Geopolitica dei Vaccini. Giovanna Baer. 2021

La prima a dirlo è stata Sylvie Kuffman a febbraio sul New York Times: “In a world where the vaccines have become a new measure of geopolitical power, no doubt President Vladimir Putin of Russia and President Xi Jinping of China will smile at the sight of Europe’s difficulties” (In un mondo in cui i vaccini sono diventati una nuova misura del potere geopolitico, senza dubbio il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping sorrideranno alla vista delle difficoltà dell’Europa)[1].

Dal 2 dicembre 2020, data in cui l’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (MHRA) del Regno Unito ha approvato l’uso temporaneo del vaccino Pfizer-BioNTech, facendo della Gran Bretagna il primo Paese del mondo occidentale ad approvare l’uso di un vaccino contro il Covid[2], la parola vaccino è diventata sinonimo di potere globale: in mancanza di una cura efficace, prevenire il Covid-19 e le sue complicazioni è il solo modo per tornare alla normalità, qualunque cosa significhi.

La disponibilità di vaccini significa soprattutto ritornare a muoversi liberamente: non solo andare a scuola e in ufficio, ma uscire a cena, godersi un film al cinema e un concerto in teatro, viaggiare. Detto in termini economici: produrre e consumare a pieno ritmo.

Dopo lo shock economico del 2020, le previsioni di crescita delle nazioni dipendono innanzitutto dalla quota di popolazione resistente al coronavirus: il 17 marzo la Federal Reserve ha rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2021 dell’economia americana, che ha inoculato ai suoi cittadini 118 milioni di dosi, portandole al 6,5% dal 4,2 % previsto appena a dicembre, prima della campagna di vaccinazione intensiva promossa da Biden.

A marzo scorso il presidente della Fed, Jerome Powell ha dichiarato: “La ripresa economica americana sta guidando quella mondiale. […] Mi piacerebbe che l’Europa facesse meglio sulla crescita e sulle vaccinazioni, ma per ora non sono preoccupato per noi”.

La possibilità di fornire vaccini ai Paesi che ne sono privi è diventata così parte dei meccanismi di soft power, un termine utilizzato tipicamente in ambito diplomatico e nella teoria delle relazioni internazionali per descrivere l’abilità di un attore politico di persuadere, convincere, attrarre e cooptare altri soggetti senza ricorrere alle maniere forti (il potere militare), con l’obiettivo di modificare a proprio vantaggio lo scenario geopolitico del pianeta.

In periodi di pandemia, cure e vaccini sono l’equivalente della fornitura di armi in tempo di guerra, e si sa, quando c’è da combattere per la propria vita, si è disposti a promettere qualunque cosa a chiunque, anche ai vecchi nemici, per salvarsi la pelle.

Di conseguenza, le nazioni che hanno sviluppato vaccini anti Covid-19 efficaci si sono trovate nella desiderabilissima condizione di poter migliorare la propria posizione politica in contesti geografici fino a oggi inaccessibili, e le loro strategie di distribuzione dei farmaci riflettono questa nuova consapevolezza.

Il mondo e i vaccini

Al 25 marzo 2021 sono state somministrate oltre 328 milioni di singole dosi nel mondo, con Israele, Regno Unito, Cile e Bahrein in testa per singole dosi somministrate in rapporto alla popolazione [3]. Sempre lo scorso marzo, 12 vaccini erano stati autorizzati da almeno un’autorità nazionale di regolamentazione per l’uso pubblico: due vaccini a RNA (il vaccino Pfizer-BioNTech – il primo approvato per l’uso regolare – e il vaccino Moderna), quattro vaccini inattivati convenzionali (BBIBP-CorV di Sinopharm, BBV152 di Bharat Biotech, CoronaVac di Sinovac e CoviVac), quattro vaccini a vettore virale (Sputnik V dell’Istituto di ricerca Gamaleya, il vaccino Oxford-AstraZeneca, Ad5-nCoV della CanSino e il vaccino Johnson & Johnson) e due vaccini a subunità proteiche (EpiVacCorona dell’Istituto Vektor e ZF2001) ([4]).

Gli USA ne hanno sviluppato tre (Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson); l’Inghilterra ha sviluppato AstraZeneca (società anglo-svedese); il brevetto dello Sputnik V, dell’EpiVac Corona e del CoviVac sono russi; quelli di Sinopharm, Sinovac, CanSino Biologics e ZF2001 sono cinesi; e infine il brevetto del BBV152 è indiano.

Come è facile intuire, fra questi sono tre gli Stati ad avere interessi di egemonia planetaria e i cui obiettivi collidono: gli USA, la Russia e la Cina. Ma le loro strategie sull’uso della nuova arma di salvezza di massa sono al momento piuttosto differenti.

Nella puntata di Mappa Mundi (Limes) del 2 marzo 2021[5]Dario Fabbri e Giorgio Cuscito hanno analizzato la battaglia geopolitica delle tre big intorno alla produzione e distribuzione dei vaccini, individuando due modelli molto differenti. Il primo, quello adottato dagli USA, considera l’attuale disponibilità di vaccini un vantaggio di breve periodo, in parte per l’emergere di varianti resistenti del virus, ma soprattutto nella convinzione che molte nazioni del pianeta arriveranno velocemente a produrre nuove alternative fra cui scegliere.

Biden ha preferito dunque puntare sull’immunità di gregge all’interno degli USA, anche a rischio di ritrovarsi nel famoso backyard (il cortile di casa) russi e cinesi, ritenendo (a torto o a ragione) che gli sforzi dei concorrenti globali per pescare consenso nei territori di influenza americana (segnatamente America Latina ed Europa) saranno presto disinnescati.

All’estremo opposto, Cina e Russia hanno scelto di utilizzare i loro vaccini essenzialmente come strumenti di soft power per rosicchiare consenso nei territori che storicamente si trovano sotto l’ala dell’aquila americana. Anche il processo di sviluppo dei vaccini all’interno è stato fin dalle prime fasi orientato in questo senso: Russia e Cina, coerentemente con i loro obiettivi di esportazione, hanno ottenuto dalle rispettive attività di vigilanza l’approvazione per somministrare il vaccino prima ancora di aver validato i risultati dei trial clinici.

Subito dopo hanno iniziato a offrire i nuovi farmaci all’estero a prezzi molto convenienti, sacrificando di fatto l’obiettivo dell’immunità di gregge all’interno dei loro confini, sebbene a partire da situazioni molto differenti: la Cina, che ha imparato a controllare efficacemente il virus con misure a basso impatto, a oggi registra circa 50 casi al giorno e può quindi permettersi a cuor leggero di esportare i vaccini; mentre la Russia, che è in condizioni sanitarie ben peggiori, ha deciso deliberatamente di disinteressarsi della situazione interna pur di guadagnare prestigio e influenza all’estero.

Non a caso il nome del più importante vaccino russo è Sputnik, come quello del primo satellite lanciato nello spazio, forse il momento in cui la Russia si è trovata più vicina a vincere la corsa per la conquista del cosmo e con essa la guerra fredda con gli USA.E la strategia funziona, sia per Xi Jinping che per Putin.

J. Stephen Morrison, vicepresidente senior del Center for Strategic and International Studies (CSIS), un think tank basato a Washington, ha dichiarato a marzo scorso: “Non ci sono dubbi sul fatto che i russi e i cinesi stiano usando in maniera aggressiva i propri vaccini come strumenti di diplomazia […] Chi sta guadagnando influenza e chi la sta perdendo è una considerazione difficile da fare al momento, perché siamo ancora a una fase iniziale della risposta. Sicuramente è in atto una competizione geopolitica. Per certi aspetti i russi e i cinesi sono avanti nella corsa” [6].

La Cina e la Health Silk Road

Almeno 25 Paesi in tutto il mondo stanno già utilizzando i vaccini cinesi. Quattordici (Bahrain, Cambogia, Egitto, Ungheria, Giordania, Macao, Marocco, Pakistan, Perù, Senegal, Serbia, Seychelles, Emirati Arabi Uniti e Zimbabwe) hanno scelto il SinoPharm cinese; mentre undici (Brasile, Cile, Guatemala, Hong Kong, Indonesia, Malesia, Cipro del Nord, Filippine, Thailandia, Turchia e Uruguay) hanno optato per il Sinovac, sempre cinese[7]. Ma sarebbero addirittura 60 i Paesi interessati, distribuiti in Medio Oriente, Europa, America latina e persino in Oceania.

Secondo il Financial Times, l’intero apparato statale cinese sarebbe coinvolto nella diplomazia dei vaccini. Pechino sarebbe entrata in azione attraverso i canali di cooperazione aperti dalla Belt and Road Initiative: “La sanità era uno dei tanti sotto-progetti della BRI. Con la pandemia, è diventata l’obiettivo principale”, afferma Moritz Rudolf dell’Istituto tedesco per gli affari internazionali e la sicurezza [8].

Il 21 febbraio il Wall Street Journal riporta [9] che l’aeroporto di Addis Abeba, in Etiopia, è diventato il centro di una vasta supply chain che la Cina sta costruendo per accelerare la consegna dei suoi vaccini contro il coronavirus e ampliare la sua influenza verso il mondo in via di sviluppo. Solo nell’ultima settimana di febbraio, secondo i funzionari dell’Ethiopian Airlines, più di un milione di dosi di vaccini cinesi contro il Covid-19 sarebbero passate dal terminal etiope.

L’obiettivo sarebbe la riconoscenza dei politici e delle persone che hanno bisogno di vaccini Covid-19 a basso costo, e il prestigio di essere visti come una nazione in grado di agire da custode della salute pubblica globale. All’inizio di febbraio sono arrivate in Pakistan mezzo milione di dosi di SinoPharm, destinate a essere smistate in altri 13 Paesi tra cui la Cambogia, il Nepal, la Sierra Leone e lo Zimbabwe. L’ambasciatore cinese in Pakistan ha descritto l’operazione come una “manifestazione della nostra fratellanza”, un sentimento ricambiato dal governo pakistano [10].

Dopo mesi di battaglia contro il risentimento e la sfiducia per aver dato inizio alla pandemia, i diplomatici, i dirigenti farmaceutici e altri mediatori cinesi hanno raccolto decine di richieste di vaccini da parte di funzionari disperati dell’America Latina, che sta pagando al coronavirus un prezzo devastante in termine di vite umane.

Improvvisamente, Pechino si è ritrovata con un’enorme nuova leva nella regione, tradizionalmente sotto l’egemonia statunitense ma dove la Cina ha una vasta rete di investimenti e l’ambizione di espandere il commercio, le partnership militari e i legami culturali [11].

Il Brasile è forse il caso più clamoroso. Solo l’anno scorso, il presidente Jair Bolsonaro, un fervente alleato di Trump, disprezzava il vaccino cinese che era in fase di sperimentazione clinica in Brasile, arrivando a impedire al ministero della Salute di ordinarne 45 milioni di dosi: “Il popolo brasiliano non farà da cavia per nessuno”, scriveva su Twitter.

Ma con la partenza di Trump e gli ospedali brasiliani allo stremo, il governo di Bolsonaro ha cercato di ricucire i rapporti con la Cina. Il presidente, suo figlio e il ministro degli Esteri hanno bruscamente smesso di criticare Pechino, mentre i funzionari di gabinetto che hanno contatti con i cinesi, come Fabio Faria, ministro delle Telecomunicazioni, hanno lavorato furiosamente per far approvare nuove spedizioni di vaccini.

Faria si è recato a Pechino nel mese di febbraio, ha incontrato i dirigenti di Huawei nella loro sede e ha fatto una richiesta molto insolita per una società di telecomunicazioni: “Ho approfittato del viaggio per chiedere i vaccini, che è quello che tutti vogliono”, ha dichiarato il ministro. Due settimane dopo, il governo sudamericano ha annunciato le regole per la sua asta 5G, una delle più grandi al mondo.

Huawei, che non aveva le carte in regola per partecipare appena qualche mese prima, fa ora parte delle concorrenti. Alla fine del mese milioni di dosi di vaccino cinese sono arrivati in Brasile. “La distribuzione globale dei vaccini deve essere equa e, in particolare, accessibile e conveniente per i Paesi in via di sviluppo”, ha detto il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. “Speriamo che tutti i Paesi che ne hanno la capacità si uniscano e diano il loro contributo” [12]. Un contributo che potrebbe rivelarsi molto conveniente.

La Russia e il successo dello Sputnik

Sul versante Russia, per quanto riguarda Putin, nessuno dubita che veda nello Sputnik V una nuova possibilità per proiettare la propria influenza altrove. Gli esperti hanno ripetutamente espresso preoccupazione per la poca trasparenza intorno ai dati dei trial clinici del vaccino e per la sua autorizzazione troppo rapida.

Ma la Russia sostiene di aver ricevuto ordini per 1,2 miliardi di dosi, soprattutto dopo che una delle più prestigiose riviste di medicina al mondo, The Lancet, ha affermato che il vaccino è sicuro ed efficace: molto efficace, il 91,6% per prevenire del tutto il Covid19 e il 100% per impedirne le forme da moderate e gravi.

A fine marzo, secondo il Russian Direct Investment Fund (RDIF), che commercializza il farmaco, lo Sputnik V è stato approvato in 56 Paesi con una popolazione complessiva di oltre 1,5 miliardi di persone [13].

Fra questi l’Iran, che ha iniziato la vaccinazione di massa con un gesto altamente simbolico: l’inoculazione del vaccino russo al figlio del ministro della Salute, Saeed Namaki [14], e il Vietnam, uno dei Paesi più popolosi del sud-est asiatico. Risultati molto interessanti sono stati ottenuti in America latina, in cui nove Stati hanno approvato l’uso dello Sputnik: Argentina, Bolivia, Guatemala, Guyana, Honduras, Messico, Nicaragua, Paraguay e Venezuela.

L’Argentina è stata la prima, alla fine di dicembre, e ha contrattato l’acquisto di 25 milioni di dosi. Venezuela e Messico hanno ricevuto spedizioni rispettivamente di 100.000 e 200.000 dosi all’inizio di febbraio. Il Nicaragua ha iniziato a distribuire il vaccino il 2 marzo dopo aver ricevuto dalla Russia una quantità non specificata di dosi come donazione. La Bolivia ha ricevuto 20.000 dosi di Sputnik a gennaio e dovrebbe riceverne ancora abbastanza per vaccinare 2,6 milioni di persone. Il Paraguay ha annunciato l’acquisto di un milione di dosi, ma finora ne ha ricevute solo 4.000 [15].

Ma non è tutto. A febbraio la Russia aveva anche offerto all’Unione Africana (UA) 300 milioni di dosi di vaccino: i Paesi disposti ad acquistare le dosi avrebbero avuto diritto anche a un pacchetto di finanziamenti aggiuntivi. L’UA, composta da 55 membri, spera di vedere immunizzato il 60% dei suoi 1,3 miliardi di persone entro i prossimi tre anni.

“Siamo grati di ricevere i vaccini Sputnik V dalla Federazione Russa e tremendamente orgogliosi di poterli offrire […] ai nostri Stati membri dell’UA”, ha dichiarato John Nkengasong, direttore dell’organismo di controllo delle malattie dell’UA, aggiungendo: “Le partnership bilaterali come queste sono fondamentali nei nostri sforzi per porre fine alla pandemia” [16].

Il contratto con l’UA, se rispettato per intero, sarebbe uno dei più grandi accordi di fornitura russi mai sottoscritti con l’estero. Nel continente africano, l’Algeria sta già distribuendo il vaccino, mentre la Guinea è in trattativa per ottenerne circa 400.000 dosi; anche il ministero della Salute del Sudafrica ha fatto sapere che la Russia ha presentato la documentazione al regolatore locale per la registrazione.

Tuttavia John Nkengasong, capo dell’Africa Centres for Disease Control and Prevention, ha messo in guardia contro la “diplomazia dei vaccini”: “L’Africa si rifiuterà di essere un terreno di gioco in cui si usa il Covid come strumento per gestire le relazioni”, ha dichiarato in un webinar ospitato dal think tank Atlantic Council alla fine di febbraio [17].

E, con tutti i 27 membri dell’Unione Europea che faticano ad accelerare la campagna di vaccinazione contro il Covid-19, il vaccino russo fa breccia nei cuori di molti, soprattutto i Paesi dell’Europa orientale, creando le basi per un’ulteriore potenziale spaccatura nella regione. L’Ungheria, un Paese con relazioni difficili con Bruxelles, è diventata in gennaio la prima nazione europea ad autorizzare lo Sputnik, bypassando l’EMA, l’Agenzia europea per i medicinali. Il Paese si aspetta nei prossimi mesi una fornitura di due milioni di dosi del vaccino russo, e nel frattempo ha approvato anche il cinese SinoPharm.

