ocurridos durante el año 1944, que es cuando se produce un nuevo auge social, que culmina con el derrocamiento del dictador Hernández Martínez, con lo que se abre un breve proceso democrático que dura muy poco, ya que luego se continua en el camino de las dictaduras.

Quizá sea importante señalar, que uno de los aspectos relevantes de esa historia es, que el dictador Martínez apoyó a los fascistas en el marco de la Segunda Guerra Mundial -1939-1945- y que fueron oficiales alemanes quienes formaron a la Guardia Nacional de nuestro país, hecho político que lo volvió vulnerable y abrió un espacio que fue aprovechado por el movimiento social de la época, para luchar por el derrocamiento del dictador mediante una huelga de brazos caídos.

Este episodio es muy importante para poder interpretar mejor el fenómeno político y social de los años 70, porque estos están ligados a sucesos internacionales, que fueron significativos para el rumbo que nuestro país tomaría en el futuro.

Por ejemplo, Costa Rica hace su forma de revolución en 1948 y asume importantes transformaciones; luego los conflictos en el resto Centroamérica Guatemala, Nicaragua y en sentido diferente Honduras. Hay que sumarle otros hechos históricos, paralelos desde el contexto internacional, como la Segunda Guerra Mundial y la caída del fascismo alemán.

En éste mismo periodo se da la derrota de los colonialistas franceses en la batalla de Dien Bien Fu el año 1945, que conllevó la liberación de Vietnam del norte, y al inicio de un largo proceso de lucha heroica, que culminó con la liberación de Viet Nam del sur y la derrota de las tropas de ocupación norteamericana.

Otros hechos que incidieron en nuestro ánimo de lucha fueron, el triunfo de la revolución china en el año 50, la guerra de Corea también en el año 50 y un poco más adelante en el año 59 el triunfo de la revolución cubana y la gesta del Ché a finales de los años 60, que culmina en el 67. No podemos olvidar otros fenómenos latinoamericanos como las luchas del ERP argentino y la de los Tupamaros en Uruguay.

Todos estos acontecimientos fueron muy significativos, se convirtieron en un espejo comparativo de nuestra propia realidad, porque abrieron el debate en la izquierda salvadoreña, alrededor de dos grandes temas: uno, salir de la lucha política electoral a la lucha militar –este cuestionamiento de fondo se da dentro del Partido Comunista en los años 1966, 67, hasta la salida de su seno de un grupo en 1968-.

El segundo gran tema era, pasar de la lucha pacífica del movimiento social, a una lucha más activa y de auto defensa, que incorporaba acciones milicianas. Para definir ese debate fueron determinantes dos acontecimientos: la lucha de los panaderos del año 67-68 y las luchas de ANDES 21 de Junio, así como las acciones campesinas, nuevamente por la tierra.

Entonces, estamos hablando de que ya había un concepto y practica internacional, que cuestionaba los métodos tradicionales de lucha política y social que se venían aplicando en nuestro país, los cuales estaban muy marcados por el trauma y fatal desenlace de la insurrección campesina e indígena de 1932, que terminó en una brutal masacre a manos de la criminal dictadura de Maximiliano Hernández Martínez, lo que conllevó a la idea de que en El Salvador no había condiciones para otras formas de lucha, y menos para la guerra de guerrillas. Esto pudo limitar la visión de la izquierda de esa época, respecto a las posibilidades y limitaciones de lo que se podía hacer en El Salvador.

Con ese contexto es que ingresamos en la lucha integral de los 70.
Reacomodo de la Izquierda. Nuevos Métodos de Lucha Política y Social

Es conocido pues, que en los 70 surge, en su primera etapa – entre 1970, 75, y 76-, un proceso de transición muy importante en nuestro país, que es el período de recomposición de la fuerza revolucionaria y de la aparición de nuevos métodos de lucha.

En ese período se da la fractura en el Partido Comunista con la salida de Marcial quien pasa a formar las FPL y asume el debate respecto a los temas que ya hemos planteado.