Il 3 marzo la Slovacchia è diventata il secondo Stato europeo ad annunciare di aver acquistato lo Sputnik, assicurandosi 2 milioni di dosi, mentre il Primo ministro ceco Andrej Babis ha dichiarato che anche il suo Paese potrebbe utilizzarlo senza l’approvazione dell’EMA; mentre Vladimir Putin e il cancelliere austriaco Sebastian Kurz hanno discusso “la fornitura del vaccino russo all’Austria e la possibilità di una sua produzione congiunta”, ha dichiarato il Cremlino, sottolineando che il colloquio era stato avviato dall’Austria [18].

La Serbia, che è stato il primo Paese in Europa a usare il Sinopharm, ha acquistato centinaia di migliaia di dosi di Sputnik V dalla Russia [19], e per di più ha inflitto alla Ue lo smacco di surclassarla nelle pubbliche relazioni, consegnando 10.000 dosi di vaccino di AstraZeneca prodotto in India alla Bosnia Erzegovina. Come la maggior parte degli altri Paesi dell’Europa sudorientale e dei Balcani occidentali, la Bosnia aveva fatto affidamento sul Covax [20]eppure non aveva ricevuto nessun vaccino e non era riuscita ad acquistare una sola dose per conto proprio.

L’ambasciata russa in Croazia ha confermato sul suo account Facebook ufficiale che l’ambasciatore Andrej Nesterenko e il ministro della Salute croato Vili Beros hanno avuto una conversazione telefonica, durante la quale è stato affermato che la Croazia è interessata ad acquistare il vaccino Sputnik [21].

La lentezza europea ha fatto sì che tutti i Paesi della regione siano rimasti molto indietro rispetto ai propri piani di vaccinazione. Di fronte alla crescente pressione pubblica, la maggior parte dei governi dell’Europa sudorientale – con l’eccezione di Grecia, Romania e Slovenia – sembrano ora determinati a seguire gli esempi ungherese e serbo, e stanno meditando o già negoziando con fornitori al di fuori dei sistemi Ue e Covax: del resto, come ha commentato la dottoressa Gergana Nikolova alla televisione nazionale bulgara il 27 febbraio: “Il miglior vaccino è quello che viene iniettato”.

Collaborazione o concorrenza?

La Cina e la Russia sono al momento partner strategici e stanno cooperando nella produzione di vaccini. La Russia sta effettuando prove del vaccino CanSino e la Cina ha iniziato a produrre lo Sputnik V russo alla fine di febbraio, dopo quello che l’ambasciatore russo in Cina, Andrei Denisov, ha definito “negoziati molto difficili” su questioni delicate, compreso il problema della proprietà intellettuale che ha a lungo tormentato i rapporti militari sino-russi.

Ma l’apparente armonia nasconde una competizione per i mercati dei vaccini nelle tradizionali aree di influenza russa in Asia centrale e Mongolia. E, se consideriamo la distribuzione dei vaccini russi e cinesi, nonostante la “diplomazia sanitaria” lungo i Paesi della Belt and Road Initiative e gli sforzi per espandere il soft power cinese in Eurasia, è lo Sputnik V che è stato accolto con più entusiasmo, con i vaccini indiani (il Covishield, nome del vaccino Astrazeneca di produzione indiana, e il Covaxin, non ancora in commercio) ([22]) che si piazzano al secondo posto.

Il Kazakistan e la Mongolia hanno entrambi approvato il vaccino russo, così come il Turkmenistan. Il governo mongolo ha inoltre rifiutato le offerte di fornitura di Pechino, ma ha accettato la proposta indiana per il Covishield (anche il Kazakistan, che è il primo Paese a produrre localmente lo Sputnik V, è interessato ad accedere ai vaccini indiani). Solo l’Uzbekistan, che ha cercato a lungo di mantenere la sua libertà di manovra con la Russia e la Cina, ha sia approvato lo Sputnik che accettato di testare i due vaccini cinesi in cambio dell’opportunità di produrli localmente.

Il governo sta inoltre negoziando con la società russa Vektor sullo sviluppo del vaccino EpiVacCorona [23]. Il Tagikistan, l’Uzbekistan e il Kirghizistan hanno le caratteristiche per accedere al Covax dell’OMS, ma il programma, secondo uno studio dell’Economist Intelligence Unit, non sarà probabilmente in grado di vaccinare la maggior parte degli Stati dell’Asia centrale fino alla fine del 2023 [24]. Ciò rende di fatto i vaccini russi e cinesi l’unica alternativa a basso costo.

La retromarcia USA

“Non vedo l’ora di accogliere @POTUS alla riunione del Consiglio europeo di questa settimana. Ho invitato il Presidente degli Stati Uniti a unirsi al nostro incontro per condividere le sue opinioni sulla nostra futura cooperazione. È tempo di ricostruire la nostra alleanza transatlantica”. Con questo tweet del 23 marzo Charles Michel, Presidente del Consiglio europeo, annuncia la presenza da remoto di Biden al meeting settimanale.

All’ordine del giorno c’è il Covid, e la notizia della partecipazione del primo cittadino americano alimenta la speranza di un soccorso al vecchio continente nella campagna vaccini. Ma forse, dietro alla mano tesa da oltreoceano, si nasconde qualcosa di diverso da una disinteressata amicizia.

Il giorno successivo, il 24 marzo, il Washington Post pubblica un’analisi dal titolo “Biden’s vaccination success story is about to run into a world of pressure”: dato che gli Stati Uniti hanno ordinato molte più dosi di farmaci di quelle di cui avranno bisogno per completare la campagna di vaccinazione, e posto che è stata una buona cosa decidere di dare la priorità ai cittadini americani, sembra arrivato il momento per gli USA di abbandonare la politica isolazionista e di ricominciare a preoccuparsi di quello che succede oltre i confini, perché la Russia e la Cina stanno guadagnando terreno [25].

Qualche giorno prima, il 19 marzo, un articolo pubblicato su Foreign Affairs invitava il Presidente americano a pensare ancora più in grande. Il pezzo, intitolato “America can and should vaccinate the world” [26], riconosce che, nell’affrontare la peggiore delle crisi globali da oltre vent’anni, gli Stati Uniti sono stati finora superati.

Si legge nell’articolo che Russia e Cina hanno aggressivamente commercializzato e distribuito i loro vaccini a Paesi stranieri: la Russia per rafforzare la sua immagine e le sue prospettive di investimento e per creare un cuneo tra i Paesi dell’Ue; la Cina per ottenere una leva nelle dispute territoriali ed espandere la sua influenza nell’ambito della Belt and Road Initiative.

Sia Mosca che Pechino si sono mosse inoltre per disturbare gli Stati Uniti “nel cortile di casa” fornendo vaccini all’America Latina. Ma Biden, afferma sempre Foreign Affairs, non dovrebbe cercare di battere la Russia e la Cina al loro stesso gioco, distribuendo vaccini a Paesi specifici in base alla loro importanza geostrategica e alla quantità di attenzione che stanno ricevendo dalle potenze rivali; piuttosto, dovrebbe perseguire all’estero il tipo di approccio che ha utilizzato in patria: la sua amministrazione dovrebbe concentrarsi meno sui vantaggi strategici e più sul vaccinare il maggior numero di persone al mondo nel minor tempo possibile.

Immaginiamo, si chiede il Foreign Affairs, cosa potrebbe accadere se Washington trattasse il Covid come la nazione nemica in una guerra mondiale o, in altri termini, quale avrebbe dovuto essere la mobilitazione USA se la pandemia fosse davvero combattuta come la minaccia globale che è.

“Washington guiderebbe uno sforzo multilaterale […] Il governo attiverebbe l’esercito e chiamerebbe gli alleati del G-7 e della NATO in una grande operazione di assistenza che acceleri il flusso delle forniture di vaccino e rafforzi i sistemi di consegna. […] Il governo degli Stati Uniti userebbe il Dipartimento di Stato, l’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale (USAID), i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), e altre agenzie civili e programmi di sviluppo per aiutare i Paesi (esteri) con i propri programmi nazionali di vaccinazione.

E arruolerebbe aziende, organizzazioni non profit e l’intera società civile per aiutare ad aumentare la produzione di vaccini, raccogliere fondi e fornire assistenza tecnica alle controparti straniere”. Quello che gli USA dovrebbero fare è: go really big. Una campagna di questo tipo, conclude Foreign Affairs, premierebbe gli interessi economici e di sicurezza degli Stati Uniti e riaccenderebbe la leadership globale americana dopo anni di declino.

Piuttosto che perpetuare la “diplomazia vaccinale transnazionale” di Cina e Russia, uno sforzo vaccinale globale guidato dagli Stati Uniti potrebbe creare un nuovo multilateralismo più pragmatico e inclusivo dell’ordine internazionale e più adatto ad affrontare le minacce globali. Il presidente Biden dimostrerebbe inequivocabilmente che gli Stati Uniti non solo non sono “indietro” ma guardano molto avanti.

Senza contare, aggiungiamo noi, quanto si potrebbe guadagnare (in vile denaro) da una ripresa accelerata dell’economia globale: uno studio dell’Eurasia Group ha stimato che vaccinare le nazioni a basso e medio reddito genererebbe almeno 153 miliardi di dollari per gli Stati Uniti e le altre nove economie più sviluppate nel 2021 e fino a 466 miliardi di dollari entro il 2025.

Anche se gli Stati Uniti vaccinassero tutta la popolazione interna, infatti, la loro ripresa economica sarebbe rallentata dalla debolezza dei partner commerciali senza un pieno accesso al vaccino. Come ha già commentato Biden: “In definitiva non saremo sicuri finché il mondo non sarà sicuro”.

Inoltre, la pandemia di oggi non sarà l’ultima: gli Stati Uniti sono consapevoli che le partnership e le infrastrutture sanitarie pubbliche che costruirebbero per ‘salvare il mondo’ da questo coronavirus li difenderebbero anche dal prossimo agente patogeno mortale, e una seria campagna globale per vaccinare tutti il prima possibile segnerebbe l’inizio di un’era molto diversa della leadership americana. Considerazioni che, certamente, fanno anche Cina e Russia.


[1] https://www.nytimes.com/2021/02/04/opinion/eu-covid-vaccines.html

[2] Entro il 21 dicembre 2020 molti Paesi e l’Unione europea hanno poi autorizzato e/o approvato il vaccino Pfizer-BioNTech: l’11 dicembre 2020 la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha concesso un’auto- rizzazione all’uso di emergenza per il vaccino Pfizer-BioNTech e, una settimana dopo, anche per mRNA-1273, il vaccino della statunitense Moderna

[3] https://ourworldindata.org/covid-vaccinations

[4] Ibidem

[5] https://www.youtube.com/watch?v=G45Vrulpv_M

[6] https://www.huffingtonpost.it/entry/russia-e-cina-sono-avanti-ma-gli-usa-possono-vincere-la-sfida-globale- del-vaccino_it_60426ed0c5b6429d08333bbd

[7] https://www.politico.eu/article/everything-you-need-to-know-china-coronavirus-vaccines/

[8] https://www.ft.com/content/c20b92f0-d670-47ea-a217-add1d6ef2fbd

[9] https://www.wsj.com/articles/china-covid-vaccine-africa-developing-nations-11613598170

[10] https://asiatimes.com/2021/02/how-some-countries-are-using-covid-to-enhance-soft-power/

[11] https://economictimes.indiatimes.com/news/international/world-news/after-an-initial-failure-how-china-is- now-winning-the-vaccine-diplomacy-in-latin-america/articleshow/81525837.cms

[12] Ibid.

[13] https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-russia-vaccine-vie-idUSKBN2BF0TG

[14] https://www.ft.com/content/c20b92f0-d670-47ea-a217-add1d6ef2fbd

[15] https://edition.cnn.com/2021/03/03/americas/sputnik-latin-america-spreads-intl-latam/index.htm

[16] https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-africa-idUSKBN2AJ0Y3

[17] https://www.reuters.com/article/uk-health-coronavirus-africa-vaccine-dip-idUSKBN2B40P

[18] https://www.cnbc.com/2021/03/02/russias-sputnik-vaccine-is-luring-eastern-europe-worrying-the-eu.html

[19] https://www.ft.com/content/285bc936-4041-4623-aaea-e20e5d66b2f2

[20] Il Covax è un programma di collaborazione globale guidato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per assicurare ai Paesi in via di sviluppo un accesso equo ai vaccini contro il Covid: punta a consegnare due miliardi di dosi e dovrebbe coprire dal 20 al 25% del fabbisogno vaccinale dei Paesi a medio e basso reddito

[21] https://balkaninsight.com/2021/03/08/in-central-and-southeast-europe-eu-is-losing-vaccination-race-to-russia/

[22] https://www.bbc.com/news/world-asia-india-55748124

[23] https://thediplomat.com/2021/02/china-and-russia-vaccine-competitors-or-partners/

[24] https://www.eiu.com/n/85-poor-countries-will-not-have-access-to-coronavirus-vaccines/

[25] https://www.washingtonpost.com/politics/2021/03/24/bidens-vaccination-success-story-is-about-run-into- world-pressure/

[26] https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2021-03-19/america-can-and-should-vaccinate-world

La pandemia transformó las clases sociales de El Salvador. Leonel Ibarra. LPG. 31 de mayo de 2021

Durante más de cinco años, Pilar (nombre ficticio) trabajó en una cooperativa de taxis con sede en San Salvador. Comenzó desempeñando funciones de radiooperadora hasta que, gracias a sus capacidades, logró ascender a funciones administrativas, con una mejora salarial, que le permitía mantener a sus dos hijas y pagar el alquiler de una casa.

A pesar de no haber terminado estudios superiores y no contar con el apoyo de sus padres, su vida no tenía lujos, pero tampoco padecía necesidades: casa en la zona urbana del municipio de Mejicanos, hijas estudiando en colegio privado, cuenta de ahorro y pago de préstamos al corriente, salidas a pasear los fines de semana, e, incluso, planes de comprar un vehículo usado.

Sin embargo, con la llegada del covid-19 y los cierres obligatorios de la mayoría de las actividades productivas en 2020, Pilar perdió su empleo en junio y comenzó lo que ella describe como «de los días más duros que le han tocado vivir».

Desde entonces, no ha podido encontrar un empleo formal y ahora se dedica a la venta de ropa, perfumes y otros artículos por medio de las redes sociales. Con esto, dice que obtiene «cuando hay suerte» unos $200 al mes.

«Con lo que gano apenas y la vamos pasando. Tuve que sacar a mis niñas del colegio y pasarlas a escuela pública, la dueña de la casa donde alquilaba me la pidió y ahora vivimos donde una amiga que nos ha regalado un espacio a cambio de ayudarle en oficios domésticos, del banco no dejan de llamarme porque estoy bien atrasada», dice con pesar.

Este es solamente uno de los miles de casos de salvadoreños que han visto degradado su nivel económico debido a la pandemia y no han podido recuperarse.

Vulnerables

Las clases son niveles estandarizados de medir la pobreza por medio de los niveles de ingreso y el poder adquisitivo. En El Salvador, se divide a la población en grandes estratos: la clase pobre, que se subdivide en pobreza absoluta (que está conformada por personas que tienen menos de $1 al día para su subsistencia) y pobreza relativa (menos de $5); luego está la clase media, que se compone de los subestratos de clase media vulnerable y la clase media consolidada.

La clase media vulnerable es la que dispone de ingresos de $5 a $12 diarios (como el caso de Pilar) y es la más susceptibles a «shocks» como el alza en los precios de la gasolina o eliminación de subsidios para retroceder a los niveles de pobreza, y la consolidada (entre los $12 y $62 al día).

La economista Julia Evelin Martínez explica que, después de la pandemia, se está ante «una estructura de clases más desigual y más empobrecida» y se ha ensañado con los sectores con menor nivel de educación, que trabajan en el sector informal y viven en el área rural del país.

«Mientras la clase media disminuye, la clase pobre aumenta y, como es la tendencia en otros países, la clase alta o de grandes ingresos ha tendido a ampliarse», agrega la especialista.

Un reporte del Banco Interamericano de Desarrollo (BID) señala que, en El Salvador «ha habido un estancamiento de la clase media del país consolidada a pesar del incremento en ingresos antes de la covid-19».

A pesar de que la media de ingresos mensuales por hogar incrementó de $274 a $500 entre 1999 y 2019, la clase media salvadoreña osciló entre 17 % y 24.6 % de la población. Este crecimiento de los ingresos, dice el BID, «ha sido insuficiente» para cerrar la brecha con los países de Latinoamérica, donde la clase media promedia un 32 % de la población.

En el mismo periodo, se vio «una considerable expansión» de la población vulnerable y este grupo pasó de representar un tercio a casi la mitad de la población total del país.

En concreto, las estimaciones del BID sugieren que la tasa de pobreza de El Salvador podría incrementarse este año en cerca de 7.4 puntos porcentuales, es decir, en unas 478,000 personas adicionales con ingresos diarios menores a $5 por día. La clase media consolidada se reduciría de 25 % a 19 % de la población en 2020.

José Andrés Oliva, investigador del Departamento de Estudios Económicos de FUSADES, afirma que la vicisitud económica, a raíz de los cuatro meses de cierre de actividad productiva, ha sido generalizada y afectó a una gran porción de la población.

Lanzan Coordinadora Salvadoreña de Movimientos Populares. 2 de diciembre de 2019. ARPAS

Diversas organizaciones sociales lanzaron este lunes 02 de diciembre la Coordinadora Salvadoreña de Movimientos Populares, espacio de articulación nacional que busca, entre otros, impulsar acciones para exigir mejoras en las condiciones de vida de la población y contra el neoliberalismo.

La creación de la Coordinadora fue uno de los principales acuerdos del segundo congreso de movimientos sociales, realizado en el mes de octubre.

Según explicaron, esta iniciativa busca crear una agenda común con los diversos temas que afectan a la población y para defender derechos humanos fundamentales. “Es necesario ir superando la dispersión en la que se encuentra el movimiento social”, dijo Leonel Herrera, en representación de los medios comunitarios.

Además, desde la Coordinadora se señaló que El Salvador debería sumarse a las acciones de rechazo a medidas económicas de “corte neoliberal” que en países de Suramérica se están realizando. Entre éstos Chile, Ecuador y Colombia. “Los pueblos de América Latina están revelándose contra el neoliberalismo, lo confirman las multitudinarias protestas de los últimos dos meses”, dice la proclama.

Tatiana Oliva, representante del movimiento estudiantil, habló sobre otras de las demandas planteadas desde la coordinadora. «Estamos comprometidos/as con la lucha por el derecho al agua, por la soberanía alimentaria y contra el neoliberalismo, por eso creemos en esta coordinadora», afirmó.

En lo inmediato la Coordinadora Salvadoreña de Movimientos Populares exige “un presupuesto estatal para el año 2020 transparente, acorde a las necesidades del país y financiado sin más endeudamiento público”.

Este espacio de articulación nacional está formado por organizaciones ambientalistas, feministas, juveniles, de derechos humanos, pueblos indígenas, estudiantiles, campesinos, laborales, religiosos, diversidad sexual, de memoria histórica y de medios comunitarios.

AOC tiene razón sobre Kamala Harris. Pero los estadounidenses no pueden resolver este problema. Carli Pierson. 8 de junio de 2021

El excepcionalismo estadounidense estuvo en plena exhibición ayer en Guatemala. Cuando la vicepresidenta Kamala Harris subió al podio en una conferencia de prensa después de reunirse con el presidente guatemalteco Alejandro Giammattei, casi se podía escuchar Pomp and Circumstance de Sir Edward Elgar sonando de fondo. Su mensaje directo y siniestro para aquellos que están considerando hacer el peligroso viaje hacia el norte se sintió como una versión diluida del trumpismo cuando proclamó : “Quiero ser clara para la gente de esta región que está pensando en hacer ese peligroso viaje a los Estados Unidos. Frontera de México: No vengas. No vengas».

Harris ha sido ordenada con la tarea de Sísifo de mejorar las “causas fundamentales de la migración” de América Central, y es una tarea en la que inevitablemente fracasará, aunque no sea por su culpa.

Independientemente de si le dieron puntos de conversación o improvisaron en el escenario, sus declaraciones de ayer no estaban sincronizadas con la inmigración federal de EE. UU., el derecho de asilo y refugiados, el derecho consuetudinario internacional, el derecho internacional de los derechos humanos y la Convención de Refugiados de 1951 y su Protocolo de 1967, que incluye a los EE. UU. como signatario.

Esta lamentable posición también contrasta con las mismas palabras inscritas en la Estatua de la Libertad.

La congresista Alexandria Ocasio-Cortez (D-NY) reaccionó a las declaraciones del vicepresidente en un tweet que decía: “Es decepcionante ver esto. Primero, buscar asilo en cualquier frontera de los Estados Unidos es un método de llegada 100% legal. En segundo lugar, Estados Unidos pasó décadas contribuyendo al cambio de régimen y la desestabilización en América Latina. No podemos evitar incendiar la casa de alguien y luego culparlos por huir».

AOC tiene toda la razón: programas como la risible iniciativa de plantación de árboles del presidente mexicano o la emisión de visas H-2 para trabajadores temporales por parte de los Estados Unidos dan vueltas alrededor del problema real y solo pueden crear más. Como dijo la fundadora y directora ejecutiva del Centro de los Derechos del Migrante, Rachel Micah-Jones, en un artículo de opinión la semana pasada : “Los niños y las familias apiñados en puentes internacionales en la frontera, esperando en largas filas después de viajes peligrosos, necesitan seguridad y permanencia que el asilo puede proporcionar, no visas de trabajo temporales«.

Y cuando Harris declaró que aquellos que vienen serán «devueltos», rompió un pilar del derecho internacional de los refugiados, el principio de no devolución (lo que significa que un país no puede devolver a los refugiados y solicitantes de asilo que se encuentran en riesgo en sus países de origen). Este concepto fundamental se ha vuelto tan aceptado internacionalmente, que ahora es lo que los expertos llaman “derecho consuetudinario”, es decir, es la ley tanto si un país decide integrarlo en su sistema legal como si no.

La abogada de derechos civiles e inmigración con sede en Chicago, Christina Abraham, explicó: “Ella [Harris] está determinando a priori que se negará a todas las personas que buscan asilo y estatus de refugiado. Allí mismo sabes que el proceso no será justo; ella está diciendo que el gobierno no está interesado en aplicar la ley tal como está… Esto muestra un total desprecio por la difícil situación de las personas fuera de los EE. UU., especialmente los centroamericanos, y una completa ignorancia de cómo las decisiones políticas de EE. UU. pueden crear una tormenta perfecta para las personas que necesitan huir de esos países».

Estados Unidos tiene una responsabilidad significativa por la actual crisis de derechos humanos en los países centroamericanos, incluida Guatemala. Como se documenta en los archivos del Departamento de Estado, en la década de 1950 la CIA intervino para destituir al presidente electo democráticamente del país, Jacobo Arbenz, porque lo veían como parte de un bloque creciente de naciones que simpatizaban con el comunismo en la región. Esa intervención militar encubierta desencadenó una serie de eventos que se desarrollarían durante casi 100 años en forma de abusos a los derechos humanos, opresión, pobreza y migración.

Por ejemplo, según la Oficina de Washington para América Latina, una de las pandillas callejeras más peligrosas del mundo, la MS-13, que tiene al menos 60,000 miembros en América Central, se estableció en la década de 1980 en Los Ángeles. Los migrantes centroamericanos que habían huido de las guerras civiles mortales que se desarrollaron después de varias operaciones militares de Estados Unidos en la región fueron deportados de regreso a Guatemala, El Salvador, Honduras y Nicaragua, solo para traerles la importación muy estadounidense de la cultura de las pandillas al estilo estadounidense. Ahora, los migrantes que buscan venir a los Estados Unidos en gran parte no son miembros de la MS-13; más bien, están huyendo de este problema creado por Estados Unidos.

“Esta es una conversación falsa sobre la inmigración que seguimos teniendo y culpa a los propios migrantes de los factores detrás de la migración”, continuó la abogada Christina Abraham. “La gente no deja todo atrás porque es frívola. La gente se va porque siente que tiene que hacerlo, porque tienen gobiernos que no los protegen. Mientras tanto, las empresas estadounidenses se benefician de la mano de obra inmigrante indocumentada: personas mal pagadas, con exceso de trabajo y sus derechos negados sistemáticamente… En lugar de abordar estos problemas, muestra que esta administración no tiene la intención de hacer las cosas de manera diferente. Si bien se puede resolver, nadie tiene ningún interés político en resolver estos problemas».

En el libro canónico “Las venas abiertas de América Latina”, el difunto autor Eduardo Galeano escribe sobre una inquietante declaración hecha por un canciller guatemalteco hace más de un siglo, quien dijo: “Sería extraño que el remedio viniera de los Estados Unidos Estados, el mismo lugar que nos trae la enfermedad”.

Los intentos fingidos de Estados Unidos de remediar la corrupción, los abusos de los derechos humanos, la pobreza y la crisis climática que ha contribuido a crear son ridículos en el mejor de los casos y peligrosos en el peor. Difícilmente podemos organizar otra intervención en un lío que hicimos y pedir que se respeten nuestros deseos, y mucho menos se elogien. Si no vamos a abrir nuestras puertas a aquellos que huyen de las consecuencias de los errores de nuestra nación, entonces quizás sea el momento de retirar a Lady Liberty, después de todo.

El miedo que debe tener AMLO a ser traicionado por el Partido Verde; que ruegue no sea así. Enrique Pérez Quintana. 8 de junio de 2021

Las elecciones se asemejan a las encuestas, se dice que son una “fotografía instantánea” sobre el momento en que se aplica el cuestionario, y por ello se interpreta que representan el estado de ánimo especifico de ese momento del votante o encuestado. Ambos instrumentos son también una ventana que permite inferir lo que podría suceder en el futuro.

Los resultados electorales del pasado 6 de junio en México están modificando el mapa político nacional, cuando los ciudadanos determinan con su voto quién deberá gobernar su entidad, municipio o alcaldía y quién será su representante en el Poder Legislativo local, estatal o federal. Las elecciones intermedias son la redistribución de fuerzas políticas con las que vivirá el país en los siguientes tres años.

Por obvias razones la expectativa mayor radicó en los resultados electorales que podría alcanzar el partido en el poder, Morena, por ser el que fundó y llevó al poder a Andrés Manuel López Obrador. El saldo le favorece al ganar en once de las quince gubernaturas que se disputaron. Lo que indica que avanzó en entidades donde no era mayoría.

En el nivel federal, donde se disputaron 300 diputaciones, los resultados son relativamente favorables porque Morena se mantiene como el partido con el mayor número de legisladores, lo que le permitirá contar en la próxima legislatura con entre 190 y 203 diputados, una vez que le sean asignados los de representación proporcional. Lo que indica que por sí mismo no dominará la Cámara de Diputados y necesitará del apoyo de sus aliados el Partido del Trabajo y el Partido Verde Ecologista de México.

Los resultados electorales para Morena y en particular para el presidente López Obrador, son importantes para avanzar en su proyecto de transformación, pero destacan los que indican una redistribución de fuerzas al interior del Poder Legislativo que, en su próxima integración, deberá de actuar con eficacia en las negociaciones que tendrá que emprender con sus adversarios políticos.

Las negociaciones el interior del Poder Legislativo serán clave para el avance del país. Morena deberá pasar de la imposición mayoritaria que practicó en la primera mitad del sexenio, a la negociación en la que tendrá que ceder a las demandas de la oposición.

En política la negociación es fundamental para alcanzar o mantener el poder, y en el escenario de los siguientes tres años, es previsible que Morena y el presidente tendrán que ceder, empezando con sus “aliados” el Partido del Trabajo y el Partido Verde Ecologista de México.

Los dos “compañeros de ruta” de Morena se caracterizan por su pragmatismo, lo que les permite, como camaleón, cambiar de color y todavía más, cambiar de lealtad, dependiendo de los beneficios políticos que obtengan al cambiar de piel.

En el escenario que se presentará en los siguientes tres años el Partido Verde se encontrará ante la oportunidad de operar como fiel de la balanza legislativa, cuando las votaciones requieran de una mayoría calificada, que ni Morena ni la alianza del PAN, PRI y PRD, alcanzan por sí mismos, lo que implica para el Partido Verde la ocasión propicia para “vender caro su amor”, como lo ha hecho en las alianzas que, sin recato alguno, ha establecido con el PAN, de Vicente Fox, el PRI de Roberto Madrazo, Enrique Peña Nieto y José Antonio Meade.

El Partido Verde también estableció alianza con el PRD, en 2012 obtuvo la gubernatura del estado de Chiapas apoyado por el Panal de Elba Esther Gordillo y el PRI.

Ante el cambio en el poder en 2018, con el triunfo de López Obrador, en 2019 se integró a la alianza “Juntos Haremos Historia”, con Morena y el Partido del Trabajo y con esta agrupación participó en las elecciones de Baja California, Puebla y Quintana Roo.

Los resultados electorales indican que en la Cámara de Diputados federal, el Partido Verde podría tener entre 40 y 48 legisladores, suficientes para “negociar” posiciones al interior de la legislatura y hasta alguna posición destacada en la posible entrada y salida de colaboradores cercanos al presidente López Obrador, que ya dio muestras de ser el “campeón” del pragmatismo, al establecer alianzas hasta con el diablo, con tal de llegar al poder, lo que tendrá que repetir para mantenerlo.

En los próximos tres años las negociaciones podrían subir de valor para el presidente López Obrador que, posiblemente como cristiano que se dice, deberá rezar para que el Partido Verde no lo traicione al aceptar alguna “propuesta difícil de rehusar” de alguno de sus antiguos aliados del PAN, PRI y PRD.

Sin el Partido Verde a su lado en la Cámara de Diputados, Morena y el PT solo tendrán 244 legisladores que no serán suficientes para avanzar en su agenda legislativa y política para “consolidar” la 4T.

Por el momento el presidente López Obrador dice que se siente Feliz, Feliz, Feliz con los resultados electorales que le indican que avanza en el país. Pero su satisfacción podría desvanecerse frente al “pragmatismo” de su socio verde que ya ha demostrado que para él el rumbo que tome el país es lo de menos, siempre y cuando le toque una tajada de poder. Más le vale a AMLO tenerlos contentos.

Encontro de Partidos e Organizações de Esquerda da América Latina e Caribe. Declaración de São Paulo. 4 de julio de 1990