De esa ruptura también salen del PC algunos miembros de la Juventud Comunista, entre ellos Fermán Cienfuegos, mas una parte la Juventud Demócrata Cristiana, entre los que están Joaquín Villalobos y Ana Guadalupe Martínez, que inmediatamente se involucran en la formación de “El Grupo” en 1970, que luego, en 1972, se transforman en el ERP. En 1975, luego de la ruptura del ERP, tras el asesinato de Roque Dalton, surge la Resistencia Nacional. Este período se cierra con la formación del PRTC el año 1976.

Esta época de los años 67 al 77, es la que marca todo el reacomodo de la izquierda salvadoreña, ya que el país, durante los años posteriores al 44, no había podido encontrar un camino que orientara la democratización mediante un proyecto alternativo, por el contrario, la dictadura se fortalecía y profundizaba la represión. Estamos por tanto, ante el surgimiento de una nueva etapa, en la que se fortalece la lucha política y lucha social. Es el poder oligárquico y sanguinario lo que lleva a plantear una acción revolucionaria diferente, en ascenso y más cualificada.
La Concepción Frentista de Roque Dalton y la RN

En 1972 ocurre un hecho histórico sumamente importante, y es el regreso a nuestro país del poeta Roque Dalton – por 1972-, quien traía en su bolsón un cúmulo de ideas nuevas, relacionadas, en su mayoría, a las luchas de Cuba, de Vietnam, de las luchas que se estaban dando en Europa y en otras partes de América Latina. Roque era un hombre muy sistematizado y con gran capacidad investigativa, lo que le permitió asimilar otras experiencias de lucha popular. De ahí que es él quien trae la tesis frentista, relativa a que el triunfo y la victoria popular solo podían ser posibles, si se lograban combinar dos grandes elementos, uno era, la lucha guerrillera o lucha militar, y el otro –paralelo-, la construcción de un frente político o frente social, que incorporara de manera activa la auto-defensa del pueblo y aglutinara a importantes contingentes que dieran un vuelco a la situación; en otras palabras, planteaba trabajar la guerra revolucionaria y la insurrección, por la vía de la lucha social y política de masas. En síntesis, de lo que se trataba era de organizar por un lado, grupos guerrilleros y por otro, organizar grupos de masas luchando por sus reivindicaciones, pero con banderas políticas y de auto-defensa, en una articulación armoniosa con la vanguardia política.

Roque llevó este planteamiento y debate al interior del ERP, pero su tesis chocó frontalmente con las posiciones militaristas de Sebastián Urquílla, que tenía otra visión de la realidad y de la lucha.

Esta confrontación llevó al asesinato de Roque y al aceleramiento de la ruptura del ERP en el año 1975. Sin embargo, los motivos de la ruptura ya venían gestándose desde antes, cuando la Resistencia Nacional antifascista constituida dentro del ERP, a través del Frente Popular Unificado (FAPU) frente abierto de la Resistencia Nacional, que tiene sus orígenes en 1974 ya planteaba un esquema de lucha social; no era un planteamiento solo guerrillero, sino una concepción frentista, abierta, una forma de cómo organizar la resistencia nacional antifascista mediante la lucha organizada de amplios sectores, porque se creía que el fascismo era el esquema de poder que en esos momentos se estaba instaurando en el país. Entonces, la Resistencia Nacional no surge como un planteamiento solo guerrillero, sino como un planteamiento integral de lucha social, política y militar, que combina lo abierto y lo clandestino.

En ese momento ya había claras diferencias en el análisis y puntos de vista muy pronunciados, respecto a las formas de lucha por parte de todas las organizaciones. Las Fuerzas Populares de Liberación (FPL) hablaban de que había una escalada fascista, que el fascismo se iba construyendo en el país y que había que enfrentarlo con una lucha más desde el punto de vista clasista y con una composición clara de obreros y campesinos. En cambio, la Resistencia Nacional (RN) planteaba, que no, que ya había un gobierno fascista, y que por lo tanto, lo que procedía era la organización de una resistencia antifascista, una resistencia nacional con un enfoque plural. El análisis del momento era, que en El Salvador ya estaba instaurado el fascismo y que lo que correspondía no era una lucha radical desde el punto de vista clasista político-ideológico, sino la organización amplia de todos los sectores sociales no necesariamente de izquierdas para derrotar al fascismo. Este concepto es muy importante, porque eso explica los contactos que se tuvieron con la juventud militar el año 1975; y también explica las consiguientes desconfianzas que en el seno de la izquierda de esa época causaba éste planteamiento muy plural.