Convocados por el Partido de los Trabajadores (PT) nos hemos reunido en São Paulo, Brasil, representantes de 48 organizaciones, partidos y frentes de izquierda de América Latina y el Caribe. Inédito por su amplitud y por la participación de las más diversas corrientes ideológicas de la izquierda, el encuentro reafirmó, en la práctica, la disposición de las fuerzas de izquierda, socialistas y antiimperialistas del sub continente a compartir análisis y balances de sus experiencias y de la situación mundial. Abrimos así nuevos espacios para responder a los grandes retos que se plantean hoy a nuestros pueblos y a nuestros ideales de izquierda, socialistas, democráticos, populares y antiimperialistas. En el transcurso de un debate intenso, verdaderamente franco, plural y democrático, hemos tratado algunos de los grandes problemas que se nos presentan. Analizamos la situación del sistema capitalista mundial y la ofensiva imperialista, cubierta de un discurso neoliberal, lanzada contra nuestros países y nuestros pueblos. Evaluamos la crisis de Europa Oriental y del modelo de transición al socialismo allí impuesto. Pasamos revisión de las estrategias revolucionarias de la izquierda de esta parte del planeta, y de los retos que el cuadro internacional le plantea. Seguiremos adelante con estos y otros esfuerzos unitarios. Este Encuentro es un primer paso de identificación y aproximación a los problemas. Desarrollaremos un nuevo Encuentro en México, donde continuaremos sumando inteligencias y voluntades al análisis permanente que hemos iniciado, profundizaremos el debate y buscaremos avanzar propuestas de unidad de acción consensuales en la lucha antiimperialista y popular. Promoveremos también intercambios especializados en torno a los problemas económicos, políticos, sociales y culturales que se enfrenta la izquierda continental. Hemos constatado que todas las organizaciones de la izquierda concebimos que la sociedad justa, libre y soberana y el socialismo solo pueden surgir y sustentarse en la voluntad de los pueblos, entroncados con sus raíces históricas. Manifestamos, por ello, nuestra voluntad común de renovar el pensamiento de izquierda y el socialismo, de reafirmar su carácter emancipador, corregir concepciones erróneas, superar toda expresión de burocratismo y toda ausencia de una verdadera democracia social y de masas. Para nosotros, la sociedad libre, soberana y justa a la que aspiramos y el socialismo no puede ser sino la más auténtica de las democracias y la más profunda de las justicias para los pueblos. Rechazamos por eso mismo toda pretensión de aprovechar la crisis de Europa Oriental para alentar la restauración capitalista, anular los logros y derechos sociales o alentar ilusiones en las inexistentes bondades del liberalismo y el capitalismo. Sabemos, por la experiencia histórica del sometimiento a los regímenes capitalistas y al imperialismo, que las imperiosas carencias y los más graves problemas de nuestros pueblos tienen su raíz en ese sistema y que no encontraron solución en el, ni en los sistemas de democracias restringidas, tuteladas y hasta militarizadas que impone en muchos de nuestros países. La salida que nuestros pueblos anhelan no puede ser ajena a profundas transformaciones impulsadas por las masas. Las organizaciones políticas reunidas en São Paulo hemos encontrado un grande aliento para reafirmar nuestras concepciones y objetivos socialistas, antiimperialistas Encontro de Partidos e Organizações de Esquerda da América Latina e Caribe 2y populares en el surgimiento y desarrollo de vastas fuerzas sociales, democráticas y populares en el Continente que se enfrentan a las alternativas del imperialismo y el capitalismo neoliberal, y a su secuela de sufrimiento, miseria, atraso y opresión antidemocrática. Esta realidad confirma a la izquierda y al socialismo como alternativas necesarias y emergentes. El análisis de las políticas proimperialistas, neoliberales aplicadas por la mayoría de los gobiernos latinoamericanos sus trágicos resultados, y la revisión de la reciente propuesta de «integración americana» formulada por el presidente Bush para encauzar las relaciones de dominación de los EE.UU. con Latinoamérica y Caribe, nos reafirman en la convicción de que a nada positivo llegamos por ese camino. La reciente propuesta del presidente norteamericano es una receta ya conocida, pero endulzada para hacerla más engañosa. Implica liquidar el patrimonio nacional a través de la privatización de empresas públicas estratégicas y rentables a cambio de un irrisorio fondo al que los EE.UU. aportarían US$ 100 millones de dólares. Busca la aplicación permanente de las nefastas “políticas de ajuste” que han llevado a niveles sin precedente el deterioro de la calidad de vida de los latinoamericanos, a cambio de una minúscula y condicionada reducción en la deuda externa oficial con el gobierno imperial. La oferta de reducir la deuda oficial latinoamericana con el gobierno de los Estados Unidos en apenas US$ 7.000 millones no representa nada para una América Latina cuya deuda externa total se eleva a más de US$ 430.000 millones, si incluimos la deuda con la banca comercial y con los organismos multilaterales. Más aún, los US$ 100 millones de «subsidios» prometidos a los países que apliquen reformas neoliberales no llegan ni al 0,5% de los US$ 25.000 millones que América Latina transfirió al exterior solo en 1989 por concepto de intereses, amortizaciones y remisión de utilidades del capital extranjero. El plan Bush pretende abrir completamente nuestras economías nacionales a la desleal y desigual competencia con el aparato económico imperialista, someternos completamente a su hegemonía y destruir nuestras estructuras productivas integrándonos a una zona de libre comercio, hegemonizada y organizada por los intereses norteamericanos, mientras ellos mantienen una Ley de Comercio Externo profundamente restrictiva. Así pues, estas propuestas son ajenas a los genuinos intereses de desarrollo económico y social de nuestra región y van combinadas con la restricción de nuestras soberanías nacionales y con el recorte y tutelaje de nuestros derechos democráticos. Ellas, en realidad, apuntan a impedir una integración autónoma de nuestra América Latina dirigida a satisfacer sus más vitales necesidades. Conocemos la verdadera cara del Imperio. Es la que se manifiesta en el implacable cerco y la renovada agresión contra Cuba y contra la revolución Sandinista en Nicaragua, en el abierto intervencionismo y sustento al militarismo en El Salvador, en la invasión y ocupación militar norteamericana de Panamá, en los proyectos y pasos ya dados de militarizar zonas andinas de América del Sur tras la coartada de luchar contra el «narcoterrorismo». Por ello, reafirmamos nuestra solidaridad con la revolución socialista de Cuba que defiende firmemente su soberanía y sus logros; con la revolución popular sandinista que resiste los intentos de desmontar sus conquistas y reagrupa sus fuerzas; con las fuerzas democráticas, populares y revolucionarias salvadoreñas que impulsan la desmilitarización y la solución política a la guerra; con el pueblo panameño – invadido y ocupado por el imperialismo norteamericano, cuyo inmediato retiro Encontro de Partidos e Organizações de Esquerda da América Latina e Caribe 3exigimos – y con los pueblos andinos que enfrentan la presión militarista del imperialismo. Pero también definimos aquí, en contraposición con la propuesta de integración bajo dominio imperialista, las bases de un nuevo concepto de unidad e integración continental. Ella pasa por la reafirmación de la soberanía y autodeterminación de América Latina y de nuestras naciones, por la plena recuperación de nuestra identidad cultural e histórica y por el impulso a la solidaridad internacionalista de nuestros pueblos. Ella supone defender el patrimonio latinoamericano, poner fin a la fuga y exportación de capitales del sub continente, encarar conjunta y unitariamente el flagelo de la impagable deuda externa y la adopción de políticas económicas en beneficio de las mayorías, capaces de combatir la situación de miseria en que viven millones de latinoamericanos. Ella exige, finalmente, un compromiso activo con la vigencia de los derechos humanos y con la democracia y la soberanía popular como valores estratégicos, colocando a las fuerzas de izquierda, socialistas y progresistas frente al desafío de renovar constantemente su pensamiento y su acción. En este marco, renovamos hoy nuestros proyectos de izquierda y socialistas, nuestros compromisos son la conquista del pan, la belleza y la alegría, nuestro afán de lograr la soberanía económica y política de nuestros pueblos y la primacía de valores sociales, basados en la solidaridad. Declaramos nuestra plena confianza en nuestros pueblos, que movilizados, organizados y concientes forjarán, conquistarán y defenderán un poder que haga realidad la justicia, la democracia y la libertad verdaderas. Hemos aprendido de los errores cometidos, así como de las victorias. Armados de un innegociable compromiso con la verdad y con la causa de nuestros, pueblos y naciones, nos echamos a andar, seguros de que el espacio que ahora abrimos lo llenaremos junto a las demás agrupaciones de la izquierda latinoamericana y caribeña con nuevos esfuerzos de intercambio y de unidad de acción como cimientos de una América Latina libre, justa y soberana. São Paulo, 4 de julio de 1990.

Discurso de Secretario General Saliente, Medardo González a XXXVII Convención del FMLN. San Salvador, 8 de julio de 2019

Compañeros y compañeras

Ustedes como nueva dirección del partido, el nuevo Consejo Nacional con la nueva Comisión política, el Secretario General Electo, la Secretaria General Adjunta electa, todos los nuevos directivos departamentales y municipales, la inmensa mayoría miembros de esta nueva Convención Nacional.

Todos, todos ustedes son herederos del sujeto político con las más profundas raíces históricas de nuestro país, El Salvador.

Son herederos de aquellas luchas de nuestro pueblo emprendidas hasta las últimas consecuencias, solo quiero recordar algunos:

    Desde los levantamientos insurreccionales de Anastasio Aquino;

    Las batallas independencistas por la unión de la Patria Centroamericana,

    La solidaridad revolucionaria de Farabundo Martí en la lucha antiimperialista de Augusto Cesar Sandino de Nicaragua;

    La insurrección de 1932, liderada por Feliciano Ama y la juventud revolucionaria del recién formado Partido Comunista de El Salvador, del compañero Farabundo Martí, Alfonso Luna y Mario Zapata;

    Las luchas de las organizaciones político militares y las organizaciones populares en los años 70, lanzadas durante toda una década en la profundización de los métodos e instrumentos de lucha en un ambiente de represión e intensa batalla ideológica al interior del movimiento revolucionario;

    Hasta la formación del instrumento de lucha de la unidad revolucionaria aquel 10 de octubre de 1980, con el cual libramos la larga guerra revolucionaria de 12 años, y que dio nombre al actual sujeto e instrumento político que les tocará conducir los próximos 5 años, el Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional.

Y esto que acabo de decir es histórico, no es letanía de cajón. Es recordar nuestra herencia, de donde venimos. Es reafirmar que ha sido el carácter profundamente revolucionario y socialista de la lucha de nuestro pueblo, que se expresó siempre en su orientación hacia la defensa de las necesidades y derechos de las mayorías populares, la que logró poner fin a la dictadura militar más sanguinaria del continente. 
Fue con ese carácter socialista y popular, siempre forjando la capacidad de unidad revolucionaria, que logramos abrir espacio a través de los Acuerdos de Paz, a nuestra democracia y a una lucha eminentemente política, pero no menos compleja.Y fue con ese carácter democrático, revolucionario y socialista que el FMLN logró estabilidad interna y en el 2009, con la candidatura de un ciudadano aliado, Mauricio Funes, por primera vez en la historia, arrebatar a la oligarquía el control sobre el aparato estatal del ejecutivo.

Y fue con ese carácter, con el que habíamos levantado las expectativas del pueblo de mantenernos consecuentes con nuestra historia de lucha revolucionaria, que logramos en el 2014 alcanzar el 50.22% de las mentes y de los corazones de nuestro pueblo, con nuestro camarada y compañero Leonel, Salvador Sánchez Cerén.

Hecho histórico, que alarmó profundamente a la oligarquía y al imperio y que el siguiente día de la victoria redoblaron, diversificaron y sofisticaron su arsenal de ataque: Desde los bloqueos económicos vía sentencias, la judicialización de la política, Hasta, por último dar nacimiento a un nuevo instrumento partidario (nuevas ideas con Bukele a la cabeza) ya que el de ARENA se había o se ha agotado porque ya no logra garantizar la expulsión del FMLN de las esferas de poder del estado. Cabe recordar, sobre todo para nuestros militantes jóvenes, que no vivieron esos años de postguerra hasta el 2009, que mantener esas posturas revolucionarias y socialistas provocó que compañeros y compañeras optaran por retirarse de las filas del FMLN, buscando otras opciones políticas y otros compañeros que se mantuvieron siempre en el FMLN, en posturas diferenciadas y minoritarias, pero adentro, pero siempre consecuentes con una de nuestras armas más importantes de la izquierda salvadoreña, que es la unidad revolucionaria, en minoría pero en unidad, esa es precisamente una gran práctica, una gran lección del porqué este FMLN.
La unidad revolucionaria, que es una de las conquistas más reconocidas de los revolucionarios salvadoreños y que a pesar de momentos trágicos y difíciles en nuestro largo camino, siempre la supimos mantener como una construcción permanente y estratégica y no como un ícono estático que corre peligro de echar mojo.

Es de recordar también que el segundo gobierno del FMLN, si bien fue encabezado y me van a permitir decir lo siguiente, es de recordar también que el segundo gobierno del FMLN, si bien fue encabezado por un representante más identificado con ese carácter revolucionario y socialista en la práctica demostró máxima apertura, inclusión y espíritu de alianza por el representante más identificado con ese carácter revolucionario y socialista, en la práctica demostró máxima apertura, inclusión y espíritu de alianzas. La gran mayoría de quienes se habían apartado del FMLN, y no habían optado por trabajar claramente en las filas de instrumentos políticos del enemigo de clase, asumieron la conducción de la mayoría de instancias del gobierno. Y un amplio espectro de personas progresistas y democráticas, que nunca pertenecieron al FMLN, fueron llamados a asumir altos cargos en el gabinete, incluyendo miembros del partido GANA y de otras corrientes políticas. Por ejemplo:

    En el ministerio de economía, todo el tema de la implementación de la focalización de subsidios, que tanto descontento creó contra nuestro gobierno, estuvo en manos de técnicos que provenían de los gobiernos de ARENA y del partido GANA;

    En la Secretaría Técnica de la Presidencia, los técnicos encargados de la planificación o priorización de tareas estratégicas, hoy se han reciclado en el Gobierno de Bukele, como es el caso del actual Viceministro de Hacienda (Oscar Anaya);

    En el ministerio de Hacienda, que nunca estuvo en manos de un militante del FMLN, el propio ministro actual de Bukele, asumió su cargo en nuestro gobierno cuando comenzó el plan 10 a ejecutarse por el vicepresidente de la República, por Oscar Ortiz.

    En el caso de instituciones autónomas como ANDA, CEPA, CONAMYPE, FISDL, que eran clave para la coordinación con los gobiernos locales, siempre estuvieron en mano de otros no estuvieron en manos de militantes del FMLN, a tal grado, que muchas medidas, a pesar de que en su diseño fueron bien planteadas, ya en su implementación, según mi parecer, concreta no encontraron el carácter, la energía, el fervor revolucionario, que esa mitad del pueblo salvadoreño que nos dio el voto en el 2014, había esperado de nosotros. 


Compañeras y compañeros Se produjo una situación a mi juicio paradójica: porque siendo la figura presidencial la cara más visible del carácter revolucionario y socialista del FMLN, al mismo tiempo la imagen que quedó del gobierno y de ciertas medidas tuvieron (a lo sumo) un carácter progresista. Además, por diversas razones no se logró divulgar aquellos resultados de su gestión que sí tenían carácter revolucionario, como por ejemplo haber reducido la pobreza 10 veces más que los gobiernos de derecha y haber reducido dos veces más la desigualdad entre ricos y pobres, convirtiendo a nuestro país, El Salvador en la actualidad en uno de los países con menos desigualdad en el continente. 
Resultados que para un gobierno de izquierda pueden ser parámetros de orgullo, pero, repito y ustedes lo saben, no los posicionamos. 
El pueblo esperaba que nosotros hiciéramos cambios más profundos, de más fervor revolucionario, y el pueblo no logró percibir, que los cambios reales que logramos, sí tuviesen efectos muy profundos. 
Es decir, pusimos la cara revolucionaria y socialista, pero nos excedimos en paciencia y condescendencia hacia las alianzas que nos arrastraban a un ritmo y estilos tradicionales de gobierno, a lo sumo progresistas, no está escrito aquí pero estoy diciendo esto no para señalar, estoy diciendo esto porque me considero parte de, todos somos parte de, principalmente los dirigentes. 
Además, no movilizamos al pueblo, esto lo dijimos en todas esas evaluaciones en todos los municipios cuando en el 18 perdimos diputados y alcaldías, lo dijimos también hoy después del 3 de febrero empezando por los beneficiarios, de manera visible y perceptible, ni para diseñar los cambios, ni para conquistarlos y tampoco para tomar consciencia sobre los avances y las dificultades, no hicimos parte a la gente de las dificultades para lograr los propósitos, así como la necesidad de organizarse para defender y profundizar lo logrado. Me refiero a nuestras iniciativas políticas o programas insignias como la alfabetización o los paquetes escolares, por una pizca compañeros no logramos declarar a nuestro país en un país libre de analfabetismo, no, le voy a echar la culpa yo al profe, a Leonel, al ministro, somos todos, no hicimos de ese programa un movimiento, no hicimos de ese programa nosotros una movilización y lo dejamos dentro de los marcos de las dinámicas burocráticas del gobierno, que hizo perdón, ahorita se me ocurre decirle pero es que es cierto, cuando veo a Pedro, ¿qué hizo el presidente Chávez en Venezuela, sabiendo que el Estado no estaba preparado para acelerar las cosas como la Revolución Bolivariana lo necesitaba?, pues creo un mecanismo, un by pass, creo mecanismos como las misiones, creo las misiones, nosotros compañeros lo digo, lo digo con autocrítica y con respeto a ustedes y a todos.

Similar con el tema de la corrupción: no logramos romper estructuras y mecanismos de funcionamiento de corruptela, incrustados desde décadas, que habían formado la idea generalizada que en todos los gobiernos hay corrupción.

Igual con los niveles salariales que técnicos y especialistas ajenos a nuestro partido e invitados aliados esperaban de una función pública, y no vimos como prioridad la necesidad de diferenciarnos públicamente con nuestros funcionarios miembros del partido político, no le pusimos atención y pagamos un precio por eso.

Son temas de abordaje que para un próximo gobierno y lo digo, que seguro un día volveremos a asumir porque el pueblo así lo querrá, debemos haber resuelto con anterioridad este tipo de asuntos.

Tildar al gobierno del FMLN como el más corrupto de la historia, es fundamental para el enemigo, para todos ellos y debemos encontrar una respuesta efectiva para abrirle los ojos al pueblo, hasta hoy cegado, a mi juicio.

Como partido debemos autocriticarnos que no nos dimos la estructuración orgánica, ya hablando del partido, necesaria para la tarea adicional, que era la conducción estratégica y operativa de un aparato estatal que había sido construido por y para la oligarquía. Nuestro partido seguía con la misma estructuración orgánica, seguimos, no seguía, eminentemente territorial, como la tuvimos en tiempos de oposición, ese es mi punto de vista pero pueden por supuesto discutirlo, esta debilidad la identificamos en nuestro primer Congreso como FMLN a los 35 años de nuestra existencia y a seis años de la primera experiencia en el gobierno, señalamos rutas en ese Congreso pero no con la suficiente profundidad que hubiese permitido incrementar medidas en lo inmediato.

En conclusión:

Las 2 victorias presidenciales y la derrota del 3F nos deja la lección que el pueblo salvadoreño quiere un partido que no solo se proponga cambios profundos y de impacto para las grandes mayorías populares, sino que movilice al pueblo para conquistar, implementar y defenderlos y que sepa comunicarlos.

Alrededor de esa tarea histórica debemos mantener y cultivar nuestra unidad, que yo llamo “unidad revolucionaria” porque es instrumento fundamental para realizar la tarea.

Estoy seguro que así como Oscar, Oscar Ortiz, fue llamado a ser el máximo acompañante y lo digo muy respetuosamente y en serio (activo y no de adorno) porque el primer vicepresidente de la República que no fue maceta, que fue vicepresidente de verdad está aquí con nosotros y se llama Oscar Ortiz, por ser Oscar y por ser FMLN, por ser Oscar y por ser Salvador Sánchez Cerén que teniendo un estilo, teniendo métodos propios que le podríamos enseñar al Estado para que funcione mejor y no la creación de esos órganos que no sirven para nada y que pueden ser andados. No, el vicepresidente de la República o la vicepresidenta de la República, o como sea, tiene que jugar un papel como lo jugó Oscar, entonces lo digo que estoy seguro que así como Oscar fue llamado a ser el máximo representante a bordo del Gobierno de Leonel, y supo abonar la unidad estratégica en nuestro gobierno, también hoy lo hará ciñéndose, este es mi punto de vista, al funcionamiento colectivo del partido, proponiendo medidas, que vayan encaminadas a volver más contundente nuestra ruta como partido democrático, revolucionario y socialista y no convertirnos en una masa amorfa de afiliados, experiencia que ya los veteranos, los Acuerdos de Paz hemos vivido de que el FMLN tuvo en sus primeros años de postguerra, cuando teníamos más de 100 mil afiliados.

Esta debilidad la identificamos en nuestro primer congreso como FMLN, a los 35 años de nuestra existencia y a 6 años de la primera experiencia en el Gobierno. Señalamos rutas, pero no con la suficiente profundidad que hubiese permitido implementar medidas en lo inmediato.

Las otras tareas que debemos encaminar son:

Las futuras victorias del FMLN en el imaginario del militante y del pueblo no deben ser percibidas solo por el hecho de obtener más diputaciones, alcaldías o concejales, digo: sólo por el hecho. Las victorias deben ser concebidas por las mayorías populares, como sus conquistas que podrán ser defendidas o profundizadas, gracias al accionar del FMLN a la par de ellos, del pueblo. Si así lo logramos, tendremos como consecuencia resultados electorales positivos.

Lo que estoy diciendo es que una estrategia fundamentalmente electoral no es el camino, a mi juicio hay que hacer una combinación adecuada, correcta.

Eso implica elevar nuestra capacidad de informar debidamente al pueblo.

Eso implica saber adecuar nuestros métodos de organización y mecanismos de relacionarnos con el pueblo, sus problemas y sus expresiones de organización popular.

Eso implica transformar nuestro sistema de educación política ideológica para pasar de un esquema eminente escolar a uno de formación y entrenamiento para la lucha: convertir la formación política e ideológica en requisito imprescindible y obligatorio para todo militante que pretende asumir candidaturas de elección popular como también para aquellos que asuman papeles de funcionarios de Estado o quieran ser dirigentes a todo nivel del partido; educación para métodos de lucha y de comunicación efectiva con el pueblo y para analizar adecuadamente los momentos de coyuntura que cada vez se vuelven más complejos.

Caracterización del momento y del enemigo.

Y para terminar, todo esto nos debe servir para ubicarnos correctamente ante el enemigo y sus instrumentos.

El actual gobierno con Bukele a la cabeza y su llamado partido político Nuevas Ideas son un instrumento que la oligarquía y el imperio han encontrado para concluir sus anhelos de dominación.

Que son: concluir las reformas neoliberales necesarias para adueñarse de los últimos bienes públicos que con los 10 años de gobierno de izquierda se habían podido detener y salvar.

Ubicar al actual gobierno correctamente como instrumento del enemigo fundamental, será clave para no dejarnos confundir.

Nuestro reto consistirá en no contentarnos en registrar frases o enunciados que emanen de la gran producción y presencia mediática del presidente actual (Bukele) y de sus emisarios ministeriales, sino detectar a tiempo lo que se está fraguando, posiblemente en la sombra del gran ruido mediático omnipresente y saber alertar de manera efectiva y sustentada, con información de calidad, al pueblo.

Por ejemplo: mientras en campaña Bukele hablaba del combate a la evasión y la corrupción, acuérdense ustedes, una de sus primeras acciones en el gobierno fue reinstalar en las aduanas al mismo titular que había administrado esos mecanismos justo antes de que llegara la izquierda al gobierno, es decir un funcionario del gobierno de Saca.

Ahora bien, acciones que obviamente beneficiarán a las mayorías populares, no importa qué intenciones políticas pueda haber detrás, jamás nos opondremos, siempre siendo acuciosos en el análisis de lo que se apruebe realmente sea lo que se ejecute.

Lo que desde el mero inicio jamás debemos dejar pasar son todas estas señales de autoritarismo, repito, no debemos dejar pasar, algunos lo llaman de carácter dictatorial gubernamental, otros hasta detectan primeros brotes de fascismo, que ya estamos observando y me disculpan salirme un poco pero me estaban comentando que el grupo de compañeras y compañeros admirables que van a montar la Tribuna Legislativa el viernes, es te viernes fueron acosados y agredido por matones mandados por Nuevas Ideas, fueron acosados y fueron agredidos, no golpeados, sino agredidos; son expresiones a las que nosotros no podemos dejar de señalar y dejar pasar. El fascismo siempre andaba de la mano de medidas populistas para contentar y arrastrar a las masas, para poder fraguar en su sombra las acciones estratégicas y hasta criminales, hay que decirlo.

Callarnos bajo el argumento de que “hay que dar tiempo, esperemos…” fueron errores que en otros momentos históricos otros movimientos de izquierda cometieron y lo pagaron muy caro.

En conclusión: este es un momento crucial, de grandes lecciones que nosotros aprendimos y de una victoria temporal para los enemigos de un sistema que favorezca a las mayorías populares.

Que esas mayorías vuelvan a depositar su confianza en nosotros dependerá de si en nuestro accionar reconocerán que del jalón de oreja electoral que nos han dado, que nos pegaron algo hemos aprendimos.

Termino diciendo, compañero Oscar: con estas palabras de cierre te entrego el timón de este barco. Que no es a mi juicio un velero que se maneja por una sola persona, sino un verdadero barco, que sin la mano de cientos y de miles de marineros no puede caminar.

Que viva el FMLN con su gloriosa historia de lucha. Que viva el pueblo salvadoreño en lucha. Que viva la revolución salvadoreña.

Gracias compañeros y compañeras

Criptocomunismo o ¿la ideología bitcoin? Javier Occhiuzzi. 2021

Publicado en el año 2020, el filósofo francés Mark Alizart nos presenta un trabajo donde analiza el origen y desarrollo de la más famosa de las criptomonedas, el bitcoin, con el fin de explicar y justificar por qué en el software libre blockchain se encontraría la clave para cumplir el objetivo político de Marx: destruir el Estado y crear una sociedad comunista, pero fundada en la criptografía y no en la lucha de clases.

Mark Alizart es un filósofo francés contemporáneo que desde hace aproximadamente una década viene publicando obras en las que discute temáticas contemporáneas desde su particular óptica filosófica: entre sus trabajos destacados está Teología Pop (2015), donde afirma que la sociedad del entretenimiento, el ocio y el consumo debe su forma a la religión, y más específicamente a la ética protestante que Max Weber y su interpretación del capitalismo; en Golpe de estado climático (2020) denuncia la voluntad política de que el clima esté en crisis debido a que vivimos en un golpe “carbofascista” contra la humanidad y la única salida es pensar las condiciones de una revolución en favor de un verdadero “ecosocialismo”. Finalmente llegamos a su último trabajo que vamos a analizar en este artículo Criptocomunismo, un libro donde abundan las tesis, afirmaciones y criticas al marxismo de toda forma y color (sin mucho fundamento) pensando en la tecnología blockchain como herramienta emancipadora y salvadora de la humanidad frente a las crisis económicas (pasadas y venideras).

Apropiación colectiva de los medios de producción monetaria

Corría el año 2008 cuando en los Estados Unidos de Norteamérica estalló la “burbuja inmobiliaria”, o la crisis más importante de la historia contemporánea del capitalismo; el gobierno norteamericano, para evitar la caída y posterior crack financiero de su país, decide socializar las pérdidas de la banca privada absorbiendo sus deudas con fondos públicos y generando una situación de crisis económica y social en la población trabajadora que se tradujo en la expropiación (lisa y llana) de ahorros particulares y viviendas hipotecadas.

El 1.° de noviembre del 2008 un usuario con el seudónimo de Satoshi Nakamoto subió a la red una publicación titulada: “Bitcoin: un sistema de efectivo electrónico de usuario a usuario”. En dicho texto se sientan las bases de los protocolos de programación que dan por resultado el modelo criptográfico que da nacimiento a la primera criptomoneda: el bitcoin. En respuesta al rescate financiero de la banca privada por parte de la Reserva Federal de los EE. UU., Satoshi propone la creación de una cyber-moneda que sirva de resguardo y protección de los ahorros particulares ante una nueva amenaza de rescate de los bancos privados por parte del gobierno federal usando fondos públicos.

Para Alizart, el “bitcoin fue concebido para proteger el ahorro privado, para salvarlo de la voracidad de los gobiernos, aún en el caso de que se tratara de participar en un esfuerzo colectivo, incluso sobre todo en el caso de que se tratara de ‘socializar’ las perdidas” [1].

Cripto la solución

Según Alizart, en el software libre bitcoin se encuentra la clave para destruir al Estado y lograr una representación individual lo más directa y menos mediada posible. Todo un programa político revolucionario en el código de un software: “Bitcoin es un algoritmo de fe. Al permitir librarse matemáticamente de los ‘terceros de confianza’, bitcoin es una máquina de producir fe y libertad” [2].

En ese sentido Alizart nos plantea que en la filosofía blockchain del bitcoin se encuentran elementos de corte político que permitirían lograr un nuevo tipo de organización social comunitaria nunca antes vista por la humanidad, “una nueva ley, una nueva Iglesia y un nuevo Estado”, pero no de cualquier tipo ni de cualquier forma: esta será una revolución histórica más austera que las “reformas de Lutero” y con una voluntad general más fuerte que la “república de Rousseau”.

Entonces llegamos así a la tesis principal del libro: “el régimen teológico-político que la Cripto finalmente establecerá no es el ‘criptoanarquismo’. Por el contrario, es un régimen conocido precisamente por hacer que las personas reconozcan que viven en comunidades y no como átomos separados” [3]; es a partir de este uso de las criptomonedas que nacerá el “Criptocomunismo”.

La batería de argumentos a favor del universo Cripto van desde la no existencia de mediadores, el refuerzo de los lazos comunitarios, la destrucción organizada del Estado, minando lo que Alizart identifica como el corazón del capitalismo en el monopolio de producir dinero fiduciario (se llama dinero fiduciario al que se basa en la fe o confianza de la comunidad, es decir, se respalda por una promesa de pago por parte del ente emisor). Alizart afirma (sin fundamentación histórica alguna) que la cripto-revolución socialista es posible y además pacífica, ya que a diferencia del modelo social marxista que exige cambios profundos y radicales, “el ambiente de la Cripto pretende ser pragmático. No cree más que en lo que funciona. Y pretende conducir una revolución pacífica, ya que solamente está hecha por ingenieros desprovistos de prejuicios filosóficos” [4].

Según Alizart, el bitcoin va a permitir todo un universo de reformas estructurales de tinte mesiánico y profético que van desde el debilitamiento progresivo del capitalismo internacional, que va a colapsar a partir del momento en que el bitcoin suplante al dólar como unidad de valor mundial [¡¿?!], hasta el fin de la guerras entre Estados, que será posible ya que no van a poder financiar sus conflictos bélicos debido a que al no tener el monopolio de la moneda no van a poder recaudar impuestos.

Qué es un blockchain y cómo funciona

Pero ¿qué es lo novedoso o vanguardista de todo este asunto de la criptografía y el blockchain? Para Mark Alizart la creación del software libre blockchain (cadena de bloques) representa un salto cualitativo, cuantitativo y evolutivo en la historia de la humanidad. Pero vamos por partes.

El blockchain o cadena de bloques es una teoría de encriptamiento que Satoshi Nakamoto subió a la red en el 2008, cuando se minó (programó) el primer bloque de bitcoins de la historia. Según Satoshi, el protocolo de programación del blockchain es la respuesta a una teoría de juegos llamada El problema de los generales Bizantinos en donde la solución que se busca encontrar es cómo manejar información de forma segura y descentralizada. La paradoja es la siguiente: el ejercito invasor amenazada la ciudad y el comandante defensor debe dar la orden de atacar, pero debe ser en simultáneo entre todos sus ejércitos, si no la defensa pierde efectividad. Hay varios generales apostados listos para atacar, pero sus ejércitos están en posiciones separadas e incomunicadas, el único nexo comunicador es el mensajero oficial que debe llevar la orden en forma y tiempo a cada general para que sepan a qué hora exacta atacar; y es aquí donde surgen los problemas: ¿cómo sabemos si llegó el mensaje? ¿Cómo sabemos si el mensaje fue capturado? Y ¿óomo sabemos que el mensaje no fue alterado por un general traidor? La solución que propone Satoshi a este dilema es el protocolo blockchain.

Podemos definir el blockchain como un protocolo de programación para compartir información en internet, un protocolo de interacciones virtuales descentralizadas que permite intercambio de información entre bloques de datos. O sea: es una sintaxis digital (como el “http://”), una forma de organizar la información que circula en la web.

El blockchain funcionaría como un tipo de libro contable online. La base de toda esta información no tiene un servidor central sino que es público. Los registros contables son distribuidos en miles de computadoras, llamadas nodos, conectadas a internet, que se actualizan con cada transacción. La cadena entera puede ser auditada por quien lo desee. Cada transacción es certificada mediante pruebas de trabajo y se encripta (no se pueden hackear), lo que significa que no se puede falsificar ni adulterar; la cadena se verifica constantemente en cada operación. Y funciona con un esquema de dos claves, una pública y una privada. La clave pública autoriza a recibir bitcoins, mientras que la privada autoriza a que uno mueva los propios. En definitiva, el uso de las claves autoriza que las transacciones queden registradas en la cadena de bloques, evidencia de que los bitcoins han pasado de mano y pertenecen a un determinado usuario.

Hablemos también con Satoshi

Como vimos, Alizar sostiene que el bitcoin es mucho más que una simple moneda, sino una manifestación social de valor, ya que según él los bitcoins son una relación social cuyo valor esta determinado por la energía/electricidad necesaria para crearlo: “Bitcoin es energía cautiva (la energía que se necesita para crackear el criptograma)” [5].

En ese sentido Alizart afirma que el bitcoin no puede caer en el fetichismo de las monedas debido a dos razones: la primera consiste en que su valor esta determinado por su costo energético, y por otro lado que no puede ser falsificado. Pero ¿cómo se estructura una cadena de bitcoins? Un bloque minado de toda una cadena, uno solo, contiene 50 bitcoins. Y de la misma manera en que 1 peso esta compuesto de 100 centavos, un bitcoin esta compuesto por 100 millones de satoshis –un satoshi es la unidad mínima de un bitcoin–. Y es acá donde está lo esencial del bitcoin, ya que cada satoshi es un hash o si se quiere: un código alfanumérico compuesto de 35 dígitos 1GZPvex89rBMtrvYfFiqWJBTp7WNU55Cs, y esto es lo infalsificable del criptograma del blockchain. El mismo Satoshi ilustra la cuestión de la siguiente manera:

La criptografía de clave pública depende del hecho de que es difícil factorizar números primos grandes. Todos saben eso. Si las transferencias de bitcoins se asignaron a una clave pública bien formada, y se requirió una firma de clave privada asociada para la futura transferencia, permitiría que las transferencias cifradas de bitcoins fueran completamente seguras.
Para validar una transacción, los nodos toman la clave pública de la firma y la usan para verificar la firma real. Si la firma es válida, habrá que ver luego los hashes de la clave pública para confirmar que coincide con la dirección de bitcoin asignada en la transacción. Actualmente el hash es de 35 caracteres de longitud, alfanumérico 26 (mayúscula) + 26 (minúscula) + 10 (números) = 62 posibles por carácter. Entonces tenemos 541,638,008,296,341,754,635,824,011,376,225,346,986,572,413,939,634,062,667,808,768 combinaciones posibles. Así que creo que no tenemos mucho trabajo por hacer en comparación con ir con fuerza bruta contra la clave privada/pública principal [6].