Es importante analizar ese fenómeno, o pensamiento de La RN que se gestaba dentro del ERP.

Roque Dalton y Carlos Arias explicaban, que el trabajo con la juventud militar, aunque era visto como un tema polémico, en el sentido de que, si bien el ejército no era, en ese momento, un instrumento de represión como lo eran los cuerpos de seguridad (Guardia Nacional, Policía de Hacienda, Policía Nacional, Policía de Aduanas.), lo podría llegar a ser. Pero que había un espacio para hacer trabajo dentro de un sector del ejército, desde el punto de vista de lucha nacional no necesariamente de izquierda, con sentido patriótico para oponerse al fascismo.

Esta búsqueda de contactos con el ejército, podría lindar, en algún punto, también con las tesis militaristas de Sebastián Urquílla, sobre que al fascismo se le puede derrotar por la vía militar y no socialmente, dadas las características topográficas, geográficas y poblacionales de El Salvador. De aquí viene la concepción de la creación de los famosos Comités Militares del ERP en el año 1975, los cuales tenían la estricta tarea de derrotar militarmente a la dictadura. En cambio la tesis de Roque, Lil Milagro, Fermán, Ernesto Jovel y Carlos Arias era, que la lucha antifascista no tenía que ser una lucha radical desde el punto de vista clasista, sino el agrupamiento de contingentes amplios de masas multisectoriales, en donde participaran la capa media, la burguesía, el ejército, etc. para organizadamente enfrentar al fascismo. Esta concepción estratégica es la que le crea la desconfianza a Sebastián Urquílla, planteando que lo que Roque está haciendo es descomponer la fuerza guerrillera; incluso, surge el elemento de que Roque se había unido a personeros de la Embajada Norteamericana, para meter la quinta columna dentro de la organización y dividir al ERP.

Con la sospecha de Sebastián Urquílla y su camarilla, de que Roque Dalton estaba haciendo un trabajo enemigo al interior del ERP para quebrar la organización guerrillera, le montan un juicio en el que Fermán Cienfuegos fue su defensor. El juicio fue manejado por esa camarilla y concluyó con el asesinato de Roque y de Pancho (Armando Arteaga).
Separación de la RN del ERP. Proyecto FAPU

A partir de esa crisis es que la Resistencia Nacional se separa del ERP. La RN era un agrupamiento más político y social, con una visión antifascista y, para ese tiempo, ya tenía como brazo más publico al Frente de Acción Popular Unificado (FAPU). Se empieza a crear una organización con una red de otras organizaciones, en donde estaban Vanguardia Proletaria (VP) –de obreros-, que a su vez tenía como núcleo abierto a FENASTRAS, al Movimiento Revolucionario Campesino (MRC), al Frente Universitario de Estudiantes Revolucionarios “Salvador Allende” (FUERZA), que a su vez aglutinaba a la sociedad de estudiantes de medicina “Raúl Hernández”, a la AED (Asociación de Estudiantes de Derecho “Roque Dalton”) y Acción Revolucionaria de Estudiantes de Secundaria (ARDES). Todas estas organizaciones estaban en el mismo nivel jerárquico y dependían del FAPU que las unía todas.

El FAPU tenía su propio periódico que se llamaba “Pueblo”, pero había distintas publicaciones, entre ellas una publicación mensual del movimiento campesino que se llamaba “Las Cartas de Domingo Beltrán”. Domingo Beltrán era un campesino imaginario que escribía a los campesinos. La Resistencia Nacional, como partido, tenía “La revista Polémica”, un material de debate político-ideológico, y el periódico mensual “Por La Causa Proletaria”.

Entre los éxitos más importantes de la Resistencia Nacional de este periodo fue, el haber Incidido en FENASTRAS como agrupamiento obrero y símbolo importante de lucha del movimiento obrero. FENASTRAS tenía como expresiones más sólidas, todo el trabajo del sindicalismo en la empresa privada y en la estatal, trabajo en el Sindicado de la energía eléctrica, en la fábrica Diana, en el Sindicato de la Industria de la Construcción, etc.