Cada hash es único e irrepetible dentro del universo Cripto, por lo tanto es ese el parámetro que sugiere Satoshi para determinar el valor de cada hash; no es el costo energético de su acuñación/programación/minado (contar hashes) lo que determina su valor (como sugiere Mark Alizart) sino su valor simbólico; para Satoshi Nakamoto, cada hash es una obra de arte criptográfica en sí misma, y por lo tanto su valor es socialmente determinable; no es inmune al fetiche tal como lo entiende Alizart, no son más que meras fichas intercambiables. El propio Satoshi lo definió así: “Los bitcoins no tienen dividendos o potenciales futuros dividendos, por lo que no son como una acción. Más como un coleccionable o producto” [7].

¿La tecnología logrará el comunismo?

Todas las tesis que plantea Alizart a lo largo del libro se fundamentan en dos críticas (muy superficialmente planteadas) a Marx y su visión económica, donde ataca la visión fetichista del dinero que tendría este, y un cruce mecánico y desprolijo entre el concepto de economía y termodinámica.

Según Alizart, “Marx pasó por alto el papel que juega el dinero en la economía porque pasó por alto el papel que juega la información en la termodinámica” [8]. Esta crítica de Alizart a Marx merece especial atención por dos razones: la primera es que solamente una persona que no leyó El capital (o lo miró muy superficialmente) puede sostener que Marx pasó por alto el papel que juega el dinero en la economía, ya que en todo caso Karl Marx mostró que el dinero es una relación social y no un signo, como sostenían exponentes de la economía política de su época o una “cadena de información”, como parece creer Alizart.

En segundo lugar estaría la cruza mecánica de los conceptos: economía y termodinámica. Alizart considera al bitcoin como algo más que una simple moneda digital de cambio. Él ve una “criptomoneda viviente” que como tal produce no solo un valor de uso sino también relaciones sociales y estructuras políticas nuevas. Algo similar a lo que fueron las primeras máquinas a vapor del siglo XIX, que no solamente daban ganancias increíbles (en comparación con el sistema agrícola-artesanal) sino que literalmente esas máquinas permitieron que surja una clase social nueva que posteriormente se organizó políticamente en un partido y tomó poder por medio de la revolución de 1789, dando nacimiento a una sociedad nueva. El estudio de las leyes de la termodinámica aparecen a la par de las revoluciones industriales del siglo XIX con la llegada de la máquina de vapor; el estudio de las máquinas térmicas fue fundamental para hacer más eficientes los procesos de producción lo que, desde el punto de vista capitalista, significaba una mayor eficiencia y una mayor ganancia. Para Alizart, el bitcoin es un nuevo tipo de máquina a vapor cuya producción se mide no solo por su valor de uso y su valor de cambio, sino además por el valor en sí de la información política y social que puede producir el blockchain. Resumidamente podemos decir: la criptomoneda no solo es una moneda, tampoco es solo una máquina, sino que es una “cripto-moneda viviente” que además funciona como “una máquina de producir fe y libertad”.

Alizart ve en el bitcoin un tecno-fenómeno inédito que por sí solo va a revolucionar el sistema productivo, pero en sus afirmaciones se refleja un optimismo técnico digno de los socialistas-utópicos del siglo XVIII como Saint-Simon. Y por otro lado una “tecno-ingenuidad” escandalosa, ya que sin sonrojarse Alizart afirma que la revolución bitcoin va a ser pacífica porque la impulsan “ingenieros desprovistos de prejuicios filosóficos”, cuando si hay una lección que nos dejó en claro el siglo XX y dos guerras mundiales es que la ciencia de ninguna forma es neutral y absolutamente toda técnica o máquina que fabrica el capitalismo destila ideología. El bitcoin no está exento a eso.

Sin ir muy lejos, el propio Satoshi Nakamoto (2010) expuso públicamente en la red sus intereses políticos y morales cuando se negó a permitir que WikiLeaks use bitcoin como forma de financiamiento, ya que los problemas legales de Julian Assange y su campaña contra los secretos diplomáticos burgueses e imperialistas de EE. UU. podían “destruir la pequeña comunidad beta que todavía está en su infancia” como es bitcoin [9].

Por último, una observación de tipo técnica política: como desarrollamos arriba, el plus sociopolítico del bitcoin Alizart lo ubica en el blockchain como algo en sí mismo (es el blockchain lo que hace posible el criptocomunismo). Pero ¿qué es concretamente un blockchain?: es una sintaxis digital que ordena la información en la web, por lo tanto podemos afirmar que no es un software ni un hardware; pero entonces, sin internet no podría existir el bitcoin, el blockchain y por elevación el criptocomunismo. En sus afirmaciones Alizart demuestra que termina siendo un fetichista del dinero y la información.

A modo de cierre

El manifiesto de Mark Alizart es un conjunto de tesis, afirmaciones y criticas tan abundantes como poco desarrolladas en profundidad; apunta sus armas de la crítica contra el marxismo y el comunismo, pero sus armas son de cotillón, ya que todas sus tesis son engendros conceptuales, violentamente unidos, que dan como resultado definiciones contradictorias que son más provocadoras que teóricamente útiles; lo podemos ver en conceptos como “comunismo de las cosas”, “criptomoneda viviente”, “ingenieros sin ideología”, “máquinas que producen fe y libertad”, “termodinámica de la economía”, etc., etc.

En ese sentido podemos definir al manifiesto de Alizart Criptocomunismo como un intento retórico de querer contrabandear el concepto de comunismo bajo la idea de que una moneda emitida de forma privada (sin control estatal) y con las cadenas de información como garantía (blockchain) bastaría para disolver las cadenas de producción del capital y planificar la economía. Alizart establece una relación mecánica y superficial entre la economía y la criptografía dejando en evidencia el extremo fetichismo de dinero o información que expresa acríticamente por el bitcoin.

Podemos afirmar que su libro es el exponente de un intento de conciliar (sin anestesia ni fundamento) corrientes como el neorreformismo y el postcapitalismo bajo el eufemismo de criptocomunismo con la idea de que se puede “superar” el capitalismo tan solo con la apropiación de los medios de producción monetarios.

Notas:

[1] Alizart, M., Criptocomunismo, Adrogué, Ed. La Cebra, 2020, p. 48.

[2] Ibídem, p. 13.

[3] Ibídem, p. 15.

[4] Ibídem, p. 89.

[5] Íbidem, p. 93.

[6] Champagne, P., El libro de Satoshi, Madrid, Ed. Blockchain, 2014, p. 176.

[7] Alizart, ob. cit., p. 272.

[8] Ibídem, p. 81.

[9] Champagne, P., ob. cit., p. 283.

Fuente: https://www.laizquierdadiario.com/Criptocomunismo-o-la-ideologia-bitcoin

La economía, la política y la última instancia. Jorge Gómez Barata. 8 de junio de 2021

Una vanguardia política no puede incurrir en una contradicción más flagrante que temerle al éxito.  Así ocurrió en los países ex socialistas con el sector privado.

Ante el caos que, sumado a la ruina dejada por la Primera Guerra Mundial, acompañó al auge de la contrarrevolución y al “comunismo de guerra”, un remedio peor que la enfermedad, Lenin percibió la necesidad de una corrección estratégica y, con la mitad del Buró Político en contra, auspició la Nueva Política Económica (NEP).

El plan no era restablecer el capitalismo sino utilizar sus recursos, entre otros, la necesidad de crecer constantemente, el mercado, el dinero, la competencia y la capacidad innovadora para, con criterio socialista, empleando las palancas del poder, entronizar el sector privado haciéndolo operar bajo nuevas reglas. La innovación consistía en servirse de las herramientas del capitalismo en función del socialismo, tal como hacen ahora China y Vietnam.

Aquellas políticas nunca se desplegaron completamente, entre otras cosas, porque Lenin sufrió un atentado, enfermó y luego falleció y sus sucesores y exegetas, no aprendieron a conciliar las dos mitades para formar una “masa crítica”. En 1928, al impulsar el Primer Plan Quinquenal, Stalin renunció definitivamente a la NEP, sin intentar armonizar lo uno con lo otro como quería Lenin.

A lo largo de setenta años de construcción socialista en la Unión Soviética, salvo en las etapas iniciales cuando, con los primeros planes quinquenales y el período de la II Guerra Mundial hubo un despliegue espectacular, la economía estatal del socialismo real nunca, en ninguna parte, respondió a las expectativas. El fracaso no fue de Stalin, Kruzchov o Brezhnev, sino del sistema, más exactamente del modelo económico.

Algo está probado, el socialismo real no colapsó por introducir la gestión privada sino probablemente por abstenerse de hacerlo. China y Vietnam lo comprendieron a tiempo, compartieron el espacio económico con sus emprendedores y ciudadanos de ultramar y con los capitalistas extranjeros, mostrando el inverso del dogmatismo soviético. Los resultados de unos y otros están a la vista. Entre tanto, Cuba deshoja margaritas.

El fondo del asunto puede radicar en la vulgarización del determinismo económico que constituye un error teórico capital del socialismo y que tan temprano como 1890 Engels intentó corregir: “…Según la concepción materialista de la historia, escribió, el factor que en última instancia determina es la producción… Ni Marx ni yo hemos afirmado nunca más que esto. Si alguien lo tergiversa diciendo que el factor económico es el único determinante, convertirá aquella tesis en una frase vacua, abstracta, absurda…”

Las aprensiones de Engels se confirmaron y las tesis marxistas acerca del papel determinante de la economía en la evolución histórica y el desarrollo social en su conjunto, sostén del materialismo histórico, dieron lugar a un determinismo económico a todo trance que condicionó el pensamiento y los programas políticos de los partidos marxistas.

El determinismo económico, un hallazgo científico de Marx, válido para la comprensión de la historia en su conjunto y para accionar sobre grandes períodos de tiempo, no opera solo ni es aplicable a escalas menores que el todo.

Los algoritmos* descubiertos y creados por Marx, sobre la dialéctica entre las relaciones de producción y las fuerzas productivas, la base y la superestructura así con el ser y la conciencia social, funcionales para comprender y modelar a escala de laboratorio el pasado y el futuro de la humanidad, fueron convertidos en recursos de la artesanía política.

El poder es un fenómeno político que permite accionar sobre la economía, en un entramado en el cual ambos fenómenos forman la cúpula de la arquitectura social. Pretender incidir sobre la economía y por medio de ella en el desarrollo social en su conjunto, soslayando la evolución política, cuya tendencia natural es a la democracia, constituye un error que varias veces se ha pagado caro. Obviamente, a la inversa ocurre lo mismo. Es de Perogrullo: el hombre es bípedo porque necesita ambos pies. Allá nos vemos.

La Habana, 06 de junio de 2021

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*Algoritmo, conjunto de regularidades u operaciones cuya repetición constituye un patrón que permite comprender un asunto o encontrar la solución de problemas específicos. Los algoritmos tienen principio y fin, funcionan en secuencias, son abstracciones, modelos o guías para ordenar procesos y sus pasos son siempre finitos.

Lucha social y popular en El Salvador en el trimestre junio, julio y agosto de 2019. Roberto Pineda. 9 de junio de 2021

El enfrentamiento social y popular en el gobierno Bukele 2019-2021

El enfrentamiento político-social en el gobierno Bukele[1] asume diversos rostros y escenarios: el principal es el enfrentamiento entre sectores de la oligarquía y de la burguesía emergente[2]  en sus dimensiones política, económica, social, mediática y cultural. En este enfrentamiento, el gobierno estadounidense de Biden se ha decantado por posicionarse a favor de la restauración oligárquica  y expresa también una de sus principales vertientes.

Pero también se encuentra, en un segundo plano, oculto pero vigente, el enfrentamiento de la burguesía emergente, representada por el gobierno autoritario y populista del presidente Bukele  y las debilitadas pero significativas luchas de las organizaciones populares y sociales, así como del FMLN.

A continuación hacemos una síntesis de este último enfrentamiento, en sus facetas de movimiento social y popular, y cubriendo exclusivamente el primer trimestre del gobierno de Bukele, de junio a agosto de 2019.

El fluir de la lucha social y popular (junio a agosto de 2019)

La debilidad del movimiento social y popular le permite al poder emergente de Nuevas Ideas, ejecutar su proceso de entronización del nuevo régimen político, sin ningún tipo de oposición social y popular sistemática y masiva. Es un momento de cansancio y confusión, la calle esta fría, y el régimen Bukele a dos años de gobierno, todavía goza de un impresionante respaldo popular[3].  

El conflicto principal transcurre en las veredas de las clases dominantes, y a nivel social y popular se resuelve fundamentalmente mediante peticiones  ante las autoridades más que movilizaciones, mediante la vía parlamentaria como forma de lucha principal, no solo en el plano político de los partidos sino también en el plano social de las organizaciones y redes, en un momento de claro adormecimiento de la movilización popular.

No obstante esto, como nos enseña la experiencia histórica, el nivel de conflictividad social aunque con bajo perfil, mantiene su ritmo y puede en determinado momento incrementarse y amenazar la estabilidad del régimen vigente, sin duda alguna. Y el presidente Bukele lo sabe y lo sabemos nosotros.  

A continuación, a partir de medios de prensa, en especial Colatino,  reseñamos las principales acciones de este  movimiento social -que se organiza por lo general en redes o mesas-  las cuales se reflejan en movilizaciones, conferencias de prensa, conmemoraciones, denuncias, conversatorios y peticiones ante el ejecutivo o legislativo. Asimismo registramos algunas acciones del movimiento popular, sindical, estudiantil y cooperativo.

En junio de 2019 se registran 10 acciones: 1 marcha ecológica (5 de junio) , 8 peticiones sobre medio ambiente, contra minería metálica, gestión de riesgo, contra impunidad,  y por los derechos de excombatientes, indígenas, desplazados internos y comunidad LGBTI, y 1 manifiesto  sobre derechos de la niñez.

En julio de 2019 se registran 35 acciones: 1 marcha estudiantil (30 de julio). 3 conmemoraciones: FAR-30, 27 aniversario de las Melidas y 10 aniversario del asesinato del ambientalista Marcelo Rivera. 3 foros: sobre seguridad, despenalización del aborto y migrantes. 10 denuncias: 2 sobre derechos laborales, 2 sobre derechos ambientales, sobre militarización de seguridad pública, bloqueo a Cuba, falta de agua, ley de servicio civil, desplazamientos forzados, y sesgos sexistas en administración de justicia. 17 peticiones ante GOES, CSJ, FGR y AL: 2 sobre derechos humanos, agua, 2 sobre prohibición de plásticos, ley para empleadas domésticas, derechos de comunidad LGBTI, policías, empleados despedidos, indígenas, mujeres, jóvenes, y adultos mayores, adhesión a protocolo sobre tortura, tratado de aguas transfronterizas, ley de reconciliación, antejuicio a Procuradora Caballero, reactivación de programas de INJUVE, y regulación de precios de insumos agrícolas.

En agosto de 2019 se registran 48 acciones: 1 marcha de trabajadores de centros penales para exigir renuncia de Osiris Luna. 1 propuesta: la agenda política, social y económica del movimiento popular y sindical. 1 fundación: nace el Movimiento Patria Ciudadana. 3 foros: sobre elecciones, candidatos para PDDH y desplazamientos forzados. 9 denuncias: dos sobre violencia contra mujeres, tres sobre acuerdo MAG-Bayer, apropiación ilegal de tierras, contra ley de servicio civil, dengue y despidos en Ciudad Mujer.21 peticiones ante GOES, CSJ, FGR y AL: tres exigiendo renuncia de Procuradora Caballero; dos sobre pensiones, dos sobre desaparecidos, tres sobre reanudar programas de INJUVE, legalizar trabajo sexual, matrimonio igualitario, renuncia voluntaria del magisterio, defensores de derechos humanos, migrantes, deuda agraria, excombatientes, elecciones, sobre CICIES, medio ambiente, y ley de reconciliación. 1 estudio sobre niñez migrante. 6 campañas, sobre niñez, gestión de riesgos, tratado transfronterizo, matrimonio igualitario, elecciones UES y defensores de derechos humanos.

Valoraciones

Los dos primeros meses del nuevo gobierno fueron para el movimiento social, hoy en su doble expresión de sociedad civil pro-oligárquica[4] y sociedad civil progresista[5], un periodo caracterizado por el desconcierto y la dispersión en planteamientos y acciones. En el caso del movimiento popular estuvo paralizado.

En agosto de 2019 se da un salto de calidad en el accionar popular al incorporar –desde el movimiento sindical y popular- la presentación el 13 de agosto, ante el nuevo gobierno del presidente Bukele, de un programa, de una plataforma reivindicativa, de una Agenda política, económica y social por parte de FEASIES, CONPHAS, FSS, FEDEAZUCAR y CSTS[6].

Este mismo mes reaparece también en la palestra pública, la principal coalición de movimientos sociales, la Alianza por la Gobernabilidad y la Justicia, ASGOGU, integrada inicialmente por UNES, Las Mélidas, AMR, AMSATI, PRODEPAZ, ARPAS, Oveja Negra, 5+, ACISAM, SITTOJ, APROCSAL, etc., surgida el 17 de agosto de 2015 para enfrentar entonces las maniobras de la oligarquía y defender los programas sociales del gobierno de Sánchez Ceren[7].

Anexo: Listado de Acciones del Movimiento Social y Popular

Junio 2019

Durante la primera quincena de junio de 2019 se perfilaron los rasgos principales del enfrentamiento social que caracterizará a este régimen. Por una parte, se tomaron medidas radicales en términos de supresión de cinco secretarias del Ejecutivo con sus respectivos despidos de trabajadores y por la otra, el movimiento social en sus diversos rostros (ambientalistas[8],  gestión de riesgo[9], contra la impunidad[10], contra la  minería metálica[11], etc.,)  iniciaron sus exigencias ante el nuevo gobierno.  

Este mismo movimiento social también se pronunció durante la segunda semana de junio en su rostro de defensa de derechos de la niñez[12]  excombatientes[13], movimiento indígena[14], desplazados internos[15]  y comunidad LGBTI[16].

Julio 2019

Durante la primera quincena de julio de 2019 el conflicto social siguió profundizándose. El gobierno Bukele hizo un llamado a los jóvenes a abandonar las pandillas[17] mientras el movimiento social se pronunció por sus reivindicaciones, entre estas actividades estuvo la celebración del primer aniversario del Frente Amplio de Resistencia 1932, FAR 32[18];  la exigencia de la Comunidad LGBTI[19] de continuidad de los programas en materia de Diversidad Sexual; el Movimiento de los Trabajadores de la Policía, MTP[20]  pidió a Bukele  anular expedientes de procesos disciplinarios.

Asimismo los empleados despedidos[21] de las cinco secretarias suprimidas presentaron una demanda de inconstitucionalidad ante la Corte Suprema de Justicia; el Movimiento Tacushcalco[22] exigió a las nuevas autoridades no permitir la impunidad en la destrucción de este sitio sagrado; CRIPDES[23] denunció la poca humedad en la estación lluviosa debido a la llegada “del polvo del Sahara”; COSEC[24] exige a gobierno aprobación de una Ley de Desarrollo y Protección Social; CESTA[25] denunció la falta de interés del presidente en el medio ambiente.

También el Movimiento de Solidaridad con Cuba condena bloqueo a la Isla; CONAPEJ[26] exigió debido proceso para nombrar autoridades de INJUVE; la Red de Solidaridad Operación y Misión Milagro[27] exigieron el regreso de la misión médica cubana; CEMUJER[28] exige elección de nuevo titular de PDDH; 42 comunidades del norte de Soyapango denunciaron servicio deficiente de agua; el MOVIAC[29] pidió a la Asamblea Legislativa una ley que prohíba los plásticos de un solo uso;  las MELIDAS[30] presentó proyecto de ley para empleadas domésticas; Pro-Busqueda[31] presenta proyecto de ley en pro de defensores de derechos humanos.

Mientras que Mujeres Transformando[32] espera no hayan retrocesos en derechos laborales; sindicalistas[33] preocupados por rumbo de Ministerio de Trabajo; AGEPYM[34] rechaza proyecto de Ley de Servicio Civil; Juntas de Agua de oriente y occidente del país solicitaron la exoneración del pago del IVA; Comisión de Trabajo en Derechos Humanos pro Memoria Histórica[35] piden adhesión de país a Protocolo contra la Tortura; REDCAT[36] solicita establecer un Tratado de Aguas Transfronterizas; CRISTOSAL[37] acusa a GOES y AL de no reconocer a víctimas de desplazamientos forzados;  las Dignas[38] consideran que sesgos sexistas impide  a las mujeres acceder a la justicia.

Durante la segunda quincena de julio el movimiento popular y social se pronunció por una Ley de Reconciliación[39] que haga justicia a las víctimas; CESTA  asiste a  AL a solicitar la prohibición del plástico; realizan foro[40] sobre políticas públicas de seguridad; sindicato de PDDH[41] solicita ante FGR antejuicio a Procuradora Caballero; ADES[42] conmemora décimo aniversario del asesinato del ambientalista Marcelo Rivera; estudiantes de UES anuncian actividades para conmemorar el 30 de julio; FESPAD[43] denuncia militarización de seguridad pública.

Asimismo la Agrupación Ciudadana para la Despenalización del Aborto[44] realizo un Conversatorios sobre las consecuencias para la mujer a penalización absoluta del aborto; la Red de Casas del Migrante[45] realizó conferencia de prensa sobre situación que atraviesan los migrantes; la Mesa de Juventud de CRIPDES[46] exigieron la reactivación de los programas de INJUVE; CONFRAS[47] presentó ante AL una propuesta de Ley Especial de Regulación de Precios para los Insumos Agrícolas; La Mesa contra la Impunidad en El Salvador[48] solicita a presidente Bukele tome acciones a favor de víctimas del conflicto armado; estudiantes universitarios[49]  conmemoraran el 30 de julio; Melidas celebraron su 27 aniversario de fundación; y estudiantes de la UES marchan el 30 de julio.

AGOSTO 2019

Durante la primera quincena de agosto el movimiento popular y social se pronunció por la Campaña Justicia Climática[50] de El Salvador; la organización World Vision El Salvador presentó un estudio[51] sobre niñez migrante; Mesa Permanente por la Justicia Laboral[52] exigió la renuncia de la Procuradora de Derechos Humanos; Colectiva Feminista[53] denuncia agresiones contra mujeres periodistas; Orquídeas del Mar[54] presenta borrador de ley especial para reconocimiento de Trabajo Sexual;  ORMUSA[55] denuncia hechos de violencia contra mujeres; Mesa por una Pensión Digna[56] exige consulta nacional, CESTA[57] denuncia apropiación ilegal de terrenos en lago de Coatepeque; Entre Amigos[58]  presenta demanda por matrimonio igualitario, ANDES 21 de Junio[59] solicita a diputados superar veto presidencial; Beneficiarios del Programa Misión Milagro[60] exigen reanudación de este programa; jóvenes de Plataforma Global[61] solicitan que fondos de militarización se transformen en programas de empleos;  Plataforma Ciudadana Electoral[62] propone ciudadanización de organismos electorales; movimiento sindical y popular[63] presenta agenda política, social  y económica; AGEPYM realizó concentración por aumento en pensiones en Asamblea Legislativa[64]; ANTA[65], CLOP y Vía Campesina rechazan acuerdo entre Bayer Centroamérica y MAG; impulsan en asamblea legislativa[66] ley para proteger a defensores de derechos humanos; beneficiarios del INJUVE [67]solicitaron en AL continuidad de programa “Jóvenes con todo.”; despedidos[68] solicitan interpelar a Procuradora Caballero; organizaciones de salvadoreños[69] pendientes de resolución sobre TPS; organizan[70] foro sobre próximas elecciones; 

Durante la segunda quincena de agosto el movimiento popular y social realizo las siguientes actividades: CNTS[71] se concentra en AL contra la Ley de Servicio Civil; CESTA[72] denuncia acuerdo entre Bayer y MAG, Somos UES[73] propone reelección de Roger Arias, organizaciones de mujeres[74] denuncian  a ANEP, CONFRAS[75] denuncia acuerdo entre Bayer y MAG, FESPAD[76] realiza conversatorio con candidatos a Procurador de Derechos Humanos, Foro Nacional de Salud[77] se pronuncia sobre dengue, ponen en libertad a Evelyn Hernández[78], FNS[79] presenta Campaña Niñas No Madres, Mujeres[80] impulsan en sus comunidades gestión de riesgos, GOES despide a decenas de empleadas[81] de Ciudad Mujer, Movimiento Social Agropecuario[82] expresa preocupación por Seguridad Alimenticia, Mesa Nacional frente a la Minería Metálica[83] en El Salvador propone tratado transfronterizo, UNES[84] denuncia presencia de arsénico en Barra de Santiago, organizaciones[85] se pronuncian pro matrimonio igualitario,

Asimismo CONFRAS[86] exige a AL definición sobre deuda agraria, SEPRODEHES[87]  exhorto a nombrar nuevo Procurador, desde la diáspora nace en Santiago de María, Movimiento Patria Ciudadana[88], Veteranos y excombatientes[89] protestan y exigen destitución; marchan para exigir[90] renuncia de director de centros penales Osiris Luna; FESPAD[91] lanza campaña pro defensores de derechos humanos; ASGOJU[92] pide al presidente Bukele claridad sobre CICIES; UNES[93] exige de GOES responsabilidad en temas ambientales; organizaciones[94] presentan propuesta de Ley de Reconciliación; CRISTOSAL[95]  realiza conversatorio sobre desplazamiento forzado; Probusqueda[96] exige a GOES mayor compromiso sobre desaparecidos del conflicto armado y exigen[97] al Estado búsqueda de desaparecidos.


[1] Ver Pineda, Roberto. El desafío urgente de la izquierda en El Salvador. https://www.alainet.org/es/articulo/198013

[2] Ver Pineda, Roberto. Clases y alianzas sociales en el gobierno Bukele. https://www.alainet.org/es/articulo/212403

[3] Ver encuestas LPG, UCA, UFG y UTEC. (LPGdatos: 86.5 de aprobación: https://www.laprensagrafica.com/lpgdatos/LPG-Datos–Bukele-con-86.5-de-aprobacion-20210531-0119.html. UCA El Salvador: mayoría aprueba gestión de Nayib Bukele: https://www.dw.com/es/uca-el-salvador-mayor%C3%ADa-aprueba-gesti%C3%B3n-de-nayib-bukele/a-57773641 Encuesta UFG: Gobierno mantiene calificación de 8.7 en sus dos años de presidencia  https://www.contrapunto.com.sv/encuesta-ufg-gobierno-mantiene-calificacion-de-8-7-en-dos-anos-de-gobierno/  y Encuesta UTEC coloca 8.8 de nota a gestión de Bukele: https://voces.org.sv/elsalvador/encuesta-utec-coloca-8-8-de-nota-a-gestion-de-bukele/)

[4] Organizaciones vinculadas a la ANEP y FUSADES o financiadas por la Embajada USA.

[5] Organizaciones vinculadas a la cooperación internacional de la Unión Europea o de agencias privadas.

[6] Ver https://ecumenico.org/agenda-politica-economica-y-social-del-movimiento-sindical-y-popular-por-la-justicia-social-san-salvador-13-de-agosto-de-2019

[7] https://ecumenico.org/organizaciones-sociales-conforman-alianza-por-la-gobernabilidad-y-justicia-colatino-joaquin-salazar-17-de-agosto-de-2015

[8] La Mesa por la Soberanía Alimentaria presentó un pliego de demandas medioambientales al nuevo gobierno que incluye la protección de la producción de alimentos estratégicos. El 5 de junio estas organizaciones realizaron la “Décimo Novena Caminata Ecológica” que llego  las puertas de Casa Presidencial, para entregar carta, en la que le piden al presidente revela su propuesta medioambiental. El lema de la marcha era: “Agua y territorio.” También La Unidad Ecológica Salvadoreña, UNES, calificó a Bukele como la principal amenaza al medio ambiente en ES.

[9] La Mesa Permanente de Gestión de Riesgo, MPGR, hicieron llamado a comprometerse en aplicar la Política Nacional de Protección Civil, Prevención d Riegos y Mitigación de Desastres.

[10] La Mesa contra la Impunidad que representa a organismos de derechos humanos y  colectivos de familiares de víctimas del conflicto armado hicieron llamado a AL a tomar en cuenta su propuesta de anteproyecto de Ley Especial para la Reparación Integral y Acceso a la Justicia paras Víctimas de Graves Violaciones a los Derechos Humanos.  Asimismo La Alianza Social contra la Impunidad y La Justicia, ASCOJU  (Leonel Herrera, ARPAS) hicieron un llamado al nuevo gobierno a implementar una reforma tributaria donde los ricos paguen más.

[11] La Mesa Nacional Frente a la Minería Metálica exigió al nuevo gobierno la urgente implementación de la Ley de Prohibición de la Minería Metálica.

[12] El 19 de junio se publica manifiesto de la Alianza por los Derechos de la Niñez/Adolescencia y Juventud         ( FESPAD, IMU, ORMUSA y Las Mélidas) , titulado Desafíos del Nuevo Gobierno en Materia de Derechos de la Niñez y Adolescencia, en el que realizan cinco recomendaciones. Ver Colatino, 19 de junio de 2019, Pag. 9

[13] El Comité Coordinador de Veteranos Militares de la Fuerza Armada, solicitaron al presidente Bukele el nombramiento del presidente del Instituto de Veteranos.

[14] El Movimiento por la Defensa de Tacushcalco protestó y se declaró en resistencia por la construcción de un complejo habitacional en el Centro Ceremonial de ese lugar, el cual es un lugar indígena sagrado e histórico, así como por el rescate del Río Ceniza. Que recibirá las aguas negras d esa urbanización llamada Acrópolis. 

[15] La Mesa de Sociedad Civil hizo un llamado al gobierno a combatir la crisis del desplazamiento forzado y la migración. Indicaron que 235,700 personas se han visto forzadas a desplazarse, la mayoría jóvenes debido principalmente a amenazas de pandillas.

[16] La Federación Salvadoreña LGBTI hizo un llamado al nuevo gobierno para aplicar justicia a los crímenes basados en el odio a la orientación sexual, identidad y expresión de género. Asimismo la Asociación de Mujeres por la Dignidad y la Vida ( Las Dignas) en el marco del Día Internacional del Orgullo LGBTI dieron a conocer un manifiesto, titulado: ”Lesbianas en resistencia y lucha por la libertad de decidir sobre nuestras vidas, cuerpos y afectos.”

[17] Dejen las pandillas, solo les queda la cárcel o la muerte” fue el mensaje que envió el presidente Bukele.

[18] EL FAR 32 surge de bases del FMLN y de consultas con movimientos populares, su principal dirigente es Luis Calderón. 

[19] William Hernández, de la organización Entre Amigos manifestó que exigen “el respeto a sus derechos y mayores oportunidades para construir una vida digna dentro de un Estado democrático.”  Ver Colatino 1 de julio de 2019, Pag. 6.

[20] Marvin Reyes, secretario general del MTP explicó que estos procesos disciplinarios vienen de 2015 y se originan en una acción de respaldo a miembros del exGRP. Por otra parte,  manifestó su respaldo al Plan de Control Territorial.

[21] Idalia Zuñiga, del Frente Social y Sindical Salvadoreño, FSS, se hizo presente para manifestar su solidaridad con estos empleados despedidos. Asimismo Francisco García, de la Concertación Popular por un País sin Hambre y Seguro, CONPHAS acompañó esta demanda.

[22] Salvador Recinos, de la Mesa por la Sustentabilidad de los Territorios de Sonsonate,  indicó que #desde 2018 se señalaron las anomalía de dicho proyecto urbanístico.” Ver Colatino, del 2 de julio de 2019. Pag. 7

[23] Bernardo Belloso, presidente de CRIPDES, explicó que “el país se ha convertido en un Estado vulnerable, por las sequias, inundaciones y los sismos.”