Desde el año 1975, también se vino configurando una organización campesina muy fuerte en Guazapa, era el Frente Obrero Campesino (FOC), una organización que situaba su trabajo fundamentalmente en la zona de Cuscatlán y principalmente en Suchitoto. Este frente venia constituyéndose como un esfuerzo político-militar, paralelo a las otras organizaciones, y fue en el año 1976 que lo absorbimos como RN. Del FOC provienen importantes cuadros campesinos que llegaron a ser dirigentes, como es el caso de Chano Guevara y Salvador Renderos desaparecido el año 1982, que llego a ser miembro de la Comisión Política de la RN. Un importante dirigente en esa época fue el médico Juan Hércules, que murió en Apopa durante un enfrentamiento con los militares a finales de 1976. Otro médico de ese grupo fue Elías Vásquez, caído mientras defendía la retirada del pueblo en una movilización sobre el Bulevar del Ejército a finales del 77. También en esa época, estuvieron vinculados al movimiento campesino, los curas Chencho Alas e Higinio Alas, promoviendo el trabajo desde su proyecto cristiano. Era un esfuerzo cristiano-campesino.

En 1977 también se integró a la RN, la Organización Revolucionaria de Trabajadores (ORT), con su brazo armado Frente Revolucionario Armado del Pueblo (FRAP), de donde vienen el médico Eduardo Solórzano, el compañero Medico Ramón (seudónimo) que murió en Usulután 1982, la compañera Irma Najarro, de seudónimo María fue representante de la RN en Cuba. Otros líderes sociales de destacada trayectoria y participación política han sido Héctor Bernabé Recinos –que fue Secretario General de FENASTRAS-, Alberto Ramos, que fue secretario general del FAPU y que venía de la división del ERP; Napoleón Rodríguez Ruiz –de seudónimo Feliciano-, que fue miembro del Frente Democrático Revolucionario (FDR) y que milagrosamente se salvó, junto a Leoncio Pichinte –LP-28- de la matanza perpetrada por los militares del gobierno en 1980.
Recordando a Algunos Compañeros Cuadros de la Resistencia Nacional

De la gesta social de esa época, tenemos que recordar también a grandes compañeros que jugaron un papel muy destacado en la lucha gremial, social, política, militar y diplomática, como a Roberto Cañas, al Chino José Luís Quan, a Julia Rodríguez, a Ricardo Vázquez (su seudónimo era Leo Cabrales), a Oscar Acevedo, a Salvador Sili (Santiaguito), al Poeta Alfonso Hernández (Gonzalo) y a Misael Gallardo, entre otros.

En mi caso, provengo de sectores cristianos de la iglesia evangélica y tuve participación en la lucha estudiantil de secundaria desde 1974, hasta que fui designado a la lucha guerrillera a finales de 1976 y de ahí todo el período de la guerra.

Como RN tuvimos momentos angustiosos, propios de los que se vivían en la clandestinidad y en ese período de la represión.

En 1982, la Policía de Hacienda montó un operativo militar sobre una casa clandestina que teníamos en la colonia Miralvalle; ahí capturaron y después desaparecieron a los compañeros Raúl Villalta que era abogado laboralista, a su compañera de vida América Fernanda – dirigente de la Comisión de Derechos Humanos- y a la esposa de Bernabé Recinos con su hija, de la que nunca se supo más. En ese mismo evento desaparecieron al compañero Salvador Renderos que estaba de paso por la ciudad.

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Como anécdota a parte, quiero decir que hace cuatro años –por el 2004- apareció la hija de Bernabé Recinos. Bernabé me dijo: “Mirá hermano, mi hija apareció, el problema es que no quiere hablar de nada del pasado. Yo he hablado con ella y rechaza toda conversación sobre ese tema ella era una niña cuando fueron desaparecidos; no quiere saber de nada y en alguna medida me culpa de lo que le pasó. Ahora ella es una mujer casada y con hijos. Pero ¿qué pasó con ella durante todos esos años? Ella fue una niña testigo de los desaparecidos’’. Es muy doloroso, porque Bernabé perdió a su familia mientras estaba en la cárcel.

Otro caso doloroso es la captura de Doroteo Gómez Arias, en una oficina clandestina que teníamos en el Condominio Cuscatlán –en frente del Parque Cuscatlán-. Ahí capturaron a otro compañero –no recuerdo su nombre- que era responsable de la oficina; lo esposaron, pero él, consciente de su compromiso revolucionario y sabedor de que nosotros íbamos a llegar a una reunión a esa casa, se tiró de la tercera planta y se mató, supongo que para generar un escándalo que nos alertara y de esa manera evitar que fuéramos capturados.

Durante el mes de noviembre de 1989, en los preparativos de la “Ofensiva Hasta el Tope”, los oficiales de la Policía Nacional pusieron una poderosa bomba en la sede de FENASTRAS, que destruyó toralmente el edificio. Ahí murieron los compañeros Febe Elizabeth Velásquez, una mujer joven y luchadora, y el Secretario de la Industria de la Construcción. Fueron pérdidas irreparables.

Una de las operaciones muy importantes del FAPU fue la toma de la iglesia San Francisco, el 28 de enero de 1979. Esta acción fue para exigir la libertad del compañero Romel Bonilla, un dirigente estudiantil que en esos momentos estaba preso en San Miguel. Era una toma claramente armada, por lo que fue cercada por la Guardia Nacional; el combate duró más de 24 horas. Ahí murieron un hermano de Eduardo Solórzano, Carlos Alberto Ramírez –un primo mío- y muchos compañeros. Hay datos periodísticos que revelan, que cuando el juez hizo la inspección de los cuerpos, todos murieron, nadie sobrevivió; estaban las armas pero no había ni un solo tiro, ni un solo cartucho. La Guardia masacró a todos los compañeros.

En esa misma época, se hicieron tomas simultaneas de iglesias, tanto la de Suchitoto, como la de Ilobasco y otras de San Salvador, solo que estas eran tomas con objetivos reivindicativos. Pero por la escalada de represión que existía, no podían ser tomas pacificas, sino armadas.
Funcionamiento y Métodos

Muchos de esos compañeros que dirigían el trabajo social y se involucraban directamente con los trabajadores en la organización y en las actividades, eran miembros de la dirección de la RN, como es el caso de Alberto Ramos, miembro de la Comisión Política de la Resistencia Nacional, y que en lo abierto era el Secretario General del FAPU. O sea, cada uno de los secretarios de las diferentes organizaciones, formaban parte de la dirección del FAPU. Así como Alberto Ramos, Bernabé Recinos también era dirigente general para la lucha obrera; Salvador Renderos y otros compañeros, estaban en el agrupamiento campesino. Por la lucha estudiantil universitaria la Sociedad de Estudiantes de Medicina, estaba el compañero Marcos (Raúl Hernández), que después fue desaparecido en el occidente del país. En ese núcleo de dirigentes obreros del FAPU, que trabajaban en lo abierto, estaba también el compañero Sergio Hernández, que fue capturado en las inmediaciones del Palacio Nacional en 1982, y luego desaparecido.

El FAPU fue producto de una inyección de importantes cuadros que trabajaban con los obreros, campesinos, estudiantes, intelectuales, y con los profesionales. Era una actividad compleja, porque eran cuadros de dirección, que por un lado tenían una vida clandestina, y por otro, daban la cara haciendo trabajo en lo social de manera abierta, como es el caso de Alberto Ramos -y muchos otros compañeros que daba conferencias en los distintos espacios de la Universidad y luego vivían como el gato y el ratón, escondidos en cualquier lugar y saliendo a sus tareas.

La dinámica del trabajo lo exigía así, porque la represión era cada vez más fuerte, y si esos métodos de compartimentación y seguridad no se cumplían, se ponía en riesgo la vida de uno, la de los demás y, en general, de la organización. Lo que siempre se procuraba era, que no tuvieran armas en sus casas ni propaganda de la RN, porque la inteligencia del enemigo sabía que la lucha social y la lucha armada eran la misma cosa. Gracias a esos métodos fue que pudimos proteger nuestra estructura de dirección, a nuestros cuadros y todo el trabajo de masas, lo cual nos permitió llegar con capacidad al inicio de la ofensiva del 10 de enero de 1981 y continuar con fuerza todo el período de lucha armada de la década de los 80. – See more at: http://marcialteniarazon.org/blog/concepcion-frentistas-de-la-resistencia-nacional-rn#sthash.pdBUtDrr.dpuf