[24] Roxana Rodríguez, de ASMUJERES, integrante de la Coordinadora Social por la Economía del Cuidado, COSEC, denunció que“se han realizado despidos en el GOES sin ninguna evaluación previa o cumpliendo el debido proceso…y ha afectado a mujeres embarazadas o con licencia de maternidad.” Ver Colatino, 3 de julio de 2019

[25] Ricardo Navarro, presidente del Centro Salvadoreño de Tecnología Apropiada, CESTA denunció que Bukele en sus primeros treinta días “promueve un modelo económico, donde lo privado prevalece sobre lo público. Ver Colatino, 3 de julio de 2019.

[26] Néstor Ventura, consejero del  Consejo Nacional de la Persona Joven, CONAPEJ, indicó que deben de respetarse los procesos legales para el nombramiento de la dirección del Instituto de la Juventud, INJUVE.

[27] La misión médica cubana atendía a pacientes con problemas visuales de manera gratuita, en el Hospital Nacional de San Vicente. Alrededor de 900 personas quedaron pendientes de ser operadas.

[28] El Instituto de Estudios de la Mujer , CEMUJER, junto con la Agrupación Ciudadana para la Despenalización del Aborto, y COMCAVIS Trans, ante la finalización del mandato de la actual Procuradora, Raquel caballero, exigieron al órgano legislativo agilizar este proceso de selección y elección del nuevo titular de la PDDH. 

[29] Lindas Rubio, de CESTA  consideró “necesaria una ley que prohíba el uso del plástico y productos desechables de polietileno.”

[30] Azucena Ortiz, directora del Movimiento de Mujeres Melida Anaya Montes, las MELIDAS, explicó que “es en respuesta  la violación de los derechos laborales que sufren las trabajadoras del hogar.”La propuesta fue acompañada por ONU MUJERES.

[31] José Lazo, de Pro-Búsqueda explicó que piden la aprobación de una Ley de Protección Integral de las Personas Defensoras de Derechos Humanos.

[32] Montserrat Arevalo, de Mujeres Transformando, integrada por trabajadoras de maquila y bordadoras a domicilio, exigieron el respeto a sus derechos humanos y laborales.

[33] Rafael Méndez, secretario de la Coordinadora Sindical Salvadoreña, CSS  expresó que no ven con claridad el rumbo que el ministro Rolando castro le imprimirá al Ministerio de Trabajo.

[34] Mar Montes, presidente de la Asociación General de Empleados Públicos y Municipales, AGEPYM señaló que “esta ley únicamente vendría a invalidar beneficios de los empleados.”

[35] Miguel Montenegro, director de la Comisión de Derechos Humanos No Gubernamental (CDHES), sostuvo que el país “debe desde ya haber firmado su adhesión a este protocolo facultativo.”

[36] Edgardo Mira, de la red Centroamericana por la Defensa de las Aguas Transfronterizas, REDCAT, opinó que “esta acción presentada desde 2015 permitirá la conservación y rescate de las cuencas hidrográficas de  la región.”

[37] Celia Medrano, directora regional de CRISTOSAL opinó que “a un año de haber sido emitida la sentencia de la CSJ continúa sin reconocerse este problema.”

[38] América Romualdo, de la Asociación de Mujeres por la Dignidad y la Vida, Las Dignas, planteó que “en el país no se logra prevenir ni sancionar la violencia contra las mujeres de forma satisfactoria.”

[39] CEJIL, Tutela Legal “María Julia Hernández, Cristosal y Probusqueda se pronunciaron a un año de la sentencia de la CSJ que derogo la Ley de Amnistía.  Exigieron a  la AL una ley que responda  las exigencias de las víctimas.

[40] Diversas organizaciones, incluyendo a Cristosal y la Fundación para el Debido Proceso, realizaron el foro “Políticas Públicas de Seguridad para la garantía de los Derechos Humanos en El Salvador.”

[41] Carlos Solórzano, dirigente de SEPROHEDES informó que se hicieron presentes ante FGR para conocer los avances del antejuicio que se sigue contra Procuradora Raquel caballero,  quien ha sido ya sentenciada por el Tribunal de Ética Gubernamental.

[42] Alirio Hernández, de ADES recordó que “las cosas han cambiado un poco. Hace diez años los espacios para el movimiento social eran criminalizados…”

[43] Saúl Baños, director de FESPAD, denunció que el incremento de la participación del ejército en actividades de seguridad pública constituye una remilitarización de la seguridad y va en contra de la Constitución de la República.”

[44] Keyla Cáceres, de la ACDA, indicó que  la despenalización permitiría que “las adolescentes y niñas puedan decidir en ese momento.”

[45] Leonel Herrera, de ARPAS señaló que “el gobierno USA debería de asumir su responsabilidad ya aportar a una solución integral.”

[46] Leónidas Pérez, de la Mesa de Juventud de CRIPDES solicitó “que se retome la feria de juventudes denominada JUVENTOUR.”

[47] José Ángel Coto presidente de CONFRAS expuso que esto garantizaría  a los productores de granos básicos la estabilidad en los precios de los insumos agropecuarios.

[48] En una carta manifestaron su preocupación por las consecuencias que se derivarían de la supresión de secretarías que impulsaban procesos en beneficio de víctimas. Acompañaron también a la entrega de esta carta el Grupo Gestor para la Aprobación Integral para Víctimas del pasado Conflicto Armado y la Comisión de Trabajo pro Memoria Histórica.

[49] Fabio Aguilar, dirigente de la Asamblea Estudiantil de la UES llamó a participar en marcha de 30 de julio a la vez que opinó sobre la necesidad de “refundar la izquierda en el país.”

[50] Ernesto Beltrán, del colectivo ambientalista ACUA   dijo que “la agroecología es un modelo resiliente, incluyente y participativo para la adaptación de manera natural al cambio climático.”

[51] Laura del Valle, directora de World Vision El Salvador presentó el estudio titulado “Niñez migrante, un viaje sin retorno.”

[52] Ovidio Hernández, de la MPJL exigió que “lo ideal sería que Raquel caballero renunciara y no fuera reelegida para un nuevo periodo porque no ha cumplido su rol como Procuradora.”

[53] Morena Herrera, de la Colectiva Feminista expresó que “es posible con el acceso a la tecnología controlar el origen de las agresiones y amenazas contra algunas periodistas.”

[54] Zuleyma Molina, del Movimiento Orquídeas del Mar indico que “solo queremos que se reconozca el trabajo sexual, para que esto nos permita ser sujetos de derecho dentro de la sociedad.”

[55] Silvia Juárez, de ORMUSA demando del Estado no solo la protección de la vida, integridad física y psicológica sino también  garantías de acceso a pronta y cumplida justicia.

[56] Patricio Pineda, de la MPJ subrayo que sobre las pensiones debemos hacer una consulta nacional porque este es un tema de país.

[57] Ricardo Navarro, presidente del CESTA denuncio la apropiación ilegal de tierras públicas por parte de dueños de fincas aledañas, lo cual obstaculiza la vida de los lugareños que se dedican a la pesca artesanal.

[58] William Hernández, de Entre Amigos informó que la Sala de lo Constitucional admitió una demanda contra el Código de Familia ya que prohíbe el matrimonio civil entre personas del mismo sexo, lo que vulnera la Constitución de la Republica, sostienen.

[59] Israel Montano, secretario general de ANDES 21 de Junio explicó que es necesario superar el veto ´presidencial al decreto legislativo que permitía el retiro y la renuncia voluntaria del sector magisterial.

[60] Francisco Barillas, denunció que cierre de este programa de médicos cubanos en San Vicente, no le permite realizarse una operación para retirar una catarata.

[61] Ricardo salinas, de Plataforma Global critico el Plan de Control Territorial y solicito que estos recurso se utilicen en la creación de empleos para jóvenes.

[62] Ramón Villalta, de la Iniciativa Social por la Democracia, ISD explicó que presentaron un pliego de reformas tanto al Código Electoral como a Ley de Partidos Políticos orientadas a la ciudadanización de los organismos electorales.

[63] El Frente Social y Sindical Salvadoreño, la Concertación por un País sin Hambre y Seguro, la Federación de Asociaciones y Sindicatos Independientes, la Confederación Sindical de Trabajadores Salvadoreños y otras fuerzas populares, presentaron una agenda con propuestas de incremento al salario mínimo, Ley de Agua, nacionalización de la pensiones, respeto a la libertad sindical y combate a la evasión fiscal, entre otras medidas.

[64] Mario Montes, presidente de AGEPYM explicó que el  propósito fue exigir la modificación de la Ley del Sistema de Ahorro para Pensiones (SAP), reformada en 2017, para poder mejorar las condiciones de los jubilados.

[65] Carlos Rodríguez, dirigente de ANTA manifestó que “esta relación supone nuevamente la entrada de Monsanto con productos agroquímicos y transgénicos que dañan los suelos, contamina los ríos, reduce los mantos acuíferos, alteran el ecosistema y ponen en peligro la vida de las personas con enfermedades como cáncer, insuficiencia renal y el dengue, por mutaciones en los zancudos debido al uso desmedido de plaguicidas.”

[66] José Lazo, de Pro-búsqueda  indico que cabildean para que se apruebe propuesta presentada el 6 de septiembre pasado por organismos jurídicos, de memoria histórica ambientales y feministas para proteger a los defensores de derechos humanos.

[67] Andrea Hernández, a nombre de beneficiarios subrayó que “ha beneficiado a muchos en estado de vulnerabilidad; riesgo de violencia entre otros para que puedan educarse y capacitarse para la vida.”

[68] María Elías, a nombre de los desempleados dijo que exigen a  la Procuradora Caballero “que se pronuncie con respecto a las violaciones a nuestros derechos laborales.”

[69] Carlos Ardón, del Instituto de Políticas públicas para los Ángeles PIPIL, dijo que esperaban que la Corte de Pasadena, no se sometiera a la narrativa antiinmigrante de Trump y diera un voto favorable para los salvadoreños beneficiarios del TPS.

[70] Ricardo Córdoba, de FUNDAUNGO y del Asocio para el Monitoreo Electoral indicó que este foro “Tendencias recientes de reforma electoral en Latino América”  permitirá ampliar el horizonte sobre este tema.

[71] Roberto Gómez, de SITRAMHA y de la CNTS, explicó que este anteproyecto “atenta contra derechos laborales ya adquiridos.” Denunciaron que  está siendo financiado por la embajada de Estados Unidos, por medio de ANEP y FUSADES.

[72] Ricardo Navarro, de CESTA denuncio que esta decisión traerá impactos negativos al medio ambiente y a la salud de las personas por el uso de químicos y semillas transgénicos.

[73] Ronaldo Guevara, vocero de Somos UES, explico que la fórmula que llevan está integrada por Roger Arias como rector  lo es desde 2017 y como vicerrectores a Raúl Azcunaga académico y Juan Rosa Quintanilla administrativo

[74] Carmen Urquilla, de la Concertación para un Empleo Digno para las Mujeres , CEDM, explicaron que les preocupa la abstención del GOES y el voto en contra por parte de ANEP para aprobación de Convenio 190 en OIT, que busca erradicar la violencia y el caso en el mundo del trabajo. Luis Cardenal de la ANEP  justifica el voto de esta gremial, en un falso nacionalismo.

[75] José Coto, de la Confederación de federaciones de Cooperativas de la Reforma Agraria Salvadoreña, CONFRAS denuncio que la propuesta de ARENA de abrir nuevamente relaciones con la transnacional Bayer pone en riesgo las cooperativas y productores nacionales, quienes son proveedores de la semilla certificada que se usan para los paquetes agrícolas que distribuye el GOES.

[76] Saúl Baños, de FESPAD explico que la actividad se realizó con el propósito de conocer cuáles eran sus propuestas para fortalecer a la PDDH en su labor en la promoción y protección de derechos humanos.

[77] Margarita Posada, del FNS, lamento en entrevista que las estrategias que dieron buenos resultados para abordar ciertas enfermedades, no estén siendo implementadas por el gobierno entrante.

[78] Morena Herrera, feminista, opino sobre la liberación de Evelyn Hernández que el órgano judicial debería detener la criminalización de las mujeres pobres que sufren embarazos complicados. Hernández es parte de un grupo de 17 mujeres salvadoreñas encarceladas y acusadas de provocarse abortos.

[79] Gloria Cruz, del FNS explico que la campaña pretende generar conciencia acerca de los embarazos impuestos ademas evidenciaría los diversos tipos de violencia que enfrentan las jóvenes y niñas

[80] Morena de León, de la Mesa Permanente de Gestión de Riesgos explico que ante las recientes crisis hídricas, entre sequias e inundaciones, las mujeres desempeñan un papel estratégico en al protección de sus comunidades.

[81] Leily Martínez, trabajadora de Ciudad Mujer exigió que se les explicara la razón de esta decisión, ya que nosotras en ningún momento hemos dejado de laborar.

[82] Oscar Recinos, de MSA y de FECONASAN denuncio el posible acuerdo entre Bayer y MAG y lo califico de nocivo para la seguridad alimentaria de El Salvador.

[83] Rodolfo Calles, de la MNFM denuncio que al ejecutarse los proyectos mineros en la frontera de Guatemala tal cual están diseñados, contaminaran el Rio Lempa, que es el mayor afluente de agua en el país, por lo cual es importante negociar un tratado binacional.

[84] Mauricio Sermeño, presidente de UNES informó que en una investigación realizada por Dina Larios, de la  Universidad de Ohio, se determinó que los humedales de la Barra de Santiago poseen altos niveles de metales pesados como arsénico y cadmio.

[85] Herman Duarte, de Fundación Igualitos, presentaron una demanda ante CSJ para buscar la aprobación del matrimonio civil igualitario.

[86] José Coto, presidente de CONFRAS, acudió a AL para demandar una interpretación auténtica del decreto 348 que trata sobre la cancelación de la deuda agraria y agropecuaria.

[87] Carlos Solórzano, secretario general del Sindicato de Empleados de la PDDH, SEPROHEDES informo que están pendientes del nombramiento de un nuevo Procurador y que esperan que este sea una persona con capacidad y experiencia para dirigir la PDDH.

[88] Alex Nuñez, secretario general expreso en el acto de nacimiento, realizado en Santiago de María que “nació frente al vacío político, al desánimo de importantes sectores de la sociedad frente al fanatismo provocado por ese vacío, nos proclamamos como una opción que buscar generar solida esperanza.”

[89] José Palacios,  explicó que decidieron realizar acciones de protesta porque se está violentando la Ley de Veteranos. Además exigieron la destitución de Marcelo Cruz Cruz de la Comisión nacional Administradora de la Ley de Beneficios y Prestaciones Sociales para Veteranos y Excombatientes.

[90] Eduardo Bernal , vocero de los trabajadores  de las tiendas ubicadas al interior de los recintos carcelarios, denunció la incertidumbre con respecto a su futuro laboral y exigió se les aclare esta situación además de exigir la renuncia del actual director, Osiris Luna.

[91] Loyda Robles, de FESPAD explicó que desarrollan la campaña “Defendiendo Derechos Construimos Paz” por la defensa de los  derechos humanos de las personas defensoras, quienes no cuentan con un  marco jurídico que les garantice el libre ejercicio de abogar por sus demandas, individuales o colectivas.  

[92] Leonel Herrera, de la Alianza por la Gobernabilidad y la Justicia, ASGOJU y de ARPAS, manifestó que se necesita mayor claridad en la creación e implementación de una comisión que investigará posibles casos de corrupción que es conocida como CICIES.

[93] Luis González, de UNES expresó que “necesitamos funcionarios con compromiso, experiencia y voluntad para garantizar derechos en estos  tiempos de crisis, el llamado es a cuidar nuestras amazonías y gestionar nuestras crisis de manera responsable.”

[94] David Ortiz de FESPAD  indicó que esta propuesta persigue “presentar una metodología para construir una ley desde el sentir, la voy y lo que las víctimas y lo fundamental de esta propuesta es que es pública, proponemos una mesa técnica que permita dinamizar el proceso en la que participen organismos internacionales, organizaciones de derechos humanos y víctimas del conflicto y la Asamblea Legislativa.”

[95] Celia Medrano, directora de Cristosal informó que el Conversatorio titulado “Avances y desafíos en materia de desplazamiento forzado” pretende levantar este tema ante la opinión pública.

[96] Eduardo García, director de Probusqueda, denunció que “no hemos sido recibidos, ni siquiera se nos ha recibido la carta y esperamos que el presidente actual tenga la sensibilidad que han mostrado sus predecesores, par air caminando…en cuenta a la justicia, verdad y reparación a las víctimas.”

[97] Claudia Interiano, de la Fundación para la Justicia y el estado Democrático de Derecho exigió junto con otras organizaciones que “exista una colaboración a nivel transnacional, la búsqueda no puede quedarse solamente a nivel nacional, debe ser dentro y fuera de nuestras fronteras.